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A Tortona celebrato solennemente il Giorno del Ricordo

Gli esuli giuliani, dalmati e istriani, alle 11.00 si sono radunati al momento ai martiri delle foibe, per commemorare i morti, infoibati da parte delle truppe comuniste jugoslave al comando di Josip Broz Tito dette i titini.

I morti infoibati ufficiali furono 7.000 e 350.00 gli italiani che dovettero lasciare la penisola dalmata. Una emigrazione forzata, a partire da settembre 1943 che proseguì fino al 1955, per la maggioranza dei cittadini di nazionalità di lingua italiana della Venezia Giulia (comprendente il Friuli Orientale, l’Istria e il Quarnaro) e dalla Dalmazia, nonché di un consistente numero di cittadini italiani di nazionalità mista, slovena e croata, tutti coloro che diffidano del nuovo governo jugoslavo comunista e fu particolarmente rilevante in Istria e nel Quarnaro, dove si svuotarono dei propri abitanti interi villaggi e cittadine.


Hanno preso parte alla manifestazione, l’assessore Luigino Bonetti, il presidente del consiglio Giovanni Cuniolo, il capitano dei Carabinieri Domenico Lavigna, Capitano della polizia stradale di Alessandria. carabinieri della stazione di Tortona, l’assodarmi dei Marinai, della Polizia di stato e esuli e loro discendenti, nonché numero numerosi cittadini.

Don Augusto Piccolo, cappellano militare, ha benedetto la corona di alloro posta al monumento e dopo ha officiato la santa messa nella chiesa di San Michele.

Per le orazioni ufficiali ha preso la parola l’assessore Luigi Bonetti che ha letto una lettera del sindaco, e un rappresentante degli esuli, che per la verità ha fatto una apologia degli eventi quasi giustificando l’operato dei titini, poiché è partito dalla occupazione delle coste dalmate, da parte della repubblica di Venezia, e del regime fascista, che a suo dire hanno tentato l’italianizzazione delle aree, creando un odio con la popolazione locale che alla fine della guerra hanno voluto pareggiato i conti, e che errore hanno finito per perseguire anche chi con il regime non aveva niente a che fare, ma l’unica colpa era di essere italiani.

Il Presidente ANMI Giuseppe Calore

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