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Gli studenti di San Sebastiano Curone a colloquio con lo scrittore Alberto Torregiani

Nei giorni scorsi la classe 3C della scuola secondaria di primo grado “Franco Anselmi” di San Sebastiano Curone si è collegata, insieme ad alcuni alunni tortonesi che erano in presenza, con la sala convegni della Fondazione CRT di Tortona, dove era ospitato lo scrittore Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi. Quest’ultimo fu ucciso dai terroristi del  P.A.C. di Cesare Battisti, nel suo negozio di Milano. Il figlio ha presentato il suo libro “Ero in guerra ma non lo sapevo” nell’ambito del progetto “Professione Reporter: la metamorfosi del giornalismo nel terzo millennio” organizzata dalla Dottoressa Cinzia Rescia, Funzionario responsabile della Biblioteca e del Sistema Bibliotecario – Comune di Tortona.

Per informarsi sull’accaduto, la classe ha visionato il film tratto dal libro, del quale ha letto anche qualche estratto a lezione.


I: Avevate mai sentito prima parlare degli “anni di piombo”?

CLASSE: La maggior parte di noi no, ma qualcuno aveva sentito parlare del rapimento di Aldo Moro, delle Brigate Rosse e della strage di Bologna. In generale, è un argomento che non avevamo ancora trattato a scuola.

I: Quali sono state le scene del film che vi hanno colpito di più?

Sicuramente la scena finale, quando i terroristi hanno sparato a Torregiani che, cadendo, ha colpito per sbaglio il figlio Alberto alla colonna vertebrale, condannandolo alla sedia a rotelle. Ci ha molto impressionato vedere uccidere senza pietà un uomo innocente e anche il fatto che un padre abbia involontariamente causato la paralisi del figlio.

I: Avete avuto occasione di parlare con i genitori del caso Torregiani?

Alcuni di noi ne hanno parlato a casa e i nostri genitori ci hanno detto di non ricordarsi bene dell’accaduto di Torregiani ma che quando erano ragazzini passavano spesso al telegiornale notizie sugli attentati, durante quegli anni.

I: Perché secondo voi è importante ricordare avvenimenti simili anche al giorno d’oggi?

Perché si tratta di avvenimenti realmente accaduti di recente e che ci insegnano che il terrorismo non è solo legato alla religione islamica come siamo abituati a sentire. E’ importante parlare di queste tragedie a scuola per insegnare alle nuove generazioni a non ripetere gli stessi errori del passato.

I: Se vi fosse possibile, che domande vorreste fare agli assassini di Torregiani?

Vorremmo chiedere loro perché erano convinti che il gioielliere fosse colpevole e se qualcuno di loro si sia mai pentito. Ci piacerebbe anche domandare come mai pensavano che la ricchezza di Torregiani fosse la causa della loro povertà e di quella del popolo.

I: Secondo voi, oltre ai terroristi, ci sono stati altri responsabili della morte di Torregiani?

Sì, come è stato spiegato nel libro e nel film, tanta responsabilità l’hanno avuta i giornalisti che scrivevano titoli fuorvianti, mettendo in cattiva luce il gioielliere, descrivendolo come un assassino avversario del popolo. Inoltre, il figlio Alberto scrive nel libro che un po’ di colpa l’ha avuta anche suo padre perché non ha ascoltato i poliziotti che gli avevano ordinato di non uscire di casa, essendoci stata una rapina poco vicino.

I: Trovate interessante questo genere di incontri?

Sì, perché incontrare dei testimoni di fatti storici ci permette di ricavare più informazioni che nei libri non sono scritte, facendo anche direttamente delle domande ai testimoni coinvolti. Inoltre, rispetto ad una lezione frontale, è sicuramente più stimolante. Ci auguriamo che le prossime volte questi incontri avvengano dal vivo anche per noi, per facilitare la comprensione e l’interazione, spesso difficoltosa, se in video conferenza.

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