È gravissimo quanto emerso dal report di Greenpeace Italia sulla contaminazione da Pfas dell’acqua potabile piemontese. Nel 51% dei campioni di acqua analizzati negli ultimi cinque anni, 657 in totale, è stata riscontrata la presenza di sostanze perfluoroalchiliche. Come sappiamo il problema riguarda in particolar modo il territorio dell’alessandrino (ad Alzano Scrivia sono stati rilevati fino a 120 nanogrammi per litro di solo Pfoa, una molecola cancerogena), ma positività sono state riscontrate anche al di fuori, in particolar modo nel torinese, con oltre 70 comuni coinvolti incluso Torino, ma anche nel comune di Galliate, in provincia di Novara. Greenpeace stima che circa 125mila piemontesi possano aver bevuto acqua contaminata. 

Presenteremo una mozione per chiedere alla Giunta Cirio di attivarsi con estrema urgenza con un’analisi di tutte le acque potabili del Piemonte e depositeremo un’interrogazione in Consiglio regionale per ottenere delucidazioni su quanto emerso dal rapporto di Greenpeace, in primis per capire come mai fino ad oggi non siano mai stati fatti controlli capillari. È fondamentale comprendere dove le acque sono contaminate, con quale concentrazione, qual è la fonte dell’inquinamento e monitorare l’utilizzo dei filtri a carboni attivi, capaci di abbattere le concentrazioni di Pfas. Quando nel 2026 entrerà in vigore la normativa europea che limita la somma di Pfas a 100 nanogrammi per litro, cosa faremo dove i livelli registrati sono ben superiori? Chiuderemo i rubinetti? È necessario agire per tempo. 


Il problema delle sostanze perfluoroalchiliche è noto da molti anni, soprattutto per i cittadini dell’alessandrino. Fin dal mio insediamento ho combattuto in Consiglio regionale per trovare soluzioni che consentissero di monitorare e mitigare le contaminazioni. Nel 2020 ho presentato un ordine del giorno per chiedere il biomonitoraggio della popolazione di Spinetta Marengo, dove insiste un importante polo chimico. Un biomonitoraggio esteso a tutte le fasce di età e ai lavoratori residenti, anche in collaborazione con enti, istituti di ricerca e università. Con due successive interrogazioni ho sollecitato la Giunta regionale e finalmente, dopo tre anni, è stato avviato. Purtroppo è stato limitato a circa un centinaio di persone, fra cui alcune che non abitano nemmeno nei pressi del polo chimico. Un inizio, certo, ma che non è assolutamente sufficiente. A questo dovrà necessariamente seguire un piano di biomonitoraggio più esteso, capace di determinare con maggiore chiarezza la diffusione sulla popolazione delle sostanze perfluoroalchiliche.

Si è perso già troppo tempo, non ci sono più scuse. Serve un altro servizio de “Le Iene” affinché Cirio faccia qualcosa? Sull’emergenza Pfas non si può nascondere la testa sotto la sabbia, ne va della salute e della vita delle persone. 

Sean Sacco, Consigliere regionale M5S Piemonte