ZÈNA


Qualcuno mi ha chiesto, qualche tempo fa, perché, in tutti i miei romanzi ci sia sempre Genova.

Non ho saputo rispondere, ho dovuto pensarci e ci ho pensato l’altro giorno quando invece di prendere l’uscita a Nervi mi sono infilato nel soffocante traffico da Quinto a Sturla e fino al centro, solo per andare a Sottoripa a cercare il mio pesto preferito; solo per spendere ancora dieci minuti nei carruggi, in Via San Lorenzo, in Via Garibaldi, prima di tornare nella triste pianura dei perenni foresti.

E ho capito perché Zéna mi perseguita: perché la amo.

Ai tempi delle Superiori ci andavo marinando la scuola: un giorno, alla stazione ferroviaria della mia fosca cittadina incontrai una ragazza con i capelli ricci, neri e lunghi; gli occhi profondi e sinceri e un sorriso che illuminava il mondo attorno.

La conoscevo poco, forse appena, e la salutai: “Dove vai?” le chiesi.

“A Milano, all’Università” mi rispose “e tu?”

“A Genova,” dissi “perché non vieni con me?”

“Non posso” ribatté e ancora oggi le rinfaccio puntualmente quel rifiuto, perché, anni dopo, ci amammo e la sposai. Sono passati venticinque anni da allora.

Ma quel giorno Genova mi entrò nel cuore al punto che, finite le Superiori, decisi di fare l’Università proprio lì.

E, piano piano, con la discrezione e un’indifferenza tutta ligure, iniziai ad amarla.

Non mi sono mai chiesto perché, finché qualcuno non me lo ha chiesto.

Ora, dopo tanti anni, penso di avere la risposta.

Genova ti entra dentro se appena le dai l’opportunità di farlo.

Ma non ti entra dentro grazie al suo bellissimo mare, all’acquario e alle belinate da turisti.

Genova ti entra dentro con i suoi carruggi, a iniziare da Via Pré, che puzzano di vita e di vite confuse; ti entra dentro perché ti schiaccia, schiacciata com’è lei, dai monti dell’Appennino sul mare.

Genova ti entra dentro perché Via Garibaldi è bellissima, ma non c’entra niente e non puzza, così come in Via Venti sono solo portici e negozi.

Genova è una bagascia bastarda che ti sorprende nelle osterie nascoste del centro o che ti stordisce di bellezza a Boccadasse e infine ti rilassa sulla Passeggiata di Nervi.

Genova è il simbolo, unico e irripetibile della vita: così bella e così dura; sincera, ipocrita… superba.

Genova è Montale, Genova è Faber.

E puoi starci tutta la vita, un mese, un giorno o solo qualche ora, ma quando te ne vai via, magari di notte, e dalla Sopraelevata osservi i palazzi maestosi che si affacciano sul Porto Antico, capisci che non c’è un posto migliore da amare.

È Zéna e basta.

Ecco perché.

Danilo Bottiroli