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Ventimiglia, la lite fra due migranti finsce in omicidio

Resta in carcere, in regime di misura cautelare, il 35enne sudanese ritenuto responsabile dai Carabinieri dell’omicidio del connazionale 23enne avvenuto nella notte tra venerdì e sabato nella Frazione Roverino di Ventimiglia. Nella stessa notte, il presunto autore – assistito dal legale d’ufficio e da un interprete – ha ammesso l’addebito di fronte al Pubblico Ministero, che sin dai primi momenti, a stretto contatto con i Carabinieri della Compagnia di Ventimiglia e del Nucleo Investigativo di Imperia, ha diretto l’attività d’indagine e di raccolta degli elementi e delle fonti di prova ritenute utili ai fini investigativi.

La chiave di volta per giungere all’immediata identificazione è stata la ricerca e l’identificazione dei migranti presenti che abitualmente soggiornano sul greto del fiume, che i Carabinieri hanno avviato contestualmente agli accertamenti tecnici sul luogo del rinvenimento del cadavere. Ogni persona nell’area è stata identificata ed intervistata fino a quando, tra queste, è stata notata la presenza di una di esse che nascondeva una profonda ferita da taglio alla mano destra: la natura della ferita era tale da poter ipotizzare che la lesione fosse l’esito di un colpo inferto in modo scorretto con una lama sprovvista di guardia, ragion per cui la presa è verosimilmente scivolata sulla parte tagliente, procurando le lesioni riscontrate. Dopo le prime insistenti domande degli inquirenti, il ferito ha ammesso il proprio coinvolgimento, accompagnando i militari in un capanno di fortuna edificato nel canneto che costeggia il fiume, a circa 200 metri dal luogo dell’evento, utilizzato quale dimora provvisoria e dove sono stati rinvenuti oggetti e indumenti ancora sporchi di sangue mentre altre tracce ematiche erano state rilevate dagli investigatori dell’Arma lungo il percorso compiuto dal presunto aggressore, verosimilmente riferibili alla lesione da taglio che si era incidentalmente procurato.


La successiva visione delle telecamere presenti nell’area ha consentito di ricostruire le ultime ore di vita della vittima e l’evoluzione degli eventi che hanno portato all’efferato omicidio. Infatti dalla visione di queste è emerso come, intorno alle 21.00 di venerdì sera, un gruppo di tre stranieri litigava animosamente in una via del centro cittadino: tra questi il fermato il quale, brandendo un coltello, aveva ferito in modo superficiale un terzo cittadino straniero, poi rintracciato ed ascoltato dai militari quale testimone. Dall’esame dei presenti è emerso che il fattore scatenante degli eventi sarebbe stata la sottrazione di un telefono cellulare di proprietà dell’aggressore operata a suo dire dalla vittima.

Determinante nella ricostruzione dei fatti è stata, soprattutto nel relazionarsi con i testi, la lingua: da qualche tempo, infatti, i Carabinieri di Imperia e di Ventimiglia dispongono di militari conoscitori dell’arabo, avendo frequentato uno specifico corso annuale. L’interlocuzione anche informale nell’idioma nazionale agevola il superamento di quelle “barriere” di diffidenza talvolta esistenti, che – in assenza di mediatori culturali – possono impedire l’instaurazione del necessario rapporto di fiducia tra teste e polizia giudiziaria, dimostrando nei fatti come l’Arma dei Carabinieri continui ad essere punto di riferimento per tutta la collettività.

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