Egregia redazione, trasmetto la lettera che ho scritto al Presidente Regionale CIA Roberto Ercole e al Presidente CIA Alessandria Carlo Ricagni in merito alla situazione lavoratori azienda agricola Lazzaro Bruno a Castelnuovo Scrivia

 

Gentile Presidente,

in qualità ci consigliere regionale mi sono recata stamane presso l’azienda di Castelnuovo Scrivia del sig. Lazzaro Bruno e specificamente presso il presidio dei lavoratori di cui i quotidiani locali nei giorni precedenti hanno dato informazione. I racconti delle donne e degli uomini (una quarantina) che lavorano alle dipendenza di tale azienda lasciano sconcertati. Ho ascoltato storie vissute da più anni (chi vi ha lavorato da 13 anni, chi da 8) secondo le quali a fronte di un lavoro continuativo e faticoso, quale Lei credo non abbia difficoltà ad immaginare, sia le condizioni contrattuali sia le concrete forme di pagamento e di orario di lavoro risulterebbero al limite della schiavitù.

Non a caso infatti l’organizzazione sindacale che rappresenta i lavoratori in lotta avrebbe denunciato il titolare per “riduzione in schiavitù”. L’impiego di manodopera immigrata al di fuori delle previsioni di regolarizzazione, il loro orario oltre le 10 ore giornaliere, il loro pagamento non continuativo e di valore infimo (hanno parlato di un euro l’ora) non lascerebbero dubbi sul fatto che ci si trovi di fronte a condizioni di sfruttamento che non avremmo immaginato possibili in questi tempi e in questa regione.

Ho sentito più volte gli imprenditori rivolgersi alle istituzioni e alla politica chiedendo garanzie per la continuità e lo sviluppo delle attività produttive. Spesso ho anche condiviso la ragionevolezza di queste sollecitazioni: si parlava di regole certe nell’espletamento dei controlli pubblici, si chiedeva la semplificazione delle procedure oltre le formali burocrazie, si sollecitavano sostegni economici per la competitività. Di questi indirizzi dei programmi pubblici anche l’impresa qui citata, che mi risulterebbe essere Vostra associata, ha beneficiato attraverso i fondi erogati dalla Regione Piemonte (dati Arpea).

Non credo che le regole certe rivendicate possano valere solo per gli imprenditori, anziché trasformarsi in buone regole di tutela della salute dei lavoratori. Non credo che le risorse pubbliche possano premiare attività produttive che ricavano i proprio utili dallo sfruttamento intensivo del tempo del lavoro e della forza del lavoro, in base all’antico ricatto per il quale chi ha meno voce e meno potere non possa che subire.

La questione ora è all’attenzione della Prefettura di Alessandria. Mi auguro che lo stato di diritto di cui questo Paese può orgogliosamente vantarsi valga soprattutto in questo caso, riconoscendo alle lavoratrici e alle lavoratori il loro giusto salario non percepito da mesi, garantendo il rientro al lavoro poiché le vendite dell’azienda agricola continuano verso la grande distribuzione e non solo, costruendo percorsi di regolarizzazione per i lavoratori immigrati che, se le regole fossero seguite da tutti, avrebbero già maturato le condizioni per la loro permanenza stabile nel nostro Paese.

Le scrivo per renderla partecipe delle iniziative che istituzionalmente intendo avviare, per portare alla conoscenza della Giunta e del Consiglio Regionale questa situazione, ma anche perché ritengo che la serietà dell’organizzazione di rappresentanza da Lei presieduta a livello regionale non meriti di essere accomunata a comportamenti siffatti.

Sono certa che vorrà considerare questa mia e unire la voce Sua e dell’associazione che Lei rappresenta alle molte voci che in questi giorni, incontrando la situazione descritta, si solo levate indignate.

Con stima

Eleonora Artesio