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Il Marconi di Tortona al XIX convegno internazionale di studi per la Protezione dei Beni Culturali


La città di Tortona ha avuto l’onore di essere stata scelta per ospitare il XIX Convegno Internazionale della Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, che si è svolto presso la Sala Convegni Mater Dei Opera Don Orione nei giorni 23 e 24 settembre.  L’evento, organizzato con la supervisione dell’infaticabile Rocco Diana, Referente della sezione tortonese della SIPBC, ha visto la partecipazione di relatori e studiosi di altissimo livello, che hanno illustrato una tematica purtroppo estremamente attuale, da cui il titolo del convegno: “I disastri della guerra. Perché salvare la cultura?”

  Il Dirigente dell’I.I.S. Marconi, prof. Guido Rosso, ha aperto la prima giornata di convegno con i suoi saluti, subito  seguiti, da parte del Tenente Colonnello Silvio Mele, dalla presentazione delle attività svolte dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che si occupa di contrastare il traffico illecito di beni culturali, collaborando con istituzioni e figure di riferimento internazionali.


Il contributo dei rappresentanti delle Forze Armate in questo ambito  è fondamentale, se si considera la diffusione crescente di crimini contro il patrimonio artistico, paesaggistico e culturale generale.

Per arginare il contrabbando di opere d’arte e reperti archeologiche, purtroppo assai diffuso nel nostro Paese, è stata pubblicata e messa a disposizione del Nucleo Operativo dei Carabinieri e degli studiosi d’arte una Red List (lista rossa), ossia un elenco delle opere correntemente presenti sul mercato illegale: un documento ricchissimo ed altamente tecnologico, continuamente aggiornato al fine di poter tracciare il percorso degli oggetti e favorirne il recupero.

    In un’epoca come la nostra, in cui “si sta cercando di diminuire l’importanza della storia”, come ha affermato la storica dell’arte dell’Università di Bologna Donatella Biagi Maino, l’intellettuale deve collaborare con chiunque condivida il suo scopo e la sua responsabilità etica e civile: salvare l’arte equivale a salvare l ’Uomo”. La salvaguardia dei beni culturali è un problema globale per il quale occorrono soluzioni globali, senza vincoli di ambiti, di specializzazioni o di competenze, siano esse sociali, artistiche, scientifiche o tecnologiche.

  L’interesse diffuso nei riguardi del patrimonio culturale si colloca così tra le Strenghts (forze) della tabella SWOT; le Weaknesses (debolezze) sono invece rappresentante principalmente dallo spreco di risorse umane, così come le Opportunities (opportunità) corrispondono al rampante sviluppo tecnologico e le Threats (minacce) agli scempi del terrorismo e della criminalità.  Questo paradigma, come ha spiegato il prof. Giuseppe Maino., coinvolge professionisti ed operatori di ogni campo utile e permette di tenere sotto controllo il rischio di distruzione del patrimonio culturale,  specie se in Paesi dalla situazione politica instabile o in situazioni di conflitto.

   La cultura rappresenta un ingente indotto economico per ogni Paese, ma al tempo stesso da voce alla consapevolezza dell’uomo di appartenere alla Storia.  I dittatori ed i regimi totalitaristici  tentano di distorcere il senso di appartenenza e soffocano l’espressione della cultura a fini ideologici o propagandistici.  Un popolo senza cultura è un popolo senza identità, un uomo senza identità è un uomo privo della sua stessa dignità; questo è il più grande disastro della guerra: svuotare le vite umane del loro significato più nobile ed universale.   Non a caso, a seguito della distruzione del 2016 da parte di fondamentalisti islamici di svariati mausolei di Timbuctù, la corte dell’Aia ha finalmente riconosciuto la distruzione di beni culturali come un crimine contro l’umanità, mentre, dall’altro capo del mondo, intellettuali ed esperti si stanno mobilitando per convincere il governo cinese a bloccare gli scavi nelle miniere di rame su cui sorge il sito archeologico di Mes Aynak, importante memoria della religione buddhista.

  Dopo questo intervento ha preso la parola Emma Cunliffe, Segretario Generale di Blue Shield International (BSI), organo indipendente definito come l’equivalente culturale della Croce Rossa, perché composto da umanitari che operano per proteggere le persone e per prevenire la distruzione delle loro culture. Prevenzione e preparazione in periodo di pace sono le parole-chiave per la salvaguardia dei patrimoni culturali durante i conflitti,

   Spesso i reparti militari in missione non si preoccupano di tutelare le opere d’arte o i siti storici, perché ciò non riguarda gli obiettivi strategici immediati o perché manca loro una preparazione di base per riconoscerli. BSI ha allora deciso di organizzare esercitazioni appositamente predisposte per i soldati, in modo tale che sia loro possibile evitare la distruzione dei beni durante un conflitto.

Dopo aver illustrato i risultati delle simulazioni di conflitto svolte a Beirut nel 2020, con la collaborazione delle autorità libanesi, e in Georgia nel 2022, .Cunliffe ha auspicato una maggio re collaborazione con e da parte degli Stati, per conseguire l’obiettivo comune: preservare il patrimonio culturale, e dunque l’identità stessa delle Nazioni impegnate nei conflitti.

    Il dott. Alberto Garlandini, già Presidente di ICOM – International Council Of Museums, ha poi ulteriormente sottolineato l’importanza della prevenzione, invitando a mettere in sicurezza i beni culturali ben prima che si profili la minaccia di un conflitto. La filosofia di ICOM è infatti proprio quella di sensibilizzare alla conservazione  del passato per garantire  il bene del presente e del futuro e l’uso della cultura in sé come ponte tra i popoli..

   Nella seconda giornata di lavori, il Presidente dell’ International Council of Archives (ICA),  dott.David Fricker, si è collegato da remoto, condividendo la sua video-intervista dal titolo “Why archives?” con la dott.ssa Emilie Gagnet Leumas.   

Imprescindibile, in una corretta azione di tutela della cultura, è il ruolo degli archivi.  Secondo Gagnet Leumas, in caso di conflitto o di disastro naturale, la cosa più preziosa da proteggere e conservare sono le vite dei civili, intese non esclusivamente in senso fisico: se infatti non fossero preservati gli archivi e i documenti appartenenti alle singole persone, esse non potrebbero più provare chi sono e non riuscirebbero a ricostruirsi una vita.

 Gli archivi e i materiali in essi conservato sono quindi definiti dalla dottoressa “pezzi di vita”; distruggerli significherebbe cancellare l’identità dei soggetti e perdere irrimediabilmente la loro cultura storica, fatta di arte, di usi, di lingua, di ricordi.    “Non c’è una regione del mondo che non sia nostra”, ha dichiarato a questo proposito Claudio Cimino, Segretario Generale della World Association for the protection of Tangible and intangible Cultural Heritage (WATCH), ribadendo che si tratta di un patrimonio che va ben oltre la semplice dimensione individuale e che comporta una responsabilità umana assoluta e universale.

  Altro interessante spunto di riflessione lo ha offerto l’archeologo siriano Isber Sabrine, Presidente di Heritage for Peace, ONG il cui principio fondante è l’uso della cultura come mezzo per il raggiungimento della pace.  Sabrine afferma che, sul tavolo delle negoziazioni per la pace, è preciso dovere delle organizzazioni internazionali come la sua porre come priorità la salvaguardia delle popolazioni  locali e della loro cultura. Da essa si deve ripartire per dare nuova vita al territorio, all’economia, alle famiglie, alle persone. Sabrine collabora dunque con l’Arab Network of Civil Society Organizations to Safeguard Cultural Heritage (ANSCH), che si preoccupa di assicurare visibilità alla società civile.

Le stesse popolazioni locali spesso propongono modi per proteggere e valorizzare il proprio patrimonio culturale, cosicché gli esperti possano sfruttare quest’ultimo come base per avviare il processo di  rinascita nel panorama post-bellico.  La chiave per aiutare Paesi straziati dalla guerra come la Siria è dunque sviluppare consapevolezza nella società civile locale, mettendo in atto progetti che risultino realistici e realizzabili.

  È comune responsabilità morale di ogni individuo  impedire lo stravolgimento, la cancellazione o l’uso strumentalizzato dei valori culturali di un popolo.  La cultura è un diritto umano e, forse, la più alta e squisita espressione della libertà. E se mai un giorno il mondo conoscerà il vero senso della pace, sarà perché tutti gli uomini avranno prima apprezzato il significato della cultura, della storia, delle tradizioni e dell’arte, magari anche grazie ad un sorriso, come quello radioso, pieno di passione e di speranza di Emma Cunliffe, mentre spiegava tutto ciò al pubblico e a noi, giovani studenti.

Lucrezia TETI e Maria OLTEAN I.I.S. Marconi  3^AR – Amministrazione, Finanza e Marketing

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