Nella serata dello scorso 4 giugno, in frazione Casale Popolo, alcuni ragazzi notano un giovane in macchina che scatta fotografie a delle abitazioni. Subito, sui social network divulgano la notizia della presenza di quello che credono un criminale. In pochi minuti, diverse auto si ritrovano in strada, rintracciano il ragazzo, lo fermano e lo circondano, chiedendogli spiegazioni del suo comportamento. La situazione degenera, si arriva alle minacce, il giovane viene costretto a scendere dall’autovettura e a consegnare le chiavi, poi gli vengono presi la macchina fotografica e il cellulare.
Il ragazzo cerca di giustificarsi, è impaurito – intorno a lui, una ventina di persone – dice di abitare lì vicino. Viene quindi fatto salire a forza su un’auto e costretto a indicare la strada fino a casa sua. La madre, vedendo il figlio condotto a forza da altre persone, chiama i Carabinieri, che arrivano e chiariscono la questione. Ma nel frattempo alcuni degli intervenuti sono scappati. Tutto finisce bene per il malcapitato, meno per gli altri, per i quali iniziano i problemi, perché i Carabinieri di Casale, nei mesi a seguire, effettuano le necessarie verifiche per accertare dinamiche e singole responsabilità dei numerosi partecipanti.
In quel periodo, si moltiplicano sui social network appelli e inviti a rintracciare i possibili aggressori. I Carabinieri di Casale intensificano i controlli e fanno sapere, ora come allora, che, qualora i cittadini notino autovetture o persone sospette, devono necessariamente chiamare il 112 per segnalazioni o richieste di intervento, evitando iniziative personali.
Alla fine, vengono denunciati un 33enne e un 54enne del posto, ritenuti i promotori dell’iniziativa, con l’accusa di rapina e violenza privata. Sono di primaria importanza la sinergia e lo scambio di informazioni tra le Forze dell’Ordine e il cittadino, che tuttavia non si deve mai sostituire arbitrariamente agli operatori di polizia.