Chi fosse Lidia Poët e quale sia stato il suo particolare apporto all’emancipazione femminile e al progresso sociale, la maggior parte degli italiani lo ha scoperto seguendo la prima stagione dello sceneggiato Netflix interpretata dall’attrice Matilda De Angelis e liberamente ispirato alla storia della protagonista. Sulla realtà dei fatti, invece, il pubblico tortonese, tra cui un nutrito gruppo di studenti e docenti dell’I.I.S. Marconi, ha potuto riflettere, nella mattinata di sabato 23 settembre, confrontandosi direttamente con l’avv. Chiara Viale, autrice del libro Lidia e le altre. Pari opportunità ieri e oggi. L’eredità di Lidia Poët.
L’interesse per questa straordinaria figura femminile, prima italiana ad avviare il riconoscimento della professione (e della professionalità) giuridica per le donne, è stato confermato dall’affluenza degli intervenuti alla Sala Giovani del Teatro Civico di Tortona, dove il Presidente della sezione A.N.P.I. di Tortona, nonché ex-sindaco della Città, l’avv. Marco Balossino, insieme ai colleghi avv. Giulia Boccassi e Fulvio Pastore, ha aperto l’evento, patrocinato appunto dalla sezione tortonese dell’A.N.P.I. e dallo stesso Comune di Tortona, e dedicata alla presentazione del volume.
Il libro di Chiara Viale, supportato da una significativa presentazione della giurista Marta Cartabia (lei stessa prima donna in Italia a ricoprire la carica di Presidente della Corte Costituzionale e poi Ministro della Giustizia) e dall’introduzione di Pierluigi Battista, non è una semplice biografia, ma, piuttosto, la storia di un conflitto etico, oltre che normativo e giuridico, conclusosi con una sofferta vittoria, pietra miliare nella realizzazione delle pari opportunità, ma non certo traguardo finale nell’azzeramento dei pregiudizi di genere.
Nonostante nulla prima di allora lo vietasse ufficialmente, soltanto con la legge Sacchi del
1919 fu consentito alle donne l’accesso (peraltro parziale) all’esercizio dell’avvocatura. La giovane Lidia, difatti, tentò l’esame per la pratica forense, superandolo con una votazione di quarantacinque cinquantesimi, già nel 1881, due anni dopo, nel 1883, si iscrisse all’Ordine professionale di Torino, accolta con otto voti favorevoli su dodici da parte della Commissione d’ammissione. Ma è chiaro che l’investitura della prima avvocata d’Italia non avrebbe potuto essere così lineare: i quattro commissari contrari all’iscrizione della Poët si dimisero dall’Ordine per protesta contro quella che giudicavano essere una pratica non idonea all’indole femminile e venne addirittura presentato ricorso da parte del Procuratore Generale del Regno alla Corte d’Appello di Torino. La sentenza, che ribadiva come le donne non fossero adatte alla pratica forense, in quanto intellettualmente “non all’altezza”, annullò l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati. La Cassazione così scrisse nell’aprile del 1884: “….l’esercizio dell’avvocatura per parte delle donne è incompatibile con la riservatezza del sesso e con la serietà del giudizio….”. Lidia Poët fu avvocata per ben otto mesi. Storia finita? Come è evidente, il responso negativo non la fermò: la prima avvocata d’Italia portò la sua cultura giuridica e la sua competenza, costruite fin dall’infanzia grazie all’amore per lo studio, in Francia, dove ricevette onorificenze degne del suo merito, e in Russia. Nonostante il sessismo imperante nel suo paese d’origine, la Poët non accantonò mai veramente la pratica forense, continuando a lavorare, anche se informalmente, nello studio del fratello.
Questa è la storia che ci racconta l’avv. Viale: l’avventura di una donna che si è difesa davanti alla legge, per amore della legge e facendo appello alla legge stessa, là dove non era mai stato scritto che l’avvocatura fosse una prerogativa maschile. L’Avvocato Fulvio Pastore ha provocatoriamente insistito nel corso del suo intervento sulla lotta di Lidia, soffermandosi in più occasioni sul termine “attitudine”, volutamente utilizzato e deformato dai giudici che hanno deciso l’esclusione della Poët e su come questa espressione sia pericolosa e rischi di limitare e attenuare il senso di quella uguaglianza tra i cittadini che la nostra Costituzione riconosce chiaramente. L’avvocato Boccassi, invece, ha portato il discorso fino alla contemporaneità, facendoci riflettere su come, se è vero che le donne oggi hanno accesso all’avvocatura e addirittura sulla carta sono in proporzione maggiore rispetto agli uomini, esistano ancora marcate differenze e la donna avvocato ancora sia relegata solo ad alcune materie, come il diritto di famiglia o le questioni che riguardano la casa.
Se rapportato ai tempi e, purtroppo, alla contemporaneità, Lidia e, dopo di lei, “le altre”, non si sono limitate ad aspettare il corso della storia, ma hanno tentato di accelerarlo, regalando esempi di coerenza e di responsabilità a tutte le persone che dedicano la vita per rivendicare e fare proprio il ruolo sociale a cui aspirano e che le ispirano. Se oggi la parità di genere è una realtà in parte raggiunta e raggiungibile, lo si deve anche a Lidia Poët, che, già 150 anni fa, non ha avuto paura di dire che i generi sono sempre stati pari nelle loro capacità: sarebbe stato (ed è) sufficiente lasciare alle donne la libertà di dimostrarlo.
Lucrezia TETI – I.I.S. Marconi – 4^AR Amministrazione Finanza e Marketing