Questo è il primo di una serie di articoli che vogliono analizzare le cause della crisi del Commercio a Tortona. E’ una specie di inchiesta che viene realizzata dopo aver sentito diverse fonti, fra cui esperti, gli stessi operatori commerciali, clienti, amministratori locali, gente comune e tanti altri.
Abbiamo deciso di scrivere diversi articoli, corredati da dati ed esperienze, perché non c’è un solo motivo che ha portato alla situazione locale, ma parecchi.
Alcuni sono generali e riguardano la congiuntura che colpisce il settore del Commercio da diverso tempo, altri però, sono prettamente di natura locale e nel corso degli articoli vi spiegheremo perché alcuni negozi chiudono e altri no.
Iniziamo questo prima puntata dell’inchiesta analizzando il quadro generale che è quello più conosciuto da tutti, è vero, ma un’analisi seria sulle motivazioni che hanno messo in ginocchio la categoria che rischia veramente di ridursi ancora di più lasciando i centri storici delle città sguarnite, non può prescindere da questa analisi.
Se negli anni sessanta e settanta fare il commerciante significava arricchirsi, oggi per molti, significa perdere denaro. Aprire un negozio, infatti, è un grossissimo rischio: si investono capitali che nella maggior parte dei casi non vengono recuperati.
Inutile parlare dei centri commerciali che tolgono spazio ai negozi: i supermercati hanno iniziato ad arrivare quasi mezzo secolo fa e la scusa non regge. Certo sono proliferati col tempo, ma chi dà la colpa alla grande distribuzione ha le fette di salame sugli occhi, perché se così fosse, allora, tutti i negozi cosiddetti “di vicinato” avrebbero dovuto abbassare le serrande da almeno 30 anni e invece fino a poco tempo il Commercio tradizionale era abbastanza florido.
Certo poi bisogna interrogarsi come possono vivere quasi 700 negozi a Tortona dove la grande distribuzione è forte ci sono decine tra supermercati e centri commerciali della grande distribuzione, ma questo è un’altro discorso.
La causa generale, va ricercata negli ultimi 10 anni: una crisi profonda e senza via d’uscita (nemmeno oggi, malgrado alcuni politici dicano il contrario) che ha messo in ginocchio soprattutto l’economia italiana, cancellando il “ceto medio” che era quello che faceva acquisti più di ogni altro.
Il ceto medio era formato da persone in gran parte di origini non ricche che si erano ritrovate improvvisamente con molta disponibilità finanziaria ed erano propense a togliersi ogni “sfizio” perché ne avevano il denaro per cui “consumavano”
Oggi il “ceto medio” non esiste più e se prima chi aveva due lavori poteva permettersi tanti vezzi perché provenivano da stipendi più o meno fissi, oggi sono ritornati poveri perché gli stipendi, quando ci sono, servono a malapena ad arrivare a fine mese fra tasse e balzelli e di ogni genere.
Chi avanza qualcosa, visti i chiari di luna improvvisi dove il rischio di perdere il lavoro e non trovarne un altro è alto, prima di spendere ci pensa non una, ma dieci volte.
Poi c’è la situazione occupazionale: tanti hanno perso il lavoro, per cui se prima si lavorava in due oggi molte di quelle famiglie non ci sono più perché marito o moglie sono stati licenziati.
Terza causa generale i figli: se prima trovavano lavoro, oggi i giovani non hanno futuro, non ci sono prospettive per loro, per cui continuano ad essere mantenuti dai genitori e anche coloro che vanno all’estero e trovano un lavoro, quest’ultimo è sottopagato e le spese che i giovani devono sostenere per essere indipendenti, sono talmente elevate che continuano – seppur in parte – ad essere mantenuti dai genitori. Quest’ultimi a loro volta hanno meno soldi da spendere, e sono anche molto meno propensi a farlo perché temono per il futuro dei figli che dovranno aiutare finanziariamente chissà fino a quando.
Ecco queste sono le tre cause generali che stanno mettendo in ginocchio il Commercio, non solo a Tortona, ma in quasi tutte le città italiane.