Il voto del Consiglio Comunale di Alessandria che, nei giorni scorsi, ha approvato il bilancio di previsione per l’anno 2014 può rappresentare una sorta di spartiacque tra gli anni del drastico risanamento dei conti dell’Ente e dei sacrifici per i cittadini – causati dal dissesto sulle cui ragioni è in corso in Tribunale un processo nei confronti dei responsabili – e l’apertura di una nuova fase per la comunità alessandrina nel segno di una graduale e certa ripresa. La conferma della giustezza di questa indicazione la si potrà avere solo nella prossima primavera allorquando i numeri del saldo del bilancio dovranno sancire il rispetto del “patto di stabilità”. Un obiettivo fondamentale che però si costruisce e si raggiunge nelle settimane e nei mesi che ci separano dalla fine dell’anno.
Per questo, nella dichiarazione di voto a sostegno del bilancio di previsione, ho chiesto, su questo decisivo aspetto, un particolare impegno al Sindaco, all’assessore al Bilancio, alla Giunta e alla dirigenza dell’Ente per un costante monitoraggio dei flussi di spesa del Comune, con uno specifico riferimento ai pagamenti in conto capitale previsti per i lavori del nuovo ponte Cittadella.
L’introduzione del “patto di stabilità” per gli enti locali ha origine e deriva dal Trattato di Maastricht del 1997 che stabilisce, per i governi dell’Unione europea, l’obbligo di non superare il 3% nel rapporto deficit/Pil e di rientrare al di sotto del 60% in quello debito/Pil. E rappresenta nel controllo dell’indebitamento netto la trasposizione delle politiche rigoriste europee nella dimensione territoriale degli Enti: Regioni e Comuni. Cogliere questo risultato diventa oggi fondamentale per il Comune di Alessandria che si trova – anche secondo la puntuale relazione dell’Organo di Revisione che ha analizzato le previsioni del bilancio e registrato il risanamento effettuato – nelle condizioni di conseguire gli obiettivi di finanza pubblica negli anni 2014, ’15 e ’16. La stessa relazione elenca nel dettaglio le sanzioni e i divieti conseguenti al mancato rispetto del patto che riguardano, tra l’altro, l’impossibilità per i comuni di ricorrere a mutui e prestiti per investimenti e il divieto ad assumere personale a qualsiasi titolo. Il non rispetto degli obiettivi stabiliti negli anni che hanno seguito la dichiarazione del dissesto: 2012 e 2013, hanno già comportato per il Comune minori trasferimenti statali per almeno otto milioni di Euro!
Superare questa condizione e non continuare a trascinarla anche nel 2015 significa rendere credibile l’impegno per la ripresa della città contenuto nella Relazione Previsionale e Programmatica che indica le linee strategiche dell’Amministrazione per i prossimi due anni. Il risanamento ha comportato una fortissima riduzione della spesa corrente che ha ormai raggiunto livelli non più comprimibili per i compiti e i ruoli che deve assolvere un comune capoluogo di provincia. Nel complesso la struttura dell’Ente è stata difesa anche se la pianta organica è scesa da 828 a 710 unità, mentre gli occupati effettivi sono 680. Non sono mancati nel periodo i disagi e le sofferenze, in parte ancora presenti, per il mancato rinnovo dei contratti a termine, la messa in liquidazione di società, la cassa integrazione in deroga, la riduzione dell’orario attraverso il part-time, il fallimento di aziende partecipate. Rispondono ai nomi di Aspal, Tra, Costruire Insieme, Atm, Amiu. La scelta di difendere il lavoro e l’occupazione, pur nelle difficili condizioni date, si è comunque rivelata lungimirante e, infine, ha portato a normalizzare anche il rapporto con le stesse organizzazioni sindacali.
Il Sindaco – cui va dato atto di aver creduto a questa impostazione – in più occasioni ha però riferito come nel corso di suoi incontri con associazioni imprenditoriali, significativi rappresentanti di soggetti privati della città e anche nel dibattito del suo partito, il PD, sia emersa una posizione di critica per la difesa della struttura pubblica, dei suoi dipendenti e delle società dei servizi. Costoro avrebbero preferito scelte più drastiche nella riduzione dei dipendenti del comune e delle aziende pubbliche. Una posizione che considero profondamente sbagliata, non solo per i suoi discutibili aspetti sociali, ma principalmente sotto il profilo economico. A sostegno di questa posizione prendo in prestito un concetto dell’economista Mariana Mazzuccato – la quale, sul rapporto tra pubblico e privato, ha di recente scritto un libro importante: “Lo Stato Innovatore” – che chiarisce come la bassa crescita non dipende dalla presenza di un settore pubblico ‘burocratico’ che ostacola un settore privato altrimenti dinamico e innovativo. Il problema, al contrario, è che: “in assenza di un settore pubblico dinamico e innovativo, lo sviluppo e la crescita nel settore privato è impossibile da ottenere”.[1]
Un indirizzo, a suo dire, valido e sperimentato sia nella dimensione internazionale – gli Stati Uniti – che in quella nazionale e territoriale. Per tornare a noi la critica, se mai, andrebbe indirizzata nei confronti dell’efficacia e dell’efficienza dell’Ente e sul funzionamento delle aziende e la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Non alla tenuta dimensionale del comparto pubblico, all’azione in atto per il risanamento, l’innovazione e la riorganizzazione delle aziende e dei loro risultati. Azioni indispensabili per riattivare un volano economico nella città che dovrebbe favorire un analogo impegno dei soggetti privati. Mentre miope è sperare, come la semplificazione dei giudizi critici palesa, di lucrare su qualche spazio di attività, oltretutto non sottoposto alle logiche di una normale concorrenza, lasciato libero dal settore pubblico.
Anche per questo ha ragione da vendere il presidente della Regione Sergio Chiamparino quando auspica in Piemonte la ripresa delle attività manifatturiere. Se ciò è vero per Torino, dove l’offerta di iniziative terze, dal turismo ai beni culturali, non è certo confrontabile con le nostre possibilità, a maggior ragione vale per Alessandria. E se nella capoluogo di regione qualche autocritica dovrebbe essere pur fatta per come si è realizzato un così forte ridimensionamento di un settore industriale rilevante come quello dell’auto che ha avuto anche pesantissime conseguenze sull’indotto, le ragioni del nostro declino vanno ricercate nella sparizione di interi comparti produttivi che sono avvenute negli ultimi decenni del secolo scorso: il metalmeccanico, il tessile, il calzaturiero, il settore argentiero. Decine e decine di aziende chiuse e migliaia di posti di lavoro persi. E mentre ciò accadeva ci si è per anni baloccati con le mirabolanti prospettive che avrebbe dovuto assumere la logistica, in sostituzione dell’industria, senza considerare che se vengono meno le produzioni forse anche il trasporto dei prodotti è destinato a incontrare delle difficoltà. Questo è il campo dove, se ci sono, si devono esercitare nuove idee, concrete proposte e capacità manageriali da parte di soggetti privati per la ripresa di attività manifatturiere. Certo con prodotti in grado di competere nei segmenti alti della qualità e dell’innovazione.
Tornando da dove siamo partiti, rimango convinto che il rispetto del “patto di stabilità” nel bilancio comunale di quest’anno risulta fondamentale per ciò che il pubblico è tenuto a realizzare, dopo i duri anni della crisi, per favorire la ripresa e il rilancio di Alessandria. Soprattutto per questa ragione, nella dichiarazione di voto favorevole al bilancio di previsione, ho fatto presente che, a meno di fatti nuovi e incontrovertibili, per me sarà difficile sostenere e approvare un saldo di bilancio che non cogliesse questo obiettivo.
Renzo Penna Capogruppo SEL Consiglio Comunale Alessandria
8 ottobre 2014