La pandemia ha alimentato fenomeni come l’autolesionismo, tentativi di suicidio, la disregolazione emotiva, disturbi del comportamento alimentare e il ritiro sociale. Se queste sono state le conseguenze più drammatiche negli adolescenti, nella popolazione adulta c’è stato un incremento dei disturbi dell’umore e della sfera dell’ansia. 
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del governo Draghi, che aveva alimentato la speranza di un incremento delle risorse a disposizione del territorio, non ha portato risorse aggiuntive per la Salute Mentale, se non in maniera irrisoria, ma ha prospettato una modificazione delle caratteristiche organizzative delle strutture territoriali che trovano il centro nelle Case della Comunità. In questo momento storico è fondamentale difendere l’identità specifica dei dipartimenti di Salute Mentale, evitando il rischio di una loro generalizzazione nel calderone più esteso delle funzioni distrettuali. D’altra parte è necessario rilanciare i servizi di Salute Mentale con maggiore incisività sui nuovi bisogni e, sul piano organizzativo, fornire risposte efficaci, moderne e integrate con i servizi di medicina generale, con il dipartimento di emergenza urgenza e con i servizi sociali. 

L’evento “CENTRAL-MENTE IN SALUTE. PORTARE LA SALUTE MENTALE AL CENTRO DELL’AZIONE DI GOVERNO E DEL PNRR”, promosso da Motore Sanità, è nato proprio per dare risposte a questi bisogni. 

Così Michele Sanza, Presidente Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze, nel corso di questa giornata di lavori: Il quadro epidemiologico dei problemi di Salute Mentale in Italia risulta fortemente modificato rispetto al passato, mentre i modelli organizzativi e le modalità di intervento dei Dipartimenti di Salute Mentale hanno risentito poco dell’innovazione. Per questo motivo è molto importante partire da una riflessione complessiva su ciò che è cambiato in termini di bisogni e di conoscenze e aspetti che costituiscono i punti di riferimento obbligati per le strategie di innovazione. Nel campo dei bisogni emergono in primo piano le comorbidità, i quadri clinici caratterizzati da disregolazione emotiva, le disabilità intellettive e in generale le problematiche adolescenziali e della prima età adulta di Salute Mentale. Del resto le conoscenze acquisite sui disturbi mentali permettono di affermare che più del 75% delle patologie di interesse psichiatrico ha radici nell’adolescenza, se non addirittura nell’infanzia. È necessaria una profonda riflessione sulla psicopatologia in età adolescenziale e sull’offerta di cura per i ragazzi con disturbi psichici e le loro famiglie. L’importanza dell’ipotesi delle psicosi schizofreniche come disturbi del neurosviluppo ha avuto un impatto più generale sulla conoscenza della patogenesi dei disturbi mentali, proponendo un nuovo paradigma che, superata definitivamente la dicotomia tra aspetti psicologici e biologici, si impone con una visione unitaria della psicopatologia: l’origine dei disturbi mentali è meglio compresa attraverso l’interdipendenza tra fattori genetici, biologici, esperienziali e ambientali. Ciò pone le basi per nuovi modelli di cura che, portando alle naturali conseguenze il concetto di esordi spostano, ove possibile, l’intervento sulle fasi precoci della formazione dei disturbi e allargano le competenze dei servizi di Salute Mentale dalla cura e la riabilitazione a quelle della prevenzione.
 
Nel Dipartimento che dirigo c’è un servizio unico in Italia che si occupa della presa in carico degli adolescenti: dalla pubertà ai 25 anni, che risponde quindi alle esigenze di questi cambiamenti epidemiologici che il Dottor Michele Sanza descrive, ha commentato Giuseppe Ducci, Direttore Dipartimento di salute Mentale Roma 1. Stiamo sviluppando servizi meticci tra la Salute Mentale e le dipendenze, perché oggi la comorbidità è inestricabile


Motore Sanità