L’Europa ieri ha deciso. Per la prima volta non ci saranno risorse per le grandi infrastrutture mentre la priorità andrà a innovazione tecnologica, sostegno alle piccole e medie imprese, sviluppo sostenibile e sostegno all’occupazione.
È un cambiamento di rotta, che impegna i finanziamenti comunitari in direzione opposta alle Tav inutili di casa nostra e lascia scoperto il governo italiano, che per un verso va tagliando la spesa pubblica anche nei settori più delicati, per l’altro ha deciso di fare della Tav in Val Susa e del Terzo Valico un test del proprio “decisionismo” con i deboli e genuflessione con gli “amici degli amici”. E pensare che il “tunnel geognostico” da fare in tutta fretta, superando ogni opposizione popolare, era stato motivato con la “necessità di non perdere i fondi europei”…
Nessuna paura: non si può perdere quello che non c’è!
Il problema che resta è dunque: chi paga la Tav?
Non l’Unione Europea, non la Francia, che ha rinviato ogni decisione al 2030 (!), mentre Spagna, Ucraina e Portogallo hanno da tempo tirato una riga sopra lalta velocità, non la Slovenia che mai si è posta il problema.. Resta solo lo Stato italiano.
Lo ha ribadito il “Sole XXIV ore”: Le grandi opere non saranno più finanziate dai fondi Ue, come è sempre stato nei precedenti cicli. Il fatto è che “i guardiani” della stampa evitano con cura di spiegare al paese che la situazione attuale è radicalmente diversa da quella in cui venne immaginata la tratta ad alta velocità Torino-Lione (parte del “corridoio Lisbona-Kiev”, cancellato dai programmi già da anni).
Antonello Brunetti
9 ottobre 2013