Non si placa il grido d’allarme sulle patate straniere “spacciate” per italiane.
A Castelnuovo Scrivia, da sempre territorio vocato per la produzione di patate e cipolle, il problema è particolarmente sentito dai numerosi produttori della zona.
Un’area dove è stato intrapreso un maggiore impegno produttivo di patate dopo la chiusura dell’ex zuccherificio di Casei Gerola, come alternativa al mancato investimento di migliaia di ettari di bietole: circa 250 gli ettari coltivati a patate da consumo a cui se ne aggiungono altri circa 60 destinati all’industria per una produzione di circa 100.000 quintali per il mercato “da fresco” e relativi 30.000 per i tuberi da trasformazione che da Castelnuovo Scrivia e paesi limitrofi ogni anno vengono collocati sui mercati e sui banchi della grande distribuzione. Quantità che però la crisi sta mettendo a dura prova sia per quanto riguarda il costo delle produzioni, del lavoro e delle mancate liquidazioni.
“Si tratta di un tubero particolarmente apprezzato per le sue caratteristiche che vanta una storia agronomica ed economica ormai secolare in tutti i comuni della Bassa Valle Scrivia che può contare su di una qualità oggettiva, ma sovente percepita con difficoltà dal consumatore nel caso di prodotti considerati, a torto, poveri o scarsamente differenziati come la patata: ecco perché è fondamentale la rintracciabilità, ed è necessario sottolineare quanto la mancata chiarezza sulle importazioni dall’estero danneggi chi lavora e produce onestamente. Oggi almeno 4 tuberi su 10 risultano di provenienza straniera ma venduti come Made in Italy: una visione, a mio parere, sin troppo ottimistica”.
Roberto Paravidino, Presidente della Coldiretti di Alessandria, con queste parole punta il dito contro l’italian sounding che ormai non risparmia più alcun comparto dell’agroalimentare portando via al Bel Paese qualcosa come 60 miliardi di euro all’anno.
“Ma l’inganno – afferma il Direttore della Coldiretti alessandrina Simone Moroni – colpisce anche i produttori che subiscono la concorrenza sleale di prodotto importato, ma “spacciato” come nazionale. Numeri che parlano chiaro: l’Italia consuma 21 milioni di quintali di patate, ma ne produce solo 15 milioni e ne importa 6 milioni. La truffa della falsa etichettatura favorisce i truffatori, che acquistano a prezzi più bassi all’estero ma vendono a prezzi italiani. La produzione nazionale di patate nel 2013 ha superato di poco il miliardo di chili mentre le importazioni hanno sfiorato i 700 milioni di chili dei quali quasi la metà provenienti dalla Francia. E il 2014? E’ iniziato con un aumento del 5 per cento delle importazioni dall’estero”.
Questa è la battaglia di Coldiretti: basti pensare che proprio le patate risultano essere gli ortaggi più consumati dagli italiani che hanno il diritto di conoscere la provenienza reale del prodotto che acquistano.
“Da qui l’istituzione da parte di Coldiretti della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” – continuano Paravidino e Moroni – per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, proprio con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità”.
Importante l’avvio dell’inchiesta della Procura di Bologna sulla commercializzazione di patate vendute come nazionali, ma provenienti dall’estero con una decina di persone indagate.
5 maggio 2014