Sentire le storie di vita da chi le ha vissute direttamente o racconta quelle di coloro che le hanno provate in prima persona è sempre qualcosa di straordinario. Così è stato oggi pomeriggio, venerdì 12 novembre, presso la Biblioteca Civica di Tortona ascoltando la testimonianza del reporter di guerra, Mario Boccia, che è partito da Roma per arrivare in questa piccola città di provincia e non tanto per inaugurare la bellissima mostra fotografica con 30 delle migliaia di immagini che ha scattato in nella ex Jugoslavia in 20 anni di guerra e che merita assolutamente di essere vista, e non è venuto neppure per promuovere il suo libro, ma per raccontare un pezzo di vita.
La sua ma soprattutto quella degli altri, di alcune delle tante persone che ha conosciuto in quei terribili decenni di guerra perché lui era là, fra soldati e vittime per raccontare costa stava succedendo.
Quando senti raccontare storie come queste e di esperienze vissute è come se il tempo si fermasse: non guardi l’orologio e spegni il cellulare perché vuoi vivere fino in fondo non soltanto quelle storie ma anche quella di colui che le racconta, la voce rotta dall’emozione, i tentennamenti, i ricordi, le speranze, di chi ha visto la guerra dal vivo e non soltanto seduto in poltrona davanti alla TV o sullo schermo di un computer.
Così è stato per Mario Boccia e anche per l’assessore Fabio Morreale che anche lui, seppure in parte infinitesimale rispetto al cronista, ha vissuto personalmente quei momenti e forse per la prima volta, li ha raccontati in pubblico.
Un pubblico ristretto, perché la sala della Biblioteca, anche per via delle norme anti Covid, può contenere soltanto poche decine di persone e chi scrive è stato molto fiero di essere tra i presenti, perché le emozioni che si provano in momenti come questi, anche per un cronista abituato a scrivere la cronaca nera, sono unici.
I cronisti di guerra non sono semplici giornalisti: non c’è paragone con chi vede la morte in faccia fra bombe e granate e chi la scrive per un incidente stradale o un infortunio sul lavoro; si potrebbe scrivere un libro soltanto su quello che in meno di un’ora Boccia è riuscito sapientemente a trasmettere al pubblico presente, soprattutto quando ha spiegato che ogni profugo – a prescindere da razza, colore e religione – racconta la stessa identica storia o quando racconta dei bambini che non vedono le differenze perché sono più maturi degli adulti.
“Di tutti i civili che ho conosciuto – ha detto Boccia – ho in mente il grido, anche il grido del silenzio.” Un grido che stride con quello che il cronista è costretto a fare: “una delle cose più brutte -ha aggiunto il reporter – è stringere le mani a chi ce l’ha sporche di sangue, tu lo sai, ma sei costretto a farlo se vuoi vivere e continuare a testimoniare.”
Infine l’aspetto forse più umano: “generalmente – ha concluso Mario Boccia nel suo lungo intervento – evito di fotografare le persone che piangono, tuttavia mi piace cogliere gli sguardi della gente e mi piacerebbe ,un giorno, realizzare una mostra di sorrisi di guerra. Una delle cose più belle, infatti, è il saluto delle persone che ti hanno ospitato: tutti sanno che potrebbe essere l’ultima volta che li vedi e i loro sguardi e i loro sorrisi, sono molto particolari.”
Pur sotto un unico comune denominatore Mario Boccia ha ascoltato e visto centinaia, forse migliaia di storie, ma tutte una diversa dall’altra e ognuna gli è rimasta dentro, soprattutto negli occhi dei bambini, quelle immagini che pochi giornali vogliono ma predilette dal reporter presente a Tortona. Un uomo che potrebbe scrivere un’enciclopedia su quello che ha vissuto ma preferisce raccontarlo a voce, agli studenti delle scuole tortonesi che ha incontrato in video qualche giorno fa e oggi, davanti a poche decine di persone.
Una delle tante storie è quella di Fabio Morreale, assessore alla cultura del Comune di Tortona che ha inaugurato la mostra tagliando il fatidico nastro dopo che la giovane Olivia, ha letto alcuni brani del libro di Boccia “La fioraia di Sarajevo” cioé la guerra vista da chi la subisce e all’improvviso si trova senza tutto: senza più acqua, cibo, corrente elettrica.
Fabio Morreale ha raccontato la sua, di storia, di quando era un giovane finanziere poco più che ventenne in servizio al confine con la Slovenia: si è trovato lì nel momento in cui è scoppiata la guerra e da un giorno all’altro ha visto sparire i colleghi dell’ex Jugoslavia coi quali aveva stretto amicizia per trovare, al loro posto, soldati grandi e grossi che presidiavano il confine.
“C’era tanto timore al confine – ha spiegato Fabio Morreale – e all’improvviso è cambiato tutto sono arrivati militari coi carri armati che incutevano timore: noi avevamo una semplice pistola di ordinanza, una beretta con 16 colpi, loro i kalashnikov e ben altri armamenti. Quando toccava a me presidiare il confine non vedevo l’ora di terminare il turno.”
“Uno degli aspetti che mi ha colpito maggiormente all’epoca – ha aggiunto Morreale – è stata l’atmosfera surreale, i confini chiusi e durante le ore notturne il valico illuminato a giorno.”
Poi ha raccontato un aneddoto di quando era capoturno in servizio e il capo delle milizie oltre confine si è presentato a lui avvertendolo di stare calmi e che avrebbero minato un obiettivo vicino. A corredo del suo racconto l’assessore ha proiettato alcune immagini che aveva scattato proprio in quei momenti.
“E’ stata una parte della mia vita che non dimenticò mai”. Ha concluso l’assesore.
La mostra dal titolo “La guerra in Europa 1991 -2001” con le fotografie di Mario Boccia è visibile nel corridoio al primo piano della Biblioteca Civica in via Ammiraglio Mirabello, fino al 4 dicembre tutti i giorni da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18, previa presentazione del green pass.
Angelo Bottiroli