Nello scorso mese di aprile, i Nuclei Carabinieri Forestali delle due province, nell’ambito di una campagna di controlli lanciata a livello nazionale dal proprio Comando di vertice, hanno svolto massicci controlli sul corretto utilizzo delle cosiddette aree perifluviali, ovvero quelle fasce verdi a lato dei corsi d’acqua così preziose per la funzionalità idraulica in caso di piena così come per la biodiversità degli ecosistemi associati.
A 30 anni dall’ultima tragica alluvione del ’94 che colpì duramente il territorio, questa campagna risulta oggi particolarmente significativa e di sempre attuale significato, considerate le criticità di natura idrogeologica che la cronaca nazionale sempre più spesso ormai riporta.
La corretta osservanza delle norme a tutela del buon assetto idrogeologico è infatti sempre fondamentale per preservare l’incolumità dei cittadini e per prevenire i danni ingenti a strutture e infrastrutture quando accadano eventi meteorici molto intensi. La possibilità per le acque di scorrere liberamente senza incorrere in ostacoli naturali o antropici facilmente fluitabili è importantissima. In sintesi, la vegetazione naturale deve essere mantenuta allo stadio giovanile per rallentare la velocità della corrente e allo stesso tempo per evitare lo sradicamento delle piante con pregiudizio quindi per la tenuta dei ponti e per le esondazioni conseguenti.
Le infrastrutture umane devono essere dunque, quando possibile e previa opportuna pianificazione, difese con corrette protezioni spondali o tenute a distanza di sicurezza dai corsi d’acqua così come i coltivi e i pioppeti che, in certi tratti fluviali specificatamente individuati possono favorire l’erosione o ancora il trasporto verso valle di intere piante.
Gli illeciti più ricorrenti hanno riguardato la mancata osservanza delle fasce di rispetto dei fiumi, che invece di essere lasciate a una evoluzione controllata della vegetazione naturale sono state oggetto di lavorazioni agricole, aumentando considerevolmente l’erodibilità dei suoli. In alcuni tratti, considerati a particolare rischio di asportazione dal PAI (piano di assetto idrogeologico del bacino del Po), pur vigendo espresso divieto di pioppicoltura, sono stati evidenziati interi impianti per una superficie complessiva di ben 19,3 ettari (pari a circa 28 campi da calcio), di cui 11,5 in provincia di Alessandria e 7,8 in provincia di Asti.
Di particolare e sorprendente rilievo sono state poi le svariate occupazioni di demanio idrico fluviale senza la dovuta concessione della Regione Piemonte. 31 gli ettari abusivamente occupati in prossimità dei fiumi (pari a circa 45 campi da calcio) prevalentemente per scopi agricoli. Oltre a elevare sanzioni amministrative per un totale di 27.000 euro, i Carabinieri Forestali hanno informato le competenti autorità regionali per il recupero dei mancati canoni concessori, stimabili in circa 120.000 euro.
La campagna ha altresì contrastato aggressioni varie all’ambiente perifluviale quali la gestione illecita di rifiuti e l’abbandono di veicoli fuori uso, l’utilizzo scorretto del soprassuolo forestale, il prelievo abusivo di acqua e la realizzazione di opere in spregio ai vincoli urbanistici e paesaggistici.
Complessivamente 60 gli illeciti penali segnalati alle Autorità Giudiziarie competenti e 44 quelli di natura amministrativa per un importo totale di 57.983 euro, cosiddetto “in misura ridotta” se pagato dai trasgressori nei termini previsti.
I tratti verificati dei corsi d’acqua hanno riguardato i fiumi Po, Bormida e Tanaro e i torrenti Belbo, Borbera, Grana e Scrivia più alcuni elementi del reticolo idrografico minore, come i rii Torto (Novi Ligure) e Stura inferiore (Frassineto Po).