Non ho mai sentito una frase così bella da nessun politico, né uomo, né donna, né di sinistra, né di destra: “non voglio rinunciare a mia figlia se dovessi diventare premier”.
Sentirlo dalla voce di una donna, di una mamma ha un valore immenso, è la dimostrazione massima che una madre può non rinunciare alla sua carriera, nemmeno quando rappresenta un Paese, perché si può fare e si deve fare.
Quante volte mi sono affannata a dire e scrivere che l’Italia non è un Paese per madri, che non esiste un vero welfare capace di dare un aiuto concreto alle famiglie, alle donne che lavorano. Oggi, invece, quando ho letto questa frase di Giorgia Meloni ho sentito un messaggio di speranza, ho pensato: “finalmente qualcuno l’ha detto!”.
Io sono sempre stata dell’idea che le donne hanno delle capacità maggiori rispetto al sesso maschile, capacità che si moltiplicano all’ennesima potenza quando diventano madri, diventano combattenti che affrontano l’emergenza quotidianamente, senza mollare, perché c’è sempre un piano B da mettere in atto.
Per avvalorare ancora di più ciò che la Meloni afferma riporta l’esempio di due donne di primo piano in Europa:
«Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha sette figli, Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, sta crescendo quattro maschi». Ecco perché nessun dubbio sulla capacità di conciliare i due ruoli di capo di un governo e madre:
«Se diventerò premier non rinuncerò a nulla di ciò che riguarda mia figlia Ginevra. Le donne si organizzano sempre».
Quest’ultima è la frase più bella che io abbia mai sentito in una campagna elettorale.
Rosangela Cesareo