cinghiali - INon stiamo parlando aviaria ovviamente, ma il tempestivo intervento dell’Asl di Alessandria ha scongiurato gravissimi danni alla salute pubblica.

Nel corso dei controlli di routine previsti per la sicurezza alimentare della selvaggina cacciata, i veterinari dell’Asl, infatti, hanno riscontrato la presenza di trichinella, un parassita nocivo per l’uomo, in due campioni di carne di cinghiali abbattuti nel territorio del Comune di Carrega Ligure, in alta Val Borbera.

La conferma della positività al parassita si è avuta in seguito all’esito degli esami e i veterinari dell’ASL hanno subito comunicato ai referenti dell’ATC AL3, che comprende le valli Curone e Borbera, il divieto di utilizzo delle carni infettate.

La comunicazione è già arrivata ai cacciatori che detenevano le carni in attesa dell’esito e che ora le consegneranno alla ditta incaricata della distruzione.

“Uno scampato pericolo che va giustamente evidenziato per sottolineare l’importanza dei controlli preventivi effettuati – spiega il Enrico Guerci direttore del Dipartimento di Prevenzione – la Regione Piemonte impone il controllo obbligatorio nei confronti della trichinellosi su tutti i cinghiali abbattuti, sia che siano destinati ai laboratori di lavorazione che al consumo privato. Quest’anno abbiamo già superato i mille campionamenti in provincia e, grazie anche all’opera di sensibilizzazione condotta dai nostri operatori attraverso specifici corsi di formazione, oggi possiamo contare sulla collaborazione di cacciatori, associazioni di categoria ed enti preposti, per scongiurare il manifestarsi di questa malattia che, seppur rara, può avere conseguenze gravi per la salute”.

CHE TIPO DI MALATTIA E’

La Trichinellosi è una malattia parassitaria sostenuta da un verme tondo del genere Trichinella in grado di infestare mammiferi, uccelli e rettili, soprattutto se animali carnivori o onnivori. La trichinella passa dall’animale all’uomo con l’ingestione di carne fresca di alcune specie, in particolare cinghiale, suino, cavallo, e il pericolo di contagio sussiste solo se la carne non è sottoposta a controllo sanitario. Nell’uomo il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi, con alcuni decessi. La sintomatologia classica è caratterizzata da diarrea (che è presente in circa il 40% degli individui infetti), dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre.

Uno dei classici sintomi dell’infezione da Trichinella spiralis è una combinazione di emorragie lineari subungueali (da non confondersi con quelle tipiche dell’endocardite infettiva) e da edema periorbitale (rigonfiamento dell’occhio). I primi sintomi possono apparire tra le 12 ore e i due giorni dopo l’ingestione di carne infetta. La migrazione dei vermi nell’epiteliointestinale può causare traumi al tessuto ospite e i prodotti di scarto che espellono possono provocare una risposta immunitaria.[1] L’infiammazione che ne risulta può causare sintomi quali nausea, vomito, sudorazione e diarrea. Dai cinque ai sette giorni dopo la comparsa dei sintomi possono apparire edema facciale e febbre. Dopo 10 giorni possono presentarsi dolore muscolare intenso, difficoltà respiratorie, diminuzione del battito cardiaco e della pressione sanguigna, danni cardiaci e diversi disordini nervosi, portando perfino alla morte per infarto, complicazioni respiratorie o malfunzionamento renale.

L’unico rischio quindi è rappresentato dal consumo di prodotti a base di carne cruda o poco cotta di cinghiale, quali ad esempio gli insaccati freschi e stagionati, che andrebbero consumati solo se provenienti da animali preventivamente controllati.

Il rischio sanitario non sussiste infatti per il consumo di carne suina, equina e di selvaggina regolarmente macellata ed immessa in commercio, sulla quale il controllo per la ricerca della trichinella è sistematico. Il rischio di entrare in contatto con il parassita della trichinellosi è invece elevato per le carni di cinghiale non sottoposte a controllo sanitario.

 17 novembre 2013