poesia - EIl nostro poeta dialettale ha lasciato questa terra, è ricordato per le sue liriche strettamente alessandrine ha donato parecchi scritti alla sua città, ai suoi abitanti, senza risparmio … quando c’era qualcosa da dire – o da ridire – era il primo a mettere il suo pensiero in versi. una testimonianza obiettiva.

Sandro Locardi è stato un personaggio vivo della nostra Alessandria. Qualcuno commentando su la sua personalità ha sostentuto: Me’ cla faç biti an pe’Tonti robi axe come ha potuto coordinare così tante cose? La spiegazione c’è, eccome!

La mamma appartiene alla famiglia Ferrari, quei bravi fabbri autori delle stupende cancellate a protezione delle incantevoli case dell’acquese, in parte documentate a Palazzo Robellini, nella nostra città termale; il padre chino sul desco del calzolaio in via Brescia, ora piazza della Gamberina: entrambi i genitori lo hanno cresciuto secondo le necessità del momento, desiderando un futuro per quel gracile bimbetto di nome Sandro, dagli occhi vivaci, un po’anche figlio d’arte, messo ben presto a bottega non appena terminato il corso di studi obbligatorio.

Il primo lavoro lo trova, ancora in età scolare, come commesso presso uno dei più rinomati bottegai – oggi si chiamerebbe gastronomia – della città, proprio in corso Roma: la via migliore, dove si fornisce la crema, dell’Alessandria bene.

Proprio con quel lavoro ha compreso la differenza fra i ricchi e poveri. Sgnur e pover – diventano l’oggetto di tutti i suoi scritti .. qula toula con ansuma in tapis bionc tut ricamà … qui bricer chi brilavu … , così una volta ha raccontato in piazzetta, la sua seconda casa, forse con una punta d’invidia, certamente con l’orgoglio di aver partecipato, seppur come lontano protagonista, a quel banchetto, almeno in parte, in maniera marginale, con la tutta la fantasia di un fanciullo undicenne; un avvenimento rimasto indelebile per tutta la sua esistenza.

Così è stato il nostro Sandro, un uomo armato solo di carta e matita, il quale ha saputo, in pochi tratti, descrivere le nostre abitudini, colpire nel segno i nostri difetti, tracciando, con le parole rigorosamente in diletto, una caricatura di tutti noi, dal pì pover al pì sgnur, presi di mira con la semplicità di un uomo semplice, come lo è stata tutta la sua esistenza.

Sandro, ricordo il tuo sorriso benevolo, qualche volta beffardo nei confronti dell’amaro tire anon c’mè cus po’. Ricordo i dispetti studiati, messi a punto per i ragazzi, quasi per dire: sta atent chit’ ciulu.

                                                                            Franco Montaldo


18 gennaio 2015