Uno dei migliori pregi dell’amministratore pubblico astuto ed accorto è quello di comprendere al volo quando ci si trovi davanti alla svolta cruciale di una vicenda spinosa; un altro pregio di pari valore è rappresentato dal sapersi comportare di conseguenza, adottando soluzioni immediate, condivise, di concerto e risolutive. Una volta adottate, per garantirne l’esito positivo, occorre coraggio, carisma ed un potente appoggio politico.
Ogni giorno, o quasi, chi gestisce la cosa pubblica è sottoposto a notizie, informative, direttive, indicazioni, richieste, pretese, imposizioni; molte di queste pressioni, è risaputo, appartengono a compiti e doveri di routine. La capacità di identificare per tempo, nell’ambito di una consolidata routine, il trovarsi al cospetto di un bivio essenziale, che impone immediatezza di scelte, azioni poiché le alternative sono totalmente diverse tra loro, non reversibili e non mediabili, è privilegio di pochi. All’interno di questi pochi va fatto un ulteriore distinguo, tra coloro che approfittano di queste situazioni per trarne qualche forma di tornaconto personale e invece coloro che colgono queste opportunità per acquisire servizi a beneficio della popolazione che amministrano. Questa seconda categoria di persone è a rischio estinzione oppure esiste ancora?
Cosa può accadere in una Regione sottoposta a piano di rientro, con un punto nascite che non raggiunge i 500 parti previsti, ed una ASL che adotta gli atti aziendali necessari alla sua soppressione? Non sempre le cose vanno come a Tortona. Proviamo a vedere come sono andate, senza recriminazioni ed unicamente guardando al passato con occhio critico, giusto per trarne un esercizio ed i relativi insegnamenti coniugati al futuro.
Il PD difende gli ospedali? In Piemonte no, in Campania sì
Ci troviamo in Campania, regione sottoposta a piano di rientro, propri come il Piemonte, e nello specifico parliamo di Cava de’ Tirreni, 57mila abitanti (il doppio di Tortona), un bacino sanitario da 92mila persone (una volta e mezza quello del tortonese), un punto nascite che conta 394 parti (il 10% in meno di Tortona, che nell’ultimo anno a pieno regime, nel 2012, arrivò a 442), e una ASL che prontamente si attiva con l’adozione di atti aziendali per chiudere il reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale cittadino, iniziando proprio dal punto nascite che non arriva ai fatidici 500 parti previsti dai nuovi parametri riguardanti l’adeguatezza delle strutture.
La mancanza di personale dovuta al blocco delle assunzioni a livello nazionale ha portato il direttore generale dell’azienda ospedaliera a formulare un piano di riordino che prevede la chiusura di alcuni reparti degli ospedali di Cava de’ Tirreni, accorpando i servizi all’interno del San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona di Salerno (distanza 10 Km), portando a casa un immediato ricorso al TAR da parte del Sindaco di Cava de’ Tirreni (PD) e scatenando le ire del Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (PD anch’egli), che è addirittura arrivato a minacciare di licenziamento il dirigente sanitario (2) . In particolare, il presidente della Regione contesta l’accorpamento dei reparti di ortopedia e ginecologia all’interno del nosocomio di Salerno.
Secondo il Governatore della Campania, c’era la possibilità di lasciare aperti i reparti, che “vantavano” molti interventi giornalieri, il cui trasferimento al Ruggi avrebbe già determinato disagi. L’operato di Vincenzo De Luca è quello di un “amministratore bravo, onesto e competente” (1) . A sostenerlo è nientemeno che una conoscenza di vecchia data dei Tortonesi, il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino. Proprio lui, il governatore del Piemonte, a cui dobbiamo il declassamento dell’ospedale di Tortona, sostiene l’operato del proprio omologo campano. Misteri del PD.
In Campania, 394 parti, il TAR concede la sospensiva
Non solo il governatore, ma anche il Sindaco di Cava de’ Tirreni parte lancia in resta per difendere con le unghie e con i denti il proprio ospedale: ricorre al TAR chiedendo un provvedimento d’urgenza che, in attesa della definizione del giudizio di merito, determini la immediata riapertura del reparto. E lo ottiene a tempo record.
“Rivendichiamo il diritto della piena efficienza e del rafforzamento anche strutturale dell’ospedale” spiega il Sindaco Servalli. “Di certo non si fermeremo e siamo in testa a quanti con orgoglio e grandissimo senso civico stanno lottando per il diritto della salute. Questi atti mettono a repentaglio la salute di una utenza di circa 92 mila persone”.
In pochissimi giorni (i reparti erano stati chiusi il 1° gennaio 2016) il TAR accoglie favorevolmente il ricorso del Sindaco di Cava de’ Tirreni, concede la sospensiva ed intima alla ASL di riaprire immediatamente i reparti, con la motivazione che “La continuità nell’erogazione di prestazioni sanitarie di primaria necessità in favore delle Comunità locali interessate, appare meritevole di salvaguardia a dispetto delle motivazione di matrice essenzialmente organizzatoria addotte dalle resistenti autorità sanitarie”.
L’udienza è fissata al 3 febbraio 2016, tra una settimana, 33 giorni dopo la chiusura dei reparti e con la sospensiva immediata. Se non è una vittoria piena, poco ci manca.
Chi volesse vedere nella vicenda sin qui esposta una lezione per i nostri politici locali, non sarebbe, probabilmente, troppo lontano da una possibile verità.
Annamaria Agosti