A questa mia recensione o, per meglio dire, opinione circa ‘La Riviera Italiana. Da Ventimiglia ad Arenzano’ di Margaret Raymond Savelli trovo sia doveroso premettere di non essere avvezza a facili lodi né a esprimere con vana gratuità il mio punto di vista, e ciononostante ho avvertito l’esigenza di porgere a distanza un sincero ringraziamento all’autrice poiché è giusto rendere grazie a chi grazia dona.
La Riviera Italiana non è invero un libro per tutti né mira ad esserlo: è un testo scritto e meditato per un lettore colto, capace di scorgere e far proprio ciò che l’autrice con penna agilissima descrive e narra senza tuttavia approfittare del suo tempo o abusare della sua pazienza. Non una parola infatti è sprecata in questo racconto, non una riga è di troppo eppure nulla è tralasciato e la sensazione che si prova al termine della lettura di ogni capitolo dedicato a ciascuna delle località costiere della Riviera di Ponente è di conoscerne l’anima più intima, l’essenza più profonda.
Margaret Raymond Savelli è autrice raffinata, la cui solida esperienza accademica in ambito storico ed archeologico ben nota nel Regno Unito traspare dalla incredibile profondità della ricerca storica da lei evidentemente condotta con titanico sforzo per rendere edotto il lettore circa le alterne sorti di città che si fregiarono del titolo di Repubbliche Marinare e di piccoli villaggi che combatterono per la propria sopravvivenza in un territorio ostile, spesso in lotta di confine in confine quando non di strada in strada.
Tracciare in pochi paragrafi una storia che affonda le sue radici in epoche precedenti l’Età del Bronzo quale quella della Liguria è impresa ardua che tuttavia l’autrice affronta con solerzia, illustrando con la chiarezza che solo una solida e vasta cultura può donare i motivi profondi di ciascun avvenimento accaduto nelle singole località della Riviera di Ponente, senza né indulgere nell’autocompiacimento di un vuoto nozionismo accademico né tracciandone un quadro superficiale e privo di senso e profondità tanto diffuso nelle odierne guide turistiche.
Lo stesso spirito anima certo la scelta di nominare e far cenno soltanto ai monumenti più significativi per la storia della città o del paese considerati e descritti quali elementi del paesaggio custodi della memoria del luogo e non solo quali enti oggetto di fredda analisi artistico-archeologica – che tuttavia l’autrice dimostra di conoscere alla perfezione – offrendo nondimeno al lettore solo alcuni dati utili alla sua personale riflessione.
Se è poi vero che è il suo nome a racchiudere in sé il senso del luogo, Margaret Raymond Savelli non scorda di descrivere, con il tatto richiesto da una disciplina che spesso procede per ipotesi, l’etimologia dei toponimi liguri né tralascia di far cenno ai colori e ai simboli dei diversi stemmi comunali nel cui caleidoscopio di tinte e forme sono ricamati secoli di storia.
Gradita sorpresa del libro e troppo spesso dimenticata da testi di viaggio e guide turistiche è poi la ricchissima e spontanea flora ligure – tra le più varie d’Italia – che pur quasi soffocata dalle stupende coltivazioni di fiori che hanno dato nome ad un’intera Riviera sboccia nelle appassionate e puntuali descrizioni dell’autrice in tutto il suo rigoglio.
Conoscenza quanto mai rara quella della flora spontanea, offerta solitamente da testi specialistici, e che certo invita alla sosta lungo uno dei tanti percorsi a piedi descritti dalla scrittrice per ammirare questi bellissimi e fugaci doni della terra.
Silenzioso e onnipresente protagonista delle pagine di Margaret Raymond Savelli è però il Mar Ligure, mare ostico, profondo eppur di cristallina trasparenza che di generazione in generazione è stato solcato da minute navicelle e grandi velieri in cerca di lontane fortune.
Storie di navigazione e racconti di quotidiana esistenza a contatto con il mare si intrecciano e si susseguono capitolo dopo capitolo catturando certo l’interesse di chi, come colei che scrive, appassionato di vela, di mare e del suo imprevedibile animo non si stancherebbe mai di leggere.
È ancora il mare tuttavia a donare alla Liguria di Ponente il suo più grande tesoro, un clima dolce, salubre rinfrescato da venti di vette alpine tanto vicine alle onde da esserne accarezzate, dai fianchi ricoperti da chilometri di muretti a secco e foreste di argentei ulivi e rigogliosi vigneti.
Un patrimonio paesaggistico ed enogastronomico spesso poco noto cui l’autrice dedica amplissimo spazio tentando di far assaporare con le parole al lettore il fragrante sentore dell’olio color dell’oro e il cupo rosso del vino che cresce a ridosso di montagne rocciose.
Delicatezze per palati educati al sublime, alla rarità, che certo Margaret Raymond Savelli avvezza alle eleganti dimore di Londra conosce e comprende, delineando anche un ricettario ragionato in cui i piatti locali sono raccontati alla luce del loro legame con i prodotti della terra propri di ogni singola località o delle locali feste e tradizioni.
Da rilevare che alcune delle ricette riportate sono ripetute in più capitoli – seppur con alcune piccole varianti – rendendone talvolta superflua la rilettura ma la scelta della ripetizione può essere giustificata dall’immaginare una lettura per singole località.
Minuzioso quanto di estremo interesse è anche il racconto delle tradizioni e delle festività locali, spesso di antica origine e di grande fascino per il lettore appassionato di costume ed etnografia eppur tanto trascurate dalla moderna letteratura di viaggio di cui l’autrice dimostra di afferrare l’essenziale importanza per comprendere appieno l’anima del luogo.
Una doverosa menzione va infine allo stile e all’eleganza della scrittura di Margaret Raymond Savelli e grande punto di forza dell’opera.
Alcune dizioni talvolta utilizzate dall’autrice possono apparire rare agli occhi del lettore moderno ma ciò non è altro che uno dei tanti sintomi della decadenza della nostra nazione e della nostra lingua cui la Savelli, per metà italiana, tenta, nella misura in cui una singola scrittrice può, di opporsi.
Quando, ahimè, diversi decenni fa sui banchi del liceo studiavo Dante e Petrarca tutti noi conoscevano ancora la ricchezza della lingua italiana che va oggi purtroppo scomparendo, inghiottita da un mercato editoriale che vira sempre più verso il basso alla ricerca di facili e scempi consensi da parte di lettori insofferenti a qualsivoglia sforzo intellettuale.
L’opera di Margaret Raymond Savelli sa, tuttavia, essere elegante senza essere pretenziosa e popolare senza essere popolana, un’opera che non sarebbe stato difficile rinvenire in qualsiasi libreria di fine ottocento e che oggi risulta invece più rara di un giglio marittimo sulla sabbia.
Un libro che per ampiezza e profondità di argomenti trattati, pur riuscendo a conservare uno stile accessibile e ad evitare al lettore la noia di una scrittura vanamente colta, potrebbe certamente dare origine ad altri cinque, forse dieci libri, ed è ciò che personalmente auspico.
Rinnovo dunque in conclusione un sentito ringraziamento all’autrice Margaret Raymond Savelli per il suo impegno nella composizione di un testo destinato a portare una ventata di aria fresca nell’odierno irridente e puerile mercato editoriale e che rifacendosi alla secolare tradizione letteraria italiana tenta di illustrare tutta la bellezza del nostro paese senza ricorrere allo scempio impatto delle immagini ma tramite la leggiadria e la grazia dei modi.
Lettera firmata