Visto che a differenza dei giornali cartacei noi non abbiamo problemi di spazio, pubblichiamo per intero il Bilancio di Fine mandato della Giunta guidata dal Sindaco Lorenzo Robbiano.
Relazione e saluto finale del Sindaco,
Lorenzo Robbiano,
nella seduta del
Consiglio Comunale del 28 aprile 2014
Signor Presidente del Consiglio Comunale,
Signori Consiglieri,
Con l’approvazione del Bilancio Consuntivo 2013, si chiude il mandato amministrativo iniziato nel 2009 e per chi vi parla termina il secondo mandato da Sindaco, così come previsto dalla legge, legge che ho sempre considerato giusta.
Sul piano personale termina anche un periodo lungo, forse troppo lungo, di permanenza in queste stanze. In quest’aula entrai per la prima volta nel 1985, come consigliere comunale e vi sono rimasto fino ad oggi, in diversi ruoli.
In apertura di questo intervento vorrei ringraziare tutti coloro che ci hanno supportato e sopportato in questi lunghi anni.
Per quanto riguarda questo mandato amministrativo voglio innanzitutto ringraziare tutto il Consiglio Comunale, con cui abbiamo condiviso difficoltà che non sono poi tanto diverse da quelle vissute dai Consigli Comunali di molte altre città.
Ringrazio il Presidente del Consiglio Comunale per il rapporto di correttezza che si è instaurato in questi cinque anni, sempre improntato al rispetto del ruolo istituzionale reciproco.
Ringrazio gli Assessori che hanno lavorato in questi anni con serietà ed onestà, affrontando i problemi che sono propri di un mandato amministrativo.
Ringrazio il Segretario e Direttore Generale, dr. Angelo Lo Destro e il Vice Segretario dr. Roberta Nobile, con i quali mi sono rapportato quotidianamente nei due miei mandati da Sindaco. Li ringrazio per la lealtà che mi hanno sempre dimostrato e per la competenza che hanno messo a disposizione, soprattutto nei momenti più difficili. Con loro ringrazio i collaboratori più stretti, quelli dello staff del Sindaco, senza i quali non avrei potuto lavorare con serenità.
Ringrazio i dirigenti di questo Comune che hanno permesso, con il loro lavoro, di far crescere, nonostante le difficoltà, la nostra municipalità.
Ringrazio tutti dipendenti comunali per il lavoro che svolgono quotidianamente e che non sempre, specie di questi tempi, viene riconosciuto fuori dalle mura del “Palazzo” inteso in senso lato.
E’ stata una lunga traversata.
Lasciamo un Comune in regola con i conti. In questi anni abbiamo attuato politiche amministrative di bilancio che ci permettono, oggi, di consegnare a chi verrà a sedere su questi banchi dopo le prossime elezioni amministrative una situazione di bilancio in equilibrio; abbiamo rispettato il patto di stabilità.
Sono stati, questi ultimi, anni difficili. I continui tagli subiti dagli Enti locali ci hanno costretti ad attuare politiche di sacrifici, di contenimento della spesa anche a scapito di alcuni servizi, ma non ci siamo mai dimenticati del sociale, di quelle persone che soffrono, che oggi sono tante e purtroppo nel breve periodo non sono destinate a diminuire, semmai il pericolo è il contrario.
I servizi sociali sono stati in questi ultimi anni uno degli impegni maggiori e sono aumentati i settori di intervento. Grazie all’unità di intenti, registrata anche in questo Consiglio Comunale, abbiamo cercato, per quanto possibile di salvaguardare il nostro Ospedale.
Appena le leggi di stabilità ce ne hanno dato la possibilità, abbiamo improntato la politica fiscale su criteri selettivi per tutelare le fasce più deboli della popolazione. Vogliamo ricordare l’esenzione dall’addizionale Irpef sui redditi più bassi, la politica sull’Imu prima casa e, oggi, quella sempre sulla prima casa relativa alla Tasi. Le tariffe della mensa, degli asili nido e del trasporto scolastico sono rimaste ferme, anzi sono aumentate le fasce di esenzione per le fasce più deboli.
Per l’Amministrazione uscente, l’equilibrio di bilancio è stato ed è un valore importante che, ripeto, lascia alla nuova amministrazione i conti in regola.
Cosa sarebbe successo se non si fossero lasciati i conti in ordine? Se non fossero stati fatti dei sacrifici?
Il risultato, basta guardarsi intorno, sarebbe stato l’aumento delle aliquote della fiscalità al massimo livello e non per volontà nostra, ma perché così ci veniva imposto dalla legge. Ciò avrebbe colpito in maniera trasversale i cittadini.
Infine abbiamo notevolmente ridotto il debito del nostro Comune, alleggerendo così la spesa corrente da ratei di interesse passivo, questo senza trascurare gli investimenti, che, ovviamente, non sono potuti essere al livello degli anni migliori.
Lasciamo una città profondamente trasformata.
Chi ricorda ancora quel muro grigio che da via Ovada si sviluppava sull’allora traversa di Boscomarengo per finire in via Pietro Isola? Un muro che nascondeva ben duecentocinquantamila metri di area industriale siderurgica abbandonata da decenni?
Un “buco nero”, un cuneo che si inseriva nel tessuto urbano della città.
Quell’area, è bene ricordarlo, è stata interamente bonificata. Ci ha permesso di dare un ingresso dignitoso alla città, di dare un nuovo volto a via Ovada e di avviare anche una politica nuova sulla viabilità che tenesse conto, oltre che del passaggio delle automobili, anche dei pedoni, dei disabili, di chi va in bicicletta. Ci ha permesso di avviare quella politica delle rotatorie in città che hanno evitato molti incidenti stradali. Il Movicentro ha dato una nuova immagine di piazza della Stazione, rispetto alla spianata d’asfalto preesistente. Buona parte della piazza è diventata fruibile ai pedoni e oggi permette a chi si reca in stazione a piedi di camminare in sicurezza. Il parcheggio interrato ha dato un contributo al problema dei posteggi che è sempre crescente.
Non tutto ci è riuscito. Avremmo voluto trasformare anche l’area Z 3, ma, come è risaputo, non è stato possibile.
Molti degli edifici industriali abbandonati che erano presenti in città, all’interno del tessuto urbano, sono stati recuperati e riqualificati. Chi si ricorda della Vetrofax, della Freddindustria, del Molino Moccagatta di via Garibaldi, tanto per citare alcuni esempi?
Il nostro centro storico è stato in gran parte riqualificato a partire dalle reti acquedottistiche, fognarie, del metano e anche nella pavimentazione. Certo, resta ancora molto da fare.
Non vi è dubbio che la crisi economica generale abbia inciso profondamente in un processo di possibile sviluppo che era ben avviato e ci ha accompagnato almeno fino al 2008.
Non abbiamo trascurato gli investimenti, si diceva prima.
I nostri sforzi in questi anni sono stati rivolti, in particolare, nei confronti della scuola, quella pubblica, poiché abbiamo ritenuto e riteniamo che la scuola è, e deve rimanere pubblica.
Sono stati realizzati molti interventi sugli edifici scolastici. Ancora ce ne sono da fare, ma vogliamo qui ricordare la nuova scuola “Martiri della Benedicta”, costruita con criteri di eco sostenibilità e di risparmio energetico, recuperando in parte anche la cultura delle case in terra, sulla quale abbiamo lavorato per tanti anni. Oggi abbiamo aderito alla proposta del Governo nazionale proponendo un intervento importante sull’edificio scolastico di viale Saffi per la messa a norma dal punto di vista sismico e del risparmio energetico.
Ci siamo impegnati a fondo sui temi del risparmio energetico. Questo molto prima della firma del Patto dei Sindaci, per il quale questo Consiglio Comunale ha autorizzato l’adesione.
Anche in questo caso c’è ancora molto da fare. Il Pen.co (Piano energetico comunale) votato in Consiglio, è stato sicuramente la pietra miliare per il quale è iniziato un lavoro organico sul tema. Crediamo che questo sia un settore che non si possa eludere nei prossimi anni.
L’abbiamo fatto trasformando gradualmente l’illuminazione pubblica con lampade a led o ad elevato risparmio energetico, attrezzando edifici comunali con pannelli fotovoltaici, conducendo una battaglia, non facile, per realizzare il bio-digestore che trasforma il rifiuto organico in energia elettrica. Non è stata una battaglia facile, ripeto, ma siamo arrivati in fondo: c’era chi non ci credeva e forse c’erano altri interessi a cui non andava bene un impianto pubblico che produceva energia. Come, a suo tempo, ci fu chi non credeva nella raccolta differenziata dei rifiuti, che certo non è perfetta, si può far meglio e di più, ma oggi sta dando i suoi frutti. Anche questo è un discorso culturale: bisogna cambiare l’accezione di rifiuto, cioè qualcosa da buttare, che non serve più, in quello di materia seconda, qualcosa che si può riutilizzare; non è difficile, basta pensare che quando si mette fuori dalla porta il sacchetto dell’“organico” questo diventerà energia.
A proposito di cultura, negli ultimi anni non abbiamo trascurato questo tema, pur sapendo che qualcuno lo considerava un lusso. Non abbiamo trascurato il tema della cultura diffusa: non solo abbiamo mantenuto la stagione teatrale, quella musicale, ma abbiamo sviluppato iniziative nelle scuole, sul territorio, consapevoli che, a maggior ragione nei momenti di crisi, sia fondamentale mantenere e sviluppare i momenti di aggregazione culturale poiché solo con il confronto delle idee, con la elaborazione di nuovi scenari, possono nascere nuove proposte per lo sviluppo economico e del territorio.
Abbiamo un centro culturale (biblioteca, archivio storico, sale conferenze) all’onor del mondo, molte altre città in provincia ci invidiano il Centro Capurro. Anche qui si poteva fare di più e meglio? Può darsi, chi verrà dopo di noi troverà un patrimonio importante, un patrimonio di tutta la città. In questi anni il centro Capurro è diventato punto di riferimento di tanti cittadini, dai più piccoli agli anziani, superando ciò che, un tempo, era luogo di incontro per pochi.
A fatica, sottolineo: a fatica, siamo riusciti a trovare i quattrini per recuperare la parte storica del Teatro Marenco.
A volte abbiamo sentito dire che sarebbe un lusso.
Tutt’altro! Il “Marenco” dovrà essere non solo un bel teatro, recuperato con le caratteristiche architettoniche, (un gioiello da questo punto di vista), che ci hanno lasciato coloro che sono venuti prima di noi, ma dovrà essere oltre che momento di aggregazione culturale e sociale per la città, anche motore per il rilancio del centro storico. Lo era già nelle intenzioni quando si iniziò a pensare al recupero del teatro. Oggi, a maggior ragione, con la crisi del commercio, dovuta alla crisi generale, dovrà svolgere quel ruolo importante per rilanciare tutto il centro storico.
Motore di quella “galleria d’arte all’aperto” che è il nostro centro storico, con i suoi Palazzi Dipinti. Una “galleria d’arte all’aperto” che deve essere vissuta da tutti noi con orgoglio, quale patrimonio culturale da salvaguardare ma soprattutto da valorizzare ulteriormente, perché rappresenta il valore aggiunto che può e deve avere il centro commerciale naturale. In questi anni molte persone provenienti da fuori città hanno apprezzato il nostro centro storico per le sue caratteristiche architettoniche, per la storia e la cultura che viene trasmessa dai suoi bei Palazzi. Anche qui, si tratta di un patrimonio cittadino, per molto tempo trascurato, specie nel secondo dopoguerra, che in parte è rinato negli ultimi due decenni e che è possibile ancora valorizzare.
La storia di una città è parte fondamentale del vivere bene e bisogna essere in grado di farla amare anche da chi viene da terre lontane. Ma prima di tutto dobbiamo esserne consapevoli noi, dobbiamo rispettarla e valorizzarla. Come è stato fatto con il Museo dei Campionissimi che è diventato momento di incontro soprattutto degli amanti del ciclismo, ma non solo.
Pur con tutti i limiti di risorse, il Museo ci ha permesso di fare grandi mostre in città che hanno portato visitatori, incrementando il turismo con dati sempre crescenti in questi anni.
Così come la politica cresciuta intorno al centro fieristico Dolci Terre di Novi, per la valorizzazione dei prodotti tipici locali, ha dato i suoi frutti, anche in termini culturali, poiché anche i prodotti locali, prima ancora di essere un elemento economico importante, sono parte di un’identità del territorio che non solo non deve essere trascurata, ma deve essere promossa e valorizzata, ed è fondamentale oggi per attirare sempre più visitatori in città. Un turista sceglie di andare a visitare un territorio se questo offre delle peculiarità di qualità che altri territori non possono offrire, semplicemente perché non hanno lo stesso tipo di cultura, ma ne hanno un’altra.
Non abbiamo nulla da invidiare ad altri territori, ad esempio, per quanto riguarda la parte collinare, che va salvaguardata. Speriamo che il prossimo Consiglio Comunale trovi la strada per farlo e soprattutto si ponga l’obiettivo della certificazione di quella quota di territorio di pregio, che è sempre stata vocata alla produzione vitivinicola, fin dal 1800, e che rappresenta oggi una ricchezza per la nostra città e per il novese.
La vocazione della nostra città, a partire dall’800, è stata industriale. Non è il caso di fare qui la storia, certo è che, nel tempo, una classe imprenditoriale novese è stata in grado di promuovere e rinnovare l’industria, dalla seta, all’acciaio, al vetro al settore dolciario.
C’è stata anche una classe operaia, mi si passi il termine che alcuni considerano desueto, ma desueto non è, e un sindacato dei lavoratori, che hanno saputo gestire i processi di ristrutturazione, senza costruire barricate, consapevoli che la salvaguardia del posto di lavoro era l’obiettivo principale. Anche questa è cultura! Una vera classe industriale novese, come è stato per molti decenni, oggi non esiste più, ma esiste ancora un tessuto industriale molto importante che va salvaguardato, certamente nel rispetto delle regole.
In questi anni di crisi il settore industriale ha sostanzialmente retto, soprattutto la grande industria, quella dei grandi marchi. Anche questa è una ricchezza della città, di tutta la città, di chi ha creato le aziende, ma anche di chi ci ha lavorato, umilmente, da operaio, con serietà. Se nel tempo sono arrivati imprenditori da fuori città è proprio per quei valori.
Di questi tempi, c’è chi parla di “decrescita felice”, spesso demonizzando i problemi che l’insediamento di nuove attività industriali pongono. I processi crediamo debbano essere governati, in questa città spesso sono stati governati, non senza problemi e contraddizioni. Ci sono anche state tensioni, ricordiamo il recente caso Maruzzella, ma potremmo ricordare, a chi se ne fosse dimenticato, i problemi suscitati dal possibile insediamento di una raffineria di petrolio nella Frazione Merella.
Crediamo che il pragmatismo che ha contraddistinto le varie amministrazioni succedutesi dal secondo dopoguerra abbia fatto crescere il settore industriale in questa città. Negli anni ’70 vi fu la grande intuizione, tra le prime in Italia, di costruire il Consorzio di Bonifica dello Scrivia, una scelta intelligente che permise di gestire il problema degli scarichi industriali e al tempo stesso di dare acqua buona, non solo pulita, alla città. Oggi con la firma del Patto dei Sindaci e l’adozione delle scelte conseguenti abbiamo fatto, e spero si continui a fare in futuro, una politica energetica all’altezza dei tempi che tutti noi abbiamo di fronte.
E’ nostra convinzione che, in questo contesto, la questione del Terzo Valico ferroviario possa essere una grande opportunità per il nostro territorio, in grado di creare sviluppo economico ed occupazione.
Anche in questo caso non vogliamo scomodare la storia, ma ognuno di noi provi a dare risposta a questa domanda: quale sviluppo avrebbe avuto il nostro territorio se nel 1850 la strada ferrata non fosse arrivata a Novi? Novi diventò all’epoca il naturale retroporto del Porto di Genova.
Negli anni recenti c’è stato chi, e c’è ancora, avrebbe voluto che demonizzassimo il Terzo Valico, chiudendoci in una sterile battaglia di retroguardia, senza cercare di gestire un processo che non dipendeva da noi, ma che se non avessimo tentato di governarlo l’avremmo subito interamente e chissà con quali danni e problematiche per tutti noi.
Visto che non abbiamo demonizzato il Terzo Valico, a volte siamo noi ad essere stati demonizzati, pazienza.
Ma se il Consiglio Comunale di questa città, in maniera solitaria rispetto agli altri Comuni, non avesse approvato la famosa delibera del 2005, di oltre settanta pagine, poi assunta quasi totalmente dal CIPE, in questi ultimi anni avremmo avuto la possibilità di discutere ed ottenere risultati?
Se non avessimo condotto le nostre battaglie a viso aperto e con trasparenza, ora insieme agli altri Comuni, ci sarebbe oggi il protocollo sull’amianto che prima di tutto tutela i lavoratori dei cantieri e i cittadini?
Ci sarebbero i protocolli sulla salvaguardia delle risorse idriche?
Ci sarebbe il tentativo, non ancora certo, di far trasportare lo smarino via ferro piuttosto che su gomma, eliminando un notevole traffico stradale?
Ma il Terzo Valico ferroviario, oggi più di ieri, può essere vissuto dalla città come una grande opportunità e non come una disgrazia per la quale “piangersi addosso”.
Chi pensava che la nostra battaglia sull’eliminazione dello “shunt” fosse perduta fin dall’inizio, ha dovuto ricredersi nelle scorse settimane.
L’eliminazione di questa “tratta” di linea ferroviaria mentre, ovviamente, evita l’occupazione di un pezzo di territorio di circa sette chilometri, che proprio non è uno scherzo, permette l’alimentazione dello Scalo di Novi San Bovo, questo era l’obiettivo principale. L’avevamo scritto nel lontano 2005, abbiamo impiegato nove anni per ottenere quel risultato, ma alla fine ci siamo riusciti.
Si tratta ora di valorizzare il risultato.
Di sfruttare un’opportunità che solo con l’iniziativa politica di chi ci crede e con “il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà” e un pizzico di caparbietà, può essere ottenuto.
Oggi il Porto di Genova sta crescendo, le previsioni sono di un raddoppio della capacità di movimentazione degli attuali due milioni di containers entro il 2015. Non solo, ma questa crescita è fortemente determinata dall’esportazione dei prodotti italiani all’estero. Se all’inizio degli anni duemila le previsioni di movimentazione del porto erano mirate soprattutto all’importazione, oggi molte aziende italiane hanno l’esigenza di esportare. Il Terzo Valico e gli investimenti che stanno per essere fatti nel porto, possono essere il percorso per l’esportazione dei prodotti italiani, soprattutto alimentari. Non solo ma, visto che Genova non ha grandi spazi per la movimentazione delle merci, la pianura padana può essere il territorio dove si possono insediare aziende della logistica per diventare una piattaforma per il trattamento dei prodotti alimentari. Questo sviluppo è già in corso, lo dicono i dati economici.
Per restare in tema: è un treno che sta passando, vogliamo salirci? Sapendo che stiamo parlando di sviluppo e che stiamo parlando di lavoro. Con gli altri Comuni interessati al tracciato stiamo lavorando anche su questo. Tra qualche settimana, per quanto riguarda Novi, toccherà alla nuova Amministrazione Comunale lavorarci, lo voglia o no.
L’alternativa, ancora una volta, sarà la pura e semplice testimonianza del “salva coscienza” oppure cercare di gestire un processo che può portare sviluppo e lavoro a questo territorio.
Ci sono poi opportunità emergenti, che sono: la possibilità di ottenere investimenti con le cosiddette opere di accompagnamento del Terzo Valico e quelle dettate dai fondi europei per il periodo 2014/2020; per queste ultime, la Regione Piemonte non ha ancora approvato il Documento di Programmazione, ma si presume che sarà uno dei primi atti che varerà la nuova Giunta Regionale dopo le elezioni del 25 maggio. Si tratta di due grandi opportunità per Novi e il novese che, a nostro parere, devono essere sfruttate appieno.
In questo contesto assume grande importanza il Piano Strategico approvato recentemente dal Consiglio Comunale. Chi verrà dopo di noi troverà un lavoro già fatto che può essere propedeutico ad una variante generale al piano regolatore della città, ovvero a varianti parziali per dare sfogo alle esigenze immediate che gli eventi determinati dall’andamento del mercato potranno richiedere.
E’ stato un lavoro lungo, anche difficoltoso, che ha messo in relazione soggetti diversi della società novese ma non solo novese, che ci ha allargato gli orizzonti, che ci ha fatto uscire dalla routine quotidiana. Per questo, in primo luogo, è più che doveroso ringraziare i membri del Comitato scientifico che, gratuitamente ci hanno aiutati nell’analisi dei problemi e nella ricerca delle proposte per la nostra città e per la zona novese. Speriamo che in molti lo leggano, prima di tutto i nuovi Amministratori che verranno dopo le elezioni amministrative, quelli di voi che si ritroveranno a sedere in questi banchi e quelli nuovi ai quali, se possiamo dare un consiglio, diciamo di affrontare il compito che verrà loro assegnato dagli elettori con tanta umiltà, con spirito di servizio per la nostra comunità e con lo studio dei problemi per quello che sono senza inseguire le voci che si rincorrono nei corridoi o, mi si permetta una battuta polemica, sui giornali. La realtà è sempre più articolata di come viene rappresentata dalle voci o dagli aspetti emotivi, che non tengono mai conto della situazione nel suo complesso.
Crediamo che un buon amministratore debba ascoltare tutti, sapendo però che non sempre le persone sono portatrici di interessi collettivi, al contrario spesso, non sempre, sono portatori di interessi particolari, per non dire privati, e occorre poter scegliere avendo sempre come riferimento, appunto, gli interessi collettivi della cittadinanza tutta.
E’ difficile, se non impossibile, accontentare tutti; è più facile scontentare il meno possibile.
Avviandomi al termine di questa non breve relazione, mi si permetta una nota personale.
Ho detto più sopra che è stata una lunga traversata. Mi riferivo, ovviamente, a tutti gli anni che ho passato su questi banchi.
Una lunga traversata piena di momenti difficili ma, perché nasconderlo, anche di grandi soddisfazioni. Ho cercato, direi brevemente, di spiegarlo prima; anzi direi che dal mio punto di vista sono di gran lunga superiori le soddisfazioni rispetto ai momenti complicati.
Quest’ultimo mandato amministrativo è sicuramente stato il più difficile non solo per le ragioni rammentate più sopra: la crisi economica, i tagli alla spesa, la forte limitazione degli investimenti che hanno creato non poche difficoltà.
E’ stato difficile in primo luogo per come si è sviluppata la campagna elettorale del 2009. Mai campagna elettorale è stata così pesante e violenta come quella, iniziata addirittura un anno prima del giorno delle elezioni. Pur avendo intorno a me tante persone che mi hanno sostenuto, ci sono stati momenti in cui mi sono sentito solo di fronte a quel fiume di menzogne che venivano usate in quelle settimane e in quei giorni. La magistratura poi ha dato ragione a chi parla e non solo a chi vi parla.
Penso, però, che la politica sia una cosa seria, alta, che debba confrontarsi con onestà e senza menzogne nell’aula del Consiglio Comunale, nelle istituzioni amministrative ai vari livelli, non nelle aule dei tribunali, magari come è successo nel caso in questione, in assenza (in tribunale si dice in contumacia) del querelato; d’altra parte anche in quest’aula l’assenza dell’interessato è stata tangibile per quasi tutto il mandato amministrativo.
Chi è eletto in questa assemblea, nella più alta assemblea cittadina, lo dico a chi si appresta a candidarsi, se non partecipa alle sedute non fa un dispetto al Sindaco, al Presidente del Consiglio, al gruppo nel quale è stato eletto; non ha, prima di tutto, rispetto per gli elettori che lo hanno votato. Allora è meglio non candidarsi, meglio stare a casa davanti al televisore o parlarci da dentro.
Quella campagna elettorale, penso, non abbia nemmeno fatto bene al centro destra, credo che in questi cinque anni abbia pesato molto nella capacità di elaborazione del centro destra stesso. Invece ritengo che l’opposizione abbia un grosso ruolo da svolgere, ad ogni livello istituzionale, in primo luogo perché nessuno è infallibile e non lo può essere neanche la più forte e coesa maggioranza di ogni consesso, ma soprattutto dal confronto delle idee ognuno di noi ha da imparare, nessuno nasce “imparato” come dicono a Napoli.
Sono convinto che questa situazione abbia pesato anche sulla maggioranza che non sempre è stata coesa, sia perché è il segno dei tempi (ne abbiamo esempio di quanto succede spesso in Parlamento, basti pensare all’elezione del Presidente della Repubblica di circa un anno fa), ma anche perché un’opposizione debole ha prodotto effetti negativi anche nella stessa maggioranza.
E’ iniziato male il mandato amministrativo, con la nota vicenda giudiziaria che ha visto il sottoscritto indagato e poi assolto. Ed è certo che quella vicenda abbia condizionato, soprattutto nei primi tempi non brevi, anche l’iniziativa amministrativa. Devo e voglio ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in quella fase e, in particolare, l’opposizione, il gruppo consiliare dell’allora Partito della Libertà, che non ha cercato di strumentalizzare la vicenda ma, anzi, ha assunto un atteggiamento garantista, non solo nei miei confronti, che personalmente ho apprezzato molto.
Infine ringrazio tutto il Consiglio Comunale per le iniziative che abbiamo condotto insieme, non solo quelle di solidarietà. Una per tutte, quella sul nostro Ospedale, che ci ha fatto vincere una battaglia per nulla scontata, che ha permesso una mobilitazione di tutta la città e ha dato risultati, forse, insperati.
Se c’è un tema che ha pesato sulla mia azione, particolarmente in questi ultimi anni, è quello del lavoro che non c’é. Ho cercato di mettere tutto il peso istituzionale, datomi dal ruolo, in ogni vertenza sindacale per cercare di portare un contributo alla soluzione dei problemi. Non solo e non tanto per la mia provenienza politica e nemmeno per il mio passato di sindacalista, ma perché credo che il lavoro, tutto il lavoro (quello dell’operaio come quello del professionista), sia l’elemento principale e prioritario della qualità della vita delle persone. Che il lavoro, prima ancora che elemento fondamentale per la sopravvivenza materiale, sia elemento fondamentale per la formazione e la crescita dell’essere umano.
Termino davvero. Sono entrato in questa sala da consigliere comunale e ne esco da Sindaco. Ci sono entrato perché volevo fare qualcosa per la mia città, perché dopo i miei figli, è la cosa che amo di più. Questi quasi trent’anni hanno ovviamente segnato la mia vita personale, ma se dovessi tornare indietro rifarei quella scelta.
Per Novi, per la mia città, per la città dove sono nato e vissuto ci sarò sempre. Sarò sempre disposto, se servirà, a dare una mano.
Durante la mia prima campagna elettorale nel 2004, avevo lanciato uno slogan. Qualcuno nel 2009 ha pensato di riproporlo, probabilmente credendo che sarebbe stato sufficiente copiarlo per spostare qualche voto. Ma quello non era uno slogan fatto a tavolino da qualche creativo per vendere una saponetta o un dentifricio.
Era un modo di sentire, di essere, di vivere, perché NOVI NEL CUORE o ce l’hai o non ce l’hai.
Grazie a tutti.
Lorenzo Robbiano