«Lavoriamo con le cellule, in laboratorio, mettendo a punto modelli di ricerca sempre più complessi, sperimentando, fino ad arrivare al passaggio all’uomo». La sintesi è facile. Il percorso lo è molto meno. Ma è un percorso obbligato perché è dalla ricerca in vitro che arrivano le risposte necessarie a individuare cure e metodologie di somministrazione dei farmaci. La ricerca preclinica è indispensabile, come dimostra l’esperienza di collaborazione avviato tra l’Azienda Ospedaliera di Alessandria e il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale, promossa dal DAIRI (Dipartimento Attività Integrate Ricerca Innovazione, il direttore è Antonio Maconi).
«Sviluppare la ricerca di base significa unire le tessere di un puzzle di cui non si conosce la foto finale. Ma la nostra ricerca di base è quella che nasce in un laboratorio e poi arriva al paziente». Le parole sono di Mauro Patrone, professore associato di biochimica al Disit, che fa parte del gruppo di lavoro sulla Biochimica e fisiologia cellulare che opera all’interno del Laboratorio Integrato di Ricerca Preclinica, i cui obiettivi la valutazione dell’efficacia antitumorale di nuove terapie sperimentali per il trattamento dei pazienti affetti da mesotelioma maligno o altre neoplasie; la progettazione, definizione del meccanismo d’azione e valutazione dell’efficacia antitumorale di nuove strategie di somministrazione dei trattamenti sperimentali per la terapia del mesotelioma maligno o altre neoplasie; la preparazione dei campioni biologici, isolati da pazienti affetti da mesotelioma maligno o altre neoplasie, per l’impianto in modelli murini sperimentali. Gli altri membri del gruppo di lavoro sono Pietro Bertino, Elia Ranzato, Simona Martinotti, Gregorio Bonsignore, Roberta Libener.
Il progetto si è concretizzato con l’organizzazione di un laboratorio integrato di ricerca preclinica per lo sviluppo di nuove terapie sperimentali per la terapia del mesotelioma e di altri tumori. In particolare gli obiettivi sono le patologie asbesto correlate e grazie alle competenze e agli strumenti a disposizione vengono studiati i meccanismi cellulari di interazione con il microambiente. L’unità di ricerca Biomolecolare si occupa nello specifico dell’analisi di meccanismi di segnalazione cellulare e metabolici, meccanismi di resistenza ai farmaci in diversi modelli tumorali ed è studiato il ruolo di fattori solubili e metaboliti che modulano le reazioni tra cellule tumorali e cellule del microambiente.
«Stiamo poi lavorando, con il contributo dei chimici e dei fisici del Disit – raccontano i membri del gruppo – allo sviluppo di nanoparticelle contenenti ascorbato, epigallocatechina 3 e gemcitabina che costituiscono una combinazione che ha dimostrato essere altamente citotossica alcune tipologie di cellule tumorali. Stiamo lavorando per individuare il corretto punto di equilibrio tra l’azione ‘tossica’ nei confronti delle cellule malate e gli effetti collaterali. Una volta completata questa fase in laboratorio si aprirà la seconda, rappresentata dalla modalità di veicolare al paziente il farmaco in modo mirato. L’obiettivo è quello della ‘medicina personalizzata’ verso la quale è fondamentale andare».
Il fronte ambientale è l’altro che vede fortemente impegnato il laboratorio integrato che ha sede all’interno del Disit dove si trovano le più moderne strumentazioni dedicate ai vari settori di ricerca. Non manca nemmeno lo sviluppo di approcci e metodologie informatiche per il supporto alla decisione medica, alla simulazione e alla scoperta, all’analisi e al trattamento di processi in ambito medico.
Le prime mosse dell’attività risalgono al 2004. Da allora tra il Disit e l’Azienda Ospedaliera, con cui già si collaborava grazie al contributo della Dr.ssa Lia Mele e della Dr.ssa Laura Mazzucco, le frontiere della ricerca si sono moltiplicate, toccando diversi ambiti compreso quello della medicina rigenerativa.