Nello scorso mese di luglio si è scoperto che il tavolo tecnico regionale, di cui fanno parte Regione Piemonte, ARPA e COCIV, stava compiendo uno studio sulla presenza di amianto lungo il tracciato del Terzo Valico, indicando in settembre la data di conclusione.

Ovviamente non può che destare sorpresa apprendere che una tale indagine sia solo successiva alla redazione del Progetto Definitivo (2005), del Progetto Esecutivo del primo lotto (2013), al finanziamento del primo lotto e addirittura del secondo (anche se nelle ben note modalità a singhiozzo e distribuite su 10 anni, nuovamente definanziate in questi giorni).

La presenza di amianto infatti costituisce un serio pericolo sia per la popolazione che per i lavoratori e metterebbe in discussione l’intero progetto redatto finora, non solo per le modalità di trasporto e conferimento del materiale estratto, ma anche per le tecniche di estrazione e per i protocolli da seguire. Il progetto andrebbe pertanto riscritto e il costo dell’opera ricalcolato.

Nonostante il buonsenso vorrebbe che accurate indagini avessero preceduto addirittura la fase di progettazione, i fatti dicono che nel settembre 2013, con COCIV che minaccia l’imminente apertura dei cantieri, si deve ancora attendere uno studio che stabilisca se l’amianto è presente oppure no.

In realtà l’amianto è presente lungo il tracciato del Terzo Valico, soprattutto nella zona a cavallo del confine tra Piemonte e Liguria e questo dovrebbero ben saperlo gli Enti che hanno redatto i documenti di seguito citati.

Sarebbe stato sufficiente unire tutte le informazioni che avevano a disposizione per arrivare alla conclusione che il tracciato ferroviario attraversa una zona ricca di amianto, con la conseguenza che è impossibile evitare di scavarlo, soprattutto con un percorso stabilito “a caso” da nord a sud, senza porsi il problema della presenza di questo minerale.

Per poter fare qualsiasi considerazione sull’amianto, occorre preliminarmente esaminare tutti i documenti, reperibili in rete, che ne testimoniano la presenza.

Il primo documento che si può considerare è quello redatto da Legambiente Piemonte nel 2005 e inviato all’autorità di Bacino del Fiume Po di Parma, in cui si riportano (pag. 28) i risultati delle analisi di alcuni campioni di terreno prelevati dal luogo dove doveva sorgere la presa dell’acquedotto sostitutivo nel caso fosse stata autorizzata la cava della Cementir sul Monte Bruzeta. Queste analisi, svolte dall’Università di Genova, erano già menzionate nel precedente Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02490 (Senato, 25 giugno 2002), in cui si legge anche che “successivamente l’ARPA del Piemonte ha effettuato prelievi in loco, senza peraltro pubblicizzare l’esito delle analisi tendenti a verificare la presenza di rocce amiantifere nei luoghi dove dovrebbero svolgersi i lavori”. L’Ufficio stampa di Legambiente tuttavia nel 2003 precisa che “Successivamente anche l’Arpa effettua analisi: confermano nelle acque e nel greto del Rio è presente amianto naturale”.

Notavterzovalico.info



 8 settembre 2013