I fratelli Aldo ed Ercole Gaglianò entrambi nati a Cittanova (Reggio Calabria) e residenti in Tortona uno a Vho e l’altro in via Rinarolo, rispettivamente di 56 e 53 anni, salgono agli onori della cronaca italiana nel mese di dicembre 2007 quando vengono arrestati perché, secondo l’accusa, legati alla n’drangheta Calabrese.
Erano finiti in carcere con l’accusa di appartenere alla criminalità organizzata: gli inquirenti ritenevano che i due Gaglianò, fossero legati alla ’ndrangheta di Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, sin dagli anni Ottanta e li avevano accusati di essere elementi di spicco del clan mafioso dei Facchineri, da tempo operante anche nel nord Italia e facente capo all’ex latitante Luigi Facchineri, già inserito nella lista nazionale dei trenta malviventi più pericolosi.
DICEMBRE 2007
Nel dicembre 2007 la Direzione Invenstigativa Antimafia (DIA) genovese sequestra beni per 1 milione e mezzo di euro ai due fratelli. Il Centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Genova ha ottenuto dal Tribunale di Alessandria il sequestro di numerosi beni riconducibili ad Aldo ed Ercole Gagliano.
I beni (otto auto, due ville, due società e vari conti correnti bancari) erano intestati ai familiari dei due fratelli che però non hanno potuto dimostrare un reddito idoneo al possesso.
I due fratelli sono considerati elementi di spicco del clan mafioso dei Facchineri, operante anche nel Nord Italia e facente capo a Luigi Facchineri, a suo tempo detenuto in carcere, e che era inserito nella lista dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia.
Aldo ed Ercole Gaglianò, per i quali la Dia aveva proposto la sorveglianza speciale antimafia, si sono trasferiti nel Basso Piemonte dopo una lunga permanenza a Genova, durante la quale sono rimasti coinvolti in indagini su reati legati alla criminalità organizzata operante nel capoluogo ligure.
Numerosi i precedenti penali a loro carico tra cui sequestro di persona, estorsione e detenzione illegale di armi e munizioni. Il padre, Giuseppe, venne ucciso nel 1978, nell’ambito della faida sanguinaria che, anche a Genova, ha visto contrapporsi le famiglie calabresi «Facchineri» e «Raso-Albanese». Un altro fratello, Luciano, fu assassinato nel 1991.
Per questo omicidio, nel 2006 la Corte di Assise d’appello di Genova ha condannato all’ergastolo alcuni esponenti della famiglia mafiosa «Fiandaca-Emmanuello», ritenuta una propaggine del clan Madonia.
GENNAIO 2009
Altro episodio nel 2009, a gennaio, quando la Corte d’Appello di Torino, su proposta del Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) di Genova, ha applicato ai fratelli Aldo ed Ercole Gaglianò la sorveglianza speciale antimafia e la confisca dei beni a Tortona e alla frazione Vho. Si tratta dei beni già sequestrati a dicembre 2007 e poi restituiti. La Corte d’Appello di Torino aveva infatti riformato il decreto del Tribunale di Alessandria che in primo grado aveva rigettato la proposta della Dia di Genova, applicando pertanto ai due fratelli Aldo ed Ercole Gaglianò, di Cittanova (Reggio Calabria), ma residenti da tempo a Tortona, la misura di prevenzione antimafia della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Tortona per due anni e ordinando al tempo stesso la confisca di tutti i beni a loro riconducibili, così come richiesto dal Centro Operativo di Genova.
I beni, oggetto del sequestro da parte della Dia nel dicembre 2007 erano stati restituiti ai fratelli Gaglianò perché i giudici del Tribunale non avevano ritenuto sufficienti le motivazioni presentate dalla Direzione operativa Antimafia.
I giudizi della Corte d’appello, invece, nel gennaio 2009 avevano accolto il ricorso, presentato attraverso la Procura di Alessandria ritenendo validi gli indizi dell’accusa secondo la quale i fratelli Gaglianò, sarebbero in qualche modo collegati al clan mafioso dei Facchineri, che opera a Cittanova ed in altre zone del nord Italia. Tra i beni confiscati, due ville di pregio con relative pertinenze, delle quali una situata all’ingresso di Vho, dove risiede Aldo Gaglianò, e l’altra a Tortona in via Rinarolo, nel centro storico di Tortona, abitata invece da Ercole Gaglianò. E inoltre, 5 auto di qualità, due società unipersonali nel settore edile e vari conti correnti bancari per un valore stimato all’incirca attorno alla somma di un milione e mezzo di euro.
DICEMBRE 2011
Terzo ed ultimo episodio è quello da cui ha preso il via l’indagine della Guardia di Finanza risale a dicembre dello scorso anno e riguarda un imprenditore tortonese che ogni due settimane doveva consegnare nelle mani dei suoi aguzzini 2.500 euro in contanti, altrimenti gliela avrebbero fatta pagare cara. Un’estorsione in piena regola, che andava avanti da diverso tempo, ma era stata scoperta dai militari della Guardia di Finanza di Tortona. In manette erano fini i due fratelli.
Non era stato l’imprenditore a rivolgersi alla Guardia di Finanza, ma i finanzieri a scoprire tutta la vicenda dopo oltre 43 ore di appostamento ininterrotto, nel luogo previsto per la consueta dazione, quando hanno fermato i due estorsori che avevano appena incassato i soldi.
Da quest’ultima operazione ha preso il via la maxi indagine che ha portato all’arresto dei Gaglianò.
Anche in questo caso le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, hanno permesso di scoprire che anche nel Tortonese, purtroppo, si verificavano episodi malavitosi come quelli che avvengono in alcune zone dell’Italia meridionale; episodi che destano forte preoccupazione per possibili infiltrazioni mafiosi che non si esclude, potrebbero portare ad ulteriori sviluppi.
Preoccupa il fatto che le decine di imprenditori che secondo l’accusa erano costretti a pagare il “pizzo” non hanno mai detto nulla alle forze dell’ordine. Preoccupa il fatto che secondo le Fiamme Gialle la situazione andava avanti per alcuni cassi addirittura dal 2005, quindi due anni prima dell’intervento a Tortona della DIA genovese e soprattutto preoccupa il fatto che Tortona, come Alessandria come in bassa valle Scrivia e forse anche in altre zone della provincia, ci siano episodi di criminalità organizzata che per gli inquirenti sono di classico stampo mafioso.
Un fenomeno sempre più presente nelle nostre zone e che sta destando forte preoccupazione nelle forze dell’ordine.
Angelo Bottiroli
17 luglio 2012