Ricerca sull’inquinamento ambientale anche per l’ospedale infantile. E non a caso. Quella delle patologie ambientali è infatti una delle due specializzazioni, l’altra è il mesotelioma, dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) il cui percorso di riconoscimento sta procedendo verso il deposito ufficiale della candidatura. Il progetto è stato messo a punto dall’azienda ospedaliera di Alessandria e l’Asl Al. Gli Irccs sono strutture di eccellenza riconosciute a livello ministeriale, svolgono attività di ricerca nel campo biomedico su uno o più aree, che devono trovare necessariamente sbocco in applicazioni terapeutiche all’interno degli ospedali. «Accanto ai diversi studi già avviati e alle pubblicazioni su riviste scientifiche, non mancano altre novità perché l’attività di ricerca non si è mai fermata, nemmeno durante la prima fase pandemica che anzi ci ha visto impegnati proprio su alcuni filoni strettamente connessi al covid-19, e rispetto alla quale si stanno aprendo nuovi orizzonti».
Maria Chiara Strozzi, medico dell’area di Neonatologia – Terapia intensiva neonatale del ‘Cesare Arrigo’ distaccata per le attività di ricerca al Dipartimento attività integrate Ricerca e Innovazione diretto da Antonio Maconi, non nasconde l’entusiasmo per uno studio di ricerca altamente innovativo e che rappresenta un ulteriore tassello della collaborazione, ormai strettissima, con il Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica (Disit) dell’Università del Piemonte Orientale, la sede è ad Alessandria. «Stiamo definendo i particolari di uno studio pilota che utilizzando tecniche non invasive, prelievo di sangue cordonale e latte materno, ha come obiettivo individuare la presenza di sostanze inquinanti e contribuire ad analizzare le possibili interazioni con lo sviluppo del neonato, anche rispetto all’adulto. Lo studio – precisa Maria Chiara Strozzi – partirà ad Alessandria, con l’obiettivo di estenderlo progressivamente fino a diventare multicentrico».
Quello che sta accadendo all’interno della struttura diretta da Federico Schena non è una novità. La collaborazione con l’Università del Piemonte orientale per progetti di ricerca in ambito neonatologico, quella finalizzata alla stesura delle linee guida nazionali per la nutrizione parenterale ed enterale, l’organizzazione di corsi di formazione (rianimazione e comunicazione in sala parto, problematiche inerenti alla terapia intensiva neonatale), sono alcune delle attività ormai entrate nel quotidiano di un ospedale infantile che è sempre più un centro di riferimento specializzato.
«Alcuni di quelli in corso – spiega sempre Strozzi – puntano alla ricerca di marcatori precoci che possano consentire di individuare patologie, sofferenze, infezioni. È una azione precoce, che si svolge in modo non invasivo (analisi del sangue e di liquidi biologici) a partire dalla mamma e poi sui neonati quando è necessario approfondire una valutazione sui piccoli pazienti sottoposti a trattamenti farmacologici, che sono stati sedati o nati pretermine con distress respiratorio, per fare alcuni esempi». I numeri dei diversi studi: quello relativo ai marcatori di danni neurologici in gravidanza ha visto coinvolti duecento pazienti, per i marcatori delle infezioni sono stati novanta, mentre sono venti quelli per lo studio che si basa sull’utilizzo della Nis, Near infrared spectroscopy, tecnica diagnostica non invasiva e in tempo reale in grado di misurare l’ossigenazione del cervello, associata a un’ecografia cerebrale. Fra il 2020 e il 2021 sono stati pubblicati nove articoli su riviste scientifiche impattate, senza dimenticare l’altro fronte in cui la struttura è impegnata, quello della formazione. Anche questa attività, sempre in collaborazione con il Disit, si segnala un articolo relativo a una iniziativa formativa per la quale sono stati utilizzati, in fase di simulazione, dei test specifici per valutare il livello di stress e la corrispondente capacità di gestione.
Dalla ricerca all’attività quotidiana nei reparti, l’approccio non cambia. Complice anche la pandemia da coronavirus che ha imposto modalità nuove nella gestione dei piccoli pazienti e della famiglia, all’ospedale infantile di Alessandria sono ormai consolidate delle linee-guida innovative che mettono al centro il rapporto neonato-mamma. «Durante la prima fase emergenziale – racconta Maria Chiara Strozzi – erano emerse posizioni molto diversificate a livello internazionale. La Cina sosteneva la necessità di separare la mamma dal neonato, impedendo ogni contatto. L’Organizzazione mondiale della sanità era orientata alla identificazione di aree protette in cui proseguire l’allattamento al seno, però con misure di protezione. Negli Stati Uniti d’America invece si parlava di separazione e di utilizzo del latte materno tirato. La Società italiana di neonatologia ha invece condiviso la linea della non separazione dell’allattamento al seno. È stata una visione lungimirante, i casi di neonati infetti sono stati rarissimi. Le aree protette sono state utilizzate solo nel caso di mamme asintomatiche o paucisintomatiche. Ovviamente si è ricorso alla separazione dal neonato solo nei casi più gravi. Tutto questo ha portato alla definizione di approcci, percorsi interni all’ospedale, gestione in sala parto, dimissioni protette e successivo follow up, diversi e che hanno imposto al personale dei corsi di formazione. È stato uno sforzo importante – conclude – che ha poi permesso di elaborare modalità innovative di gestione del rapporto mamma – neonato, in cui hanno assunto una grande importante anche gli aspetti comunicativi fra medici e famiglia. Ed è diventato anch’esso un elemento chiave per la sicurezza e qualità della cura». L’anno è stato registrato un leggero calo dei parti, sono stati 1.100, mentre i ricoveri (160) sono risultati pressoché stabili rispetto al 2019. Invece è cresciuto, con 69 interventi, il trasporto di emergenza neonatale (Sten) che ha il compito di trasferire le cure tipiche di una terapia intensiva neonatale nei punti nascita degli ospedali periferici. Lo Sten interviene per i neonati in imminente pericolo di vita o in condizioni instabili. L’equipe è formata da un medico e da un infermiere esperti nell’emergenza neonatale