Quando vi piace così tanto un film-capolavoro cosa vorreste fare? Rivederlo, certo, ma il problema è che conoscete già la trama e quasi tutti i personaggi. Conoscete le scene e dopo averlo rivisto qualche volta lo accantonate, mentre sarebbe davvero bello poterlo rivedere ma con qualcosa di diverso.
Ecco questo deve aver pensato Peter Jackson quando ha deciso di realizzare la trilogia de “Lo Hobbit” trasformando un racconto di sole 300 pagine in una vera e propria epopea che ricalca la trilogia del Signore degli anelli scritta però 20 anni dopo.
La cosa era già evidente nel primo capitolo, “Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato” e lo è ancora di più in questo secondo capitolo dove vediamo personaggi che evidentemente nell’opera originale non c’erano come Legolas che poi ritroviamo nel Signore degli anelli, ma anche personaggi inventati come Tauriel l’elfo femmina uscito dalla penna della sceneggiatrice Philippa Boyens e magistralmente interpretata dal Evangeline Lilly (Real Steel, The Hurt Locker) che dà un tocco frizzante alla storia che altrimenti sarebbe stata solo battaglia e paesaggi incantati.
Il film non delude e prosegue nel racconto avventuroso di Thorin Scudodiquecia, Bilbo Beggins e Gandalf.
La storia è sicuramente appassionante e fila via liscia, il film è sicuramente bello e gli scenari sono semplicemente fantastici. Il 3D dà un tocco di perfezione e gli attori sono tutti molto bravi.
E’ l’epopea di Tolkien resa ancor più maestosa da Jackson, e se il drago parla come un umano, non fateci caso, nel Signore degli anelli erano gli alberi a parlare.
Il parallelo con la prima trilogia però ci sta tutto e per certi versi è come rivedere la prima trilogia ma con personaggi in parte diversi.
Forse i personaggi del Signore degli anelli avevano più spessore, nel senso che lì Jackson indugiava anche sulla personalità degli stessi e lo spettatori poteva capire, anche se a grandi linee la personalità e i problemi dei singoli personaggi.
Qui no: Jackson punta soprattutto sulla storia, sugli avvenimenti più concitati lasciando perdere dettagli sulla personalità dei protagonisti che qui, a differenza del primo, è molto sfumata e non si compre quale sia.
Quindi più azione, più effetti speciali, più spettacolarità, ma meno profondità e conoscenza della personalità dei personaggi. E’ una scelta del regista, va accettata.
14 dicembre 2013