L’Amministrazione pontecuronese ha rinnovato con grande piacere domenica 19 la cerimonia della Bandiera del Gualdo, che da 30 anni – quasi ininterrottamente – viene riproposta per richiamare l’antica tradizione medievale. Il paese infatti è stato per almeno tre secoli, dal 1300 al 1600, uno fra i primi produttori del gualdo, vale a dire dell’ìsatis tinctoria, l’erba colorante di blu che, opportunamente macerata, schiacciata ed essicata in forma di palle chiamate “coccagne”, aveva dato ai paesi di questa zona il titolo di “Paesi della cuccagna”. In effetti il commercio del gualdo arricchì notevolmente questo nostro territorio, fino a quando l’importazione a basso prezzo dell’ìndaco, proveniente dall’Asia, spiazzò la coltivazione del gualdo.
La tradizione della bandiera, issata per secoli sulla torre civica, oggi su un apposito pennone di fronte all’antico Municipio, è stata “riscoperta” 30 anni fa dall’allora Sindaco Piero Bergaglio, sulla base della relazione che l’arciprete G. B. Spadini aveva stilato per la visita episcopale del 1879. Sul drappo a coda di rondine è scritto: “Ut fructus terrae dare et conservare digneris te rogamus audi nos. A fulgure et tempestate libera nos Domine”, vale a dire: “Signore, ascoltaci, ti preghiamo di concedere buoni raccolti alla terra e di conservarli, liberaci dai fulmini e dalla grandine.”
La bandiera, che un tempo indicava la festa del raccolto del gualdo, oggi è un simbolo di ringraziamento a Dio per i raccolti ottenuti, in tutte le attività, non solo quelle agricole. Nello stesso tempo è un’invocazione a Dio di protezione e sicurezza per tutti i Pontecuronesi.
Portata in corteo dalla chiesa di Santa Maria Assunta con spirito di gratitudine e di speranza dopo la benedizione del Parroco don Loris Giacomelli, la nuova bandiera è stata issata da Angelo Gueli, presidente dei volontari della Protezione Civile, alla presenza del vice sindaco Marialuisa Ricotti e del Consigliere Daniele Stafforini.