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Tortona, al Castello di Castellar Ponzano scoperto un’incredibile autoritratto del XVII secolo


Luca Sforzini annuncia di aver scoperto un autoritratto androgino di Filippo Abbiati (Milano 1640-1715) celato nel suo “Martirio di Santo Stefano”: percezione angelica di sè o outing dissimulato nella Milano della Controriforma di San Carlo Borromeo?


Luca Sforzini

Castello Sforzini di Castellar Ponzano, settembre 2022 – Luca Sforzini annuncia di aver scoperto un autoritratto androgino di Filippo Abbiati (Milano 1640-1715) celato nel suo “Martirio di Santo Stefano”: percezione angelica di sè o outing dissimulato nella Milano della Controriforma di San Carlo Borromeo?
“Era lì, sotto i nostri occhi da quasi 400 anni, ma solo oggi lo abbiamo compreso” – esordisce Luca Sforzini, esperto d’Arte con sedi in Lombardia e Piemonte, e neo-proprietario del Castello di Castellar Ponzano. “Filippo Abbiati, il grande regista del barocco lombardo, si era raffigurato in forma androgina (nè maschile nè femminile) all’età di 20 anni circa, nel suo Martirio di Santo Stefano. L’artista si autorappresenta come sospeso in un’aura metafisica nel pieno turbinìo della scena, assai movimentata. Gli scherani, lanciando pietre, stanno sopraffacendo Stefano, già soffuso di luce divina proveniente da Dio Padre – che dalle nubi effonde la sua benedizione sul martire, rendendolo Santo. Proprio lì, nel bel mezzo ma come distaccato, straniato e senza funzione narrativa (condizioni tipiche degli autoritratti celati) ecco un giovane efebo, o una ragazza: un angelo”. Si entusiasma Sforzini: “Un’illuminazione. Se confrontiamo l’autoritratto di Filippo Abbiati conservato alla Pinacoteca di Brera e databile al 1680 circa (quindi all’età di 40 anni) ritroviamo gli stessi precisi lineamenti. E’ lui. E’ Abbiati all’età di 20 anni”. L’affinità tra le due figure è in effetti pressochè totale, sorprendente. Una firma, di fatto, ed una datazione del dipinto.
Ma perchè un autoritratto androgino? “Non è un unicum nella Storia dell’Arte” – commenta Sforzini. “All’attuale stadio di approfondimento, mi limiterei a interpretarla come un’autoraffigurazione in forma angelica e quindi perfettamente pura, asessuata”. Non è un “outing” dunque? Una celata confessione di inclinazione, di preferenza sessuale, nascosta all’interno di un dipinto? “Non è completamente da escludere. Certo, nella Milano del 1660 siamo ancora in pieno clima culturale di Controriforma, informati ai princìpi di San Carlo Borromeo. Non esattamente un ambiente semplice in cui esprimere tali propensioni”. “Ci spingeremmo troppo oltre” – conclude Sforzini – “E poi, Filippo Abbiati fu sposato più di una volta… Certo, è pur vero che dai recenti studi di Marina Dell’Omo e Filippo Maria Ferro è emerso come l’Abbiati attorno al 1685 fosse stato diseredato dal padre Rocco (orafo milanese ben introdotto in società), ufficialmente per dissidi di natura economica…”
Cosa voleva comunicarci esattamente Filippo Abbiati guardando, dall’interno del suo dipinto, Santo Stefano sopraffatto e – 400 anni dopo – noi tutti?
Link al video youtube sulla scoperta: https://www.youtube.com/watch?v=bjzY7vSXb7w

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