Stefano Santoro (classe 1984) sin da piccolo muove i primi passi nella musica, iniziando a suonare pianoforte e chitarra all’età di sei anni. Tante sono state le sue influenze musicali, dai Pooh a Battisti, dai Beatles ai Queen, da Michael Jackson ai Red Hot Chili Peppers, fino ai Muse. Grande appassionato anche di cinema, segue compositori come Ennio Morricone, John Carpenter e Hans Zimmer.

Stefano inizia ad esibirsi presto grazie all’amico Mario Tessuto e a soli sedici anni canta periodicamente nello storico locale “Lisa dagli occhi Blu”, avendo l’opportunità e la fortuna di poter condividere l’ambiente e il palcoscenico con artisti del calibro di Don Backy, Jimmy Fontana, Loredana Bertè e moltissimi altri ancora. Nel 2014 registra un album tributo ai Pooh insieme a Red Canzian.


Comincia, inoltre, a creare musica davvero prestissimo; compone, arrangia i suoi brani e ne scrive i testi. All’età di tredici anni fu difatti uno dei pochi ad incidere un intero concept album registrandone tutti gli strumenti, dalle voci alle tastiere, alle chitarre fino al basso e alla batteria. Quello che contraddistingue Stefano è la sua puntigliosa ricerca nella sperimentazione del suono, eseguendo lui stesso ogni parte musicale con ogni strumento, dando così ai dischi una sua totale impronta personale.

A settembre 2020 ha pubblicato l’album “Infinito non è” per l’etichetta Paf Lab. Ora è in fase di pre-produzione l’album “Resilienza”, in uscita a fine 2021. Il disco tratterà, con varie sfumature, il tema profondo del cambiamento e dell’adattamento a un mondo in continua evoluzione – di cui questo periodo che stiamo attraversando ne è una spiacevole dimostrazione. Adesso, a seguire, la nostra intervista per la rubrica Oggi Musica a Stefano Santoro.

Stefano, come si descriverebbe come persona ed in quanto cantante? Bella domanda! Mi viene subito in mente il fatto di essere innanzitutto fortunato dacché ho avuto da sempre la possibilità di esprimermi in musica …canto sin da bambino, grazie all’appoggio dei miei genitori che non mi hanno mai ostacolato ed anzi hanno favorito e mi hanno spronato ad ogni singolo segnale d’attrazione verso l’arte in generale.

Dal 2 aprile è disponibile su YouTube il videoclip del suo nuovo singolo “PARADISO” [HYPERLINK _ https://youtu.be/tWOYnAKbwMI], sotto la regia di Flavio Bargna …Ebbene, qual è l’intenzione e l’aspettativa con cui tale brano viene alla luce, e quale il messaggio che vorrebbe trasmettere con esso? Questo brano nasce per raccontare un viaggio verso quello che potrebbe essere il Paradiso immaginario – non quello che ci si aspetta dopo la vita, bensì quello che potremmo vivere qui sulla Terra durante le nostre giornate, “esplorandoci” un po’ di più… e questo duro periodo, proprio per contrapposizione, potrebbe favorire appunto codesta nostra ricerca dal momento che le nostre “libertà”, alle quali eravamo abituati, ci sono state tolte.

Il video di “Paradiso” alterna, alla sua ripresa mentre suona la chitarra, immagini della natura – che riprendono il testo della canzone – della quale pare voler esaltare la potenza. Cosa proprio della natura apprezza ed affascina, e cosa le trasmette di prezioso intimamente? Credo che la natura sia fondamentale per noi esseri umani poiché noi stessi siamo parte di essa [della natura]… non rispettarla e non capirne le dinamiche è come rifiutare una parte di se stessi. E questo atteggiamento può diventare nocivo…  

Il finale di “Paradiso” – cito – lascia spazio a una [sua] riflessione a riguardo di questo particolare periodo storico tant’è che, in un momento in cui il mondo sembra essere privo di colori, Lei fornisce ai suoi ascoltatori una chiave di lettura più ampia basata sull’interiorità, con la quale è possibile volare e costruire un nuovo viaggio variopinto. Ecco pertanto che vorrei domandare, secondo Lei, com’è possibile riuscire a non sopprimere mai la propria voce interiore (magari altresì per paura dei giudizi altrui e dare, invece, libera espressione ai propri pensieri e alle proprie sensazioni senza sentirsi, pur e per quanto sol inconsciamente, tiranneggiati da schemi e pregiudizi imposti dalla società)… Penso che bisognerebbe innanzitutto esprimersi, sempre e comunque …da eventuali azioni possono derivare dei risultati, e non dal pensarci solo o peggio rimuginarci sopra: è osservando le concrete conseguenze dell’agire che si può comprendere se una certa cosa era la cosa giusta da fare o meno…

Inoltre, a proposito di schemi e pregiudizi vigenti in società, qualcuno di questi l’ha – chissà se anche soltanto per un certo lasso di tempo – toccata da vicino e condizionato in prima persona? Se sì, su quale fronte e a riguardo di cosa? Tempo fa, prima di aver compreso determinati meccanismi personali, sono stato soggetto a limiti di questa natura… Crescendo, sono diventato un attento osservatore e parecchi di questi miei meccanismi li ho riconosciuti. Per fare un solo esempio, circa dieci/quindici anni fa avevo un’idea, anche inconscia se vogliamo, per cui vedevo la musica come “più grande di me”. Mi ero così convinto che non sarei riuscito a portarla avanti come avrei voluto. Il risultato? Dieci anni fa ho registrato mezzo album per poi fermarmi e dedicarmi ad altri lavori, mentre ora stiamo facendo questa intervista e ho pubblicato il mio primo album lo scorso settembre, inoltre è in registrazione il secondo che uscirà a fine anno (e ciò in un periodo che è tutt’altro che favorevole a questo tipo di attività…).

Per affinità tematica, circa l’argomento relazioni con sé e con gli altri, comportamenti manifesti o no e sovrastrutture sociali ed ereditate dal contesto e dall’educazione ricevuta etc., nota che vigano nel presente alcuni tabù a cui, chissà, neppure Lei è “immune”? Ed eventualmente quali sono i tabù che desidererebbe cercare di abbattere e neutralizzare con urgenza? Mi fa un enorme piacere vedere che le Sue sono tutte domande alle quali dedicherei un sacco di tempo, ma per non annoiare dico sinteticamente che mi piacerebbe semplicemente che non ci si fermasse qui, ad oggi, in quanto è di vitale importanza che si punti ad un miglioramento, a piccoli passi, di chi siamo …anche perché purtroppo la vita, a mio avviso, “accontenta” e quando si pensa che è finita, si finisci per avere ragione.

Come descriverebbe la libertà? È possibile essere veramente liberi, la libertà ha cioè una fattibile declinazione concreta? E, soprattutto, Lei si sente in grado di autodeterminarsi e timonare la sua esistenza dove maggiormente anela ovverosia si sente “spettatore” od “attore” del suo agire o di mancate reazioni, decisioni sincere e non indotte dall’esterno rispetto alle sue autentiche emozione? Per me è assolutamente possibile sentirsi “liberi” nel vero senso del termine, tuttavia è necessario assicurarci che le “sbarre invisibili”, che noi stessi talvolta costruiamo, vengano abbattute. A volte basta anche un solo condizionamento sociale o altro per far sentire prigionieri e da questa condizione, purtroppo, è difficile puntare alla libertà… Pertanto oserei dire che è bene essere “attori”, ambire a questo ruolo, a patto che si sappia cosa interpretare e cosa no …differentemente, se il ruolo scelto è quello dello “spettatore” è inutile lamentarsi del film che viene trasmesso…

La discriminazione di genere, per citare uno dei tristi temi di cronaca spesso derivanti da preconcetti infondati, è una bruta realtà che purtroppo investe molti tra i quali per esempio anche le donne o all’opposto non riscontra tutto questo? Donne, e non soltanto, vittime di violenza come se il sesso di nascita comportasse doverose peculiarità, categoriche e categorizzanti, di genere; donne perseguitate da imposizioni secolari e non ancora desuete e da restrizioni, tanto per dirne una, in ambito lavorativo pertanto discriminazione che riporta il nostro discorso all’oppressione e ai maltrattamenti in nome di sovrastrutture che fanno forza sul mancato diritto che ogni persona dovrebbe effettivamente avere di manifestare, sviluppare e mostrare se stessa senza per questo venir appellata quale spregevole e violentata nella personale libertà da una morale immorale o non conviene con me su ciò? Convengo con Lei, tutto ciò non dovrebbe neanche esistere. E spaventa il fatto che, con il passare del tempo, tutte queste situazioni siano in aumento anziché diminuire …Onestamente sono dell’idea che in primis queste situazioni derivino da una “non consapevolezza”. Se l’uomo sapesse la meraviglia che sta per toccare non lo farebbe, se sapesse che quella rabbia che proietta in questi modi osceni altro non è che rabbia e frustrazione verso se stesso, si vergognerebbe a tal punto da stare immobile… molti credono di essere “forti” così e per una, totale, mancata comprensione, non si rendono conto che all’opposto sono i più deboli.         

Infine, quali i suoi prossimi progetti artistici e personali a breve e a più lungo termine – anche alla luce di un’(ipotetica) inedita consapevolezza sopraggiunta a seguito della pandemia? Continuerò con la registrazione del secondo album dal titolo “RESILIENZA” che verrà alla luce a fine di quest’anno… ci saranno ancora due singoli a precederlo. Grazie davvero per l’intervista e per le domande belle e profonde, un abbraccio sincero, a distanza però [NdR sorride e saluta].

Giulia Quaranta Provenzano