Quella che pubblichiamo di seguito è la cronaca di una vera e propria odissea vissuta da uno dei tanti abitanti di Castelnuovo Scrivia che ha cercato di usufruire dei servizi sanitari offerti dal Distretto di Castelnuovo Scrivia che serve oltre ottomila abitanti.

Stiamo parlando di Antonello Brunetti, una delle persone più conosciute in paese: storico, politico, insegnante, persona misurata, saggia ed esperta, non abituata a sollevare polemiche dal nulla, che mette in risalto la gravissima situazione in cui sembra piombato il Distretto Sanitario di Castelnuovo Scrivia dopo la recente riorganizzazione.

A dire il vero, lamentele sull’efficienza del Distretto erano già arrivate all’orecchio dell’Asl, e il 26 ottobre scorso, il Direttore del Distretto sanitario Claudio Sasso, aveva evidenziato che la riorganizzazione è stata determinata dall’esigenza di ampliare i servizi offerti ai cittadini e di ottimizzare le risorse al fine di evitare tempi di attesa che erano giunti anche a 15-20 giorni.

“Non mi pare che questo possa costituire un disservizio” aveva detto Sasso, ma il racconto di Brunetti che pubblichiamo di seguito, apre grossi interrogativi sull’efficienza del distretto.

 

CRONACA DI QUATTRO MATTINE TRASCORSE A FARE LA FILA

 

Chiedo scusa per il disturbo, ma oggi ho sentito la necessità di scrivere questa lettera, suddividendola in una cronaca e in alcune brevi riflessioni.

 

Primo giorno

devo ottenere dal Distretto di Castelnuovo una dichiarazione medica e fare una prenotazione per visita specialistica.

Una fila di 25 persone è ferma davanti all’ufficio, media di una decina di persone ogni dieci minuti!

Desisto e decido di chiedere informazioni nell’ambulatorio al primo piano. Vorrei utilizzare il comodissimo ascensore della Casa di riposo, ma vengo a sapere che è guasto da una settimana. So che l’altro ascensore dell’Ospedale ha un grave difetto: giunge in una stanza oltre la Fisioterapia e quindi, per raggiungere gli ambulatori, si deve entrare nella palestra fra gli sguardi imbarazzati di persone in mutande che svolgono esercizi con le fisioterapiste. Queste devono interrompere il loro lavoro e aprirti la porta di collegamento chiusa a chiave: preferisco lasciar perdere. Affronto lo scalone, architettonicamente stupendo, ma con rampe circolari di 46 scalini. A metà strada trovo una donna anziana ansimante e seduta su uno scalino; questa mi chiede aiuto e a fatica la accompagno sino dinanzi alla chiesetta della Casa di riposo.

Al piano sopra mi dicono che non possono rispondermi e mi invitano a scendere (altri 46 scalini) nell’ufficio sottostante o a rivolgermi al medico. Quest’ultimo non è di turno e l’impiegata non sa che dirmi. Desisto.

Secondo giorno

Aspetto il mio turno e dopo 80 minuti entro in ufficio, ma qui mi dicono che devo rivolgermi all’ufficio accanto poiché le competenze sono state smembrate. Altra fila, ma l’impiegata, imbarazzata, mi informa che sono cambiate le normative e devo chiedere al medico. Questi è cordialissimo, ma è dolente di comunicarmi che devo fare una visita dallo specialista per avere una dichiarazione preliminare che gli dia la possibilità di farne poi una anche lui.

Terzo giorno

Tutto chiuso, non per legittimo riposo ma perché, come recita un foglietto, l’impiegata è stata destinata a Tortona essendovi là mancanza di personale. Si invitano gli utenti a telefonare a Tortona, e ciò senza specificare a chi, quando e con quale numero.

Quarto giorno

Una sola impiegata con una fila di 25 persone, senza calcolare quelle che decidono dopo un po’ di andarsene. Dopo due ore arriva il mio turno. Potrò incontrare lo specialista dopo un mese, ma io ho necessità di una dichiarazione entro la fine di novembre visto che, senza dare alcuna informazione, le normative sono mutate….

Mi rendo conto che questa serie di particolari crea una situazione che potremmo definire fantozziana, ma purtroppo senza le aggiunte un po’ eccessive che caratterizzano il racconto delle avventure del ragioner Fantozzi.

L’attesa in corridoio è surreale poiché anziché parlare di salute, di vicende famigliari, di sport, di lavoro e così via si respira un’aria di malumore punteggiata da sfoghi piuttosto pesanti che si rinforzano quando esce la signora con nipotino vivacissimo al seguito, la quale si è sentita dire, dopo due ore di attesa che non può prenotare una visita perché il fisiatra non ha ancora predisposto i turni e quindi deve tornare e non si sa bene quando. Oppure il signore che ha dovuto attendere a lungo in piedi per mancanza di sedie sufficienti ed esce con lo stesso risultato perché anche l’oculista è in ritardo con le indicazioni di presenza all’ambulatorio castelnovese.

C’è chi fa notare che le aperture degli uffici si sono ridotte. Il servizio di prelievo sangue funziona ora solo tre volte alla settimana e per di più non al piano terra, ma nei piani superiori non altrettanto comodi e adatti per le persone anziane o con problemi di deambulazione.

Insomma è un susseguirsi di lagnanze.

I soliti italiani a cui non va mai bene niente? Non direi proprio.

 

COMMMENTO

La cosiddetta riorganizzazione del distretto di Castelnuovo, Sale, Pontecurone e paesi limitrofi è in realtà una netta riduzione di servizi ospedalieri, di efficienza e di organizzazione.

Quindi suonano beffarde le affermazioni lette sul giornale “ Nulla è stato modificato”, “Sono stati migliorati i servizi per agevolare gli assistiti”, “Sono stati ridotti i disagi dei cittadini”, “Non ci sono barriere architettoniche essendovi due ascensori disponibili”, e così via magnificando.

Non è affatto vero e l’ho constatato di persona.

Certo vi sono ottimi servizi, personale preparato e cortese, volontà di aiutare chi è in difficoltà, calma e gentilezza da parte di chi lavora negli uffici nonostante il mugugno generale degli utenti; ma far passare per riorganizzazione e miglioramento una riduzione di orari e spostamenti logistici privi di senso suona tanto come presa in quel posto!

Non cerco colpevoli o capri espiatori, ma mi pare doveroso, dinanzi al giudizio negativo di tantissimi, una revisione del tutto coinvolgendo le amministrazioni comunali interessate, il personale e anche eventuali cittadini che, senza malanimo ma attenti al benessere generale della comunità, vogliano presentare il loro punto di vista.

Sarebbe un bel esempio di buona amministrazione sanitaria che invece ora si sta caratterizzando ovunque nei tagli feroci, nella disattenzione per le categorie più deboli, nella soppressione di ospedali efficienti (assurda ad esempio la ventilata chiusura dell’eccellente Ospedale di Pieve del Cairo).

Ricordate che non più tardi di tre-quattro anni fa la sanità italiana, pur con i suoi difetti, veniva citata come un esempio da seguire per tutte le nazioni del mondo, compresi gli Stati Uniti? Vogliamo distruggere anche questa?

 

CONCLUSIONI DEL GIORNALE

Il racconto di Antonello Brunetti si conclude qui. Abbiamo voluto pubblicarlo integralmente e chiediamo scusa ai lettori per l’estrema lunghezza dell’articolo, ma mette in risalto la grave situazione che emerge dai numerosi tagli alla Sanità che la Regione Piemonte sta effettuando.

Naturalmente si tratta di un racconto visto dalla parte dell’utente e ci piacerebbe molto che l’Asl ci scrivesse dicendoci che si è trattato di un caso limite e che la situazione non si ripeterà più e che la promessa per quest’occasione venisse mantenuta.

 25 novembre 2012