Venerdì 27 gennaio, alle 21.00, presso la Biblioteca Comunale “Roberto Allegri” di Serravalle Scrivia, verrà inaugurato un nuovo anno dedicato a Dante e alla Divina Commedia. Benito Ciarlo e Andrea Chaves leggeranno e commenteranno il canto V del Purgatorio dove Dante e Virgilio lasciano le anime dei pigri e raggiungono il secondo balzo dell’Antipurgatorio. Qui, nella schiera dei morti di morte violenta, incontrano Iacopo del Cassero, Bonconte da Montefeltro, Pia de’ Tolomei. È mezzogiorno di domenica 10 aprile (o 27 marzo) del 1300.

 

“…Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;

Giovanna o altri non ha di me cura;

per ch’io vo tra costor con bassa fronte”…

 

Il canto, attraverso i tre personaggi che allinea, presenta un quadro impressionante della violenza sanguinosa che macchia ogni luogo e ogni situazione, dalla più ovvia violenza politica e militare a quella, più nascosta ma altrettanto tragica, che si svolge in famiglia. Le accuse ai colpevoli, benché espresse senza toni veementi, non mancano: da “quel da Esti” (v. 77), ossia il signore di Ferrara che perseguita Jacopo del Cassero, allo sposo omicida di Pia de’ Tolomei. Un altro e diverso colpevole viene additato da Bonconte, nel suo racconto drammatico degli estremi istanti di vita: la natura sconvolta, che con le acque dei fiumi in piena trascina il corpo fino a sciogliere le braccia che aveva stretto in croce come ultimo segno della fiducia in Dio, è strumento del demonio che, ribellandosi vanamente all’angelo che salva l’anima, pentitasi in extremis, esercita il suo dominio sul corpo di Bonconte.

Il canto è costruito intorno al tema del pentimento che, benché tardivo, è tuttavia tale da indurre Dio alla misericordia; a questo si collega il tema della preghiera, pronunciata dalle anime in coro (è appunto il Miserere) e della richiesta che tutte le anime fanno a Dante di ricordarle tra i viventi: così Jacopo ai vv. 70-72 e Bonconte al v. 89.

Questo canto, nel quale si inserisce anche un diretto motivo autobiografico (la battaglia di Campaldino del 1289, alla quale Dante partecipò), si potrebbe anche considerare, proprio per il sangue e la violenza che descrive, una sorta di preparazione al canto VI, nel quale Dante pronuncia una durissima invettiva contro l’Italia tutta, segnata dall’ingiustizia e dalla prepotenza.