L’ennesima scossa di terremoto nella zona, avvenuta notte tra venerdì e sabato a mezzanotte e 4 minuti, cioè 4 ore dopo di quella nell’articolo sotto ci ha indotto ad approfondire il fenomeno.
La scossa si è verificata sempre nello stesso epicentro di quelle precedenti aveva magnitudo 3.3 (cioè di intensità inferiore a quelle precedenti) ed è stata rilevata a 2.900 metri di profondità.
Le scosse stanno susseguendosi un po’ troppo frequentemente per cui abbiamo deciso realizzare un piccolo dossier
I dati che riportiamo di seguito sono tutti ufficiali e provengono tutti dall’istituto nazionale di geofisica.
Lo scopo è quello di capire se effettivamente tutti questi fenomeni di terremoti sotterranei debbano essere considerati come un allarme per un evento sismico di grandi dimensioni o se debbano essere considerati normale attività sismica in una zona, come l’Appennino che di norma rientra in quelle zone in cui l’attività sismica è un fenomeno abbastanza usuale.
Secondo l’istituto nazionale di geofisica le scosse avvenute in questi giorni hanno interessato un’area in cui sono avvenuti nel passato alcuni terremoti che hanno prodotto parecchi danni.
Il più importante è quello avvenuto il 9 ottobre 1828, con una magnitudo momento stimata sulla base dei risentimenti macrosismici pari a 5.8. Gli effetti di quel terremoto raggiunsero un’intensità notevole in quasi 40 località (tra cui Alessandria, Voghera e Tortona) e vennero avvertiti in gran parte dell’Italia settentrionale, da Verona ad Aosta.
“Osservando la distribuzione dei terremoti storici riportati nel catalogo CPTI – si legge in una relazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica – si osserva un allineamento di epicentri lungo quella linea che in geologia è nota come Villavernia-Varzi, un elemento strutturale di primo ordine che secondo molti autori rappresenta il limite tra l’Appennino Settentrionale e le Alpi. Di fatto coincide con la terminazione a nord dell’Appennino che, anche da un punto di vista della morfologia, sparisce al di sotto dei depositi della Pianura Padana. ”
Questi informazioni, insieme a molti altri dati, secondo l’Istituto, sono alla base della valutazione della pericolosità sismica di quest’area. Il numero di terremoti, la loro frequenza, la massima magnitudo degli eventi conosciuti o ipotizzabile in base alle (scarse) informazioni delle strutture sismogenetiche sono elaborati con un approccio probabilistico che indica quale sia lo scuotimento del suolo atteso con una probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni, ovvero con un periodo di ritorno di 475 anni.
“Tutti i terremoti rilevati finora sono superficiali (meno di 10 km dalla superficie) – aggiungono all’Istituto Nazionale di Geofica e Vulcanologia – anche se va detto che la geometria della rete in quest’area non consente delle localizzazioni di precisione in tempo reale. Le stime effettuate finora durante la sorveglianza sismica potrebbero essere riviste nelle successive analisi. La zona non presenta un’attività sismica frequente negli ultimi anni. In un raggio di 20 km intorno a Tortona sono stati localizzati dalla rete nazionale soltanto 55 terremoti dal 2005 a oggi, tutti più piccoli dell’evento di giovedì.”
“Il più forte è avvenuto il 19 febbraio 2012 con magnitudo 3.7. – concludono le analisi dell’Istituto – e rispetto ad altre aree in Italia, questa zona ha una pericolosità più bassa, ma questo non significa che terremoti anche forti non si possano verificare in futuro per quanto con una probabilità bassa.”
23 novembre 2013