L’eccentrico autore irlandese e la poesia dei racconti de “Il principe felice e i migliori racconti”
Era il 1888 quando The Happy Prince and other stories (Il Principe Felice e i migliori racconti) venne pubblicato per il grande pubblico. Nel 1885, però, Oscar Wilde aveva raccontato a un gruppo di amici di Cambridge le proprie storie e proprio perché furono così ben accolte da loro, si decise a trascriverle, a donarle ai propri figli, e poi a diffonderle.
Così, a distanza di più di cento anno, ciascuno di noi può immergersi nelle classiche atmosfere de Il Principe Felice e i migliori racconti e riscoprire valori, emozioni e pensieri di un tempo lontano, ma non troppo. Sono storie che parlano ai più piccoli così come ai “grandi piccoli” e dotate di straordinaria bellezza.
Il racconto da cui prende nome l’intera raccolta, per esempio, riscopre il vero spirito natalizio, vale a dire quello della generosità, dell’altruismo, anche se Oscar Wilde pone in evidenza come la sua stessa società fosse particolarmente attenta all’apparenza e all’apparire al punto tale che il Principe Felice, una meravigliosa statua che rinuncia alla sua bellezza materiale solo per il desiderio di fare del bene, farà una fine terrena ben poco nobile. Ed è qui che l’animo gentile dell’autore ci raggiunge, andando ad inserire poche righe conclusive che in un certo senso riequilibrano il tutto e ridonano speranza e con essa amore.
Amore, come l’amore protagonista del racconto L’usignolo e la rosa, dove Oscar Wilde dà prova di estrema abilità poetica, per esempio quando descrive la nascita della tanto ricercata e attesa rosa rossa: “Pallida dapprima come la nebbiolina sul fiume, come i piedi del mattino, e argentea come le ali dell’alba; era come l’ombra d’una rosa in uno specchio d’argento, come l’ombra di una rosa in uno stagno, la rosa che fiorì sul ramo proteso del rosaio”.
In questo racconto, Oscar Wilde narra la storia dell’usignoletta che si sacrifica per l’Amore, quello con l’A maiuscola, quello che, a suo avviso, solo gli umani sanno provare. Così, per un valore più grande di sé dona la sua vita. Ma, va ricordato, che la società di Oscar Wilde non era poi tanto diversa dalla nostra, e il suo sacrificio sarà reso quasi del tutto vano.
A darci maggiore speranza, è invece il racconto de Il Gigante egoista in cui un tenero bambino valorizza con delicatezza e, di nuovo, amore la vita del Gigante e del suo splendido giardino.
Ogni racconto cela con sé più letture e ciascun lettore ha così modo di dare nuovo significato ad ogni singola storia.
Forse, il racconto più “divertente” racchiuso ne Il principe felice e i mgiliori racconti, scritto, vale la pena ricordarlo, da uno dei più creativi ed originali autori del Novecento, è Il razzo straordinario: splendida narrazione di un razzo con un ego enorme che non si ricrederà fino alla fine, anche se per i lettori è abbastanza evidente che il suo ego non è pari alle proprie abilità.
Sono racconti di estrema poesia e che meritano d’essere letti, se possibile, in lingua originale per assaporare la musicalità a cui l’autore giunge. Come nella descrizione del figlio della Stella, dell’omonino racconto, in cui Oscar Wilde scrive: “…he was white and delicate as sawn ivory, and his curls were like the rings of the daffodil. His lips, also, were like the petals of a red flower, and his eyes were like violets by a river of pure water, and his body like the narcissus of a field where the mower comes not”. (“Era bianco e delicato come l’avorio tagliato, e suoi riccioli somigliavano alla corolla degli asfodeli. Le sue labbra sembravano i petali di un fiore rosso, gli occhi erano come violette lungo la sponda di un limpido fiume e il suo corpo simile al narciso d’un campo dove il falciatore non mettesse mai piede”).
Oggi, dunque, forse anche più di ieri, si sente forte la necessità di riappropriarsi di certi semplici e puri valori, come quelli con cui Oscar Wilde ha saputo ricamare i propri racconti.
E quindi lasciamoci cullare dalla melodia e dall’animo delle sue storie e lentamente, quando rimettiamo piede nella nostra quotidianità facciamolo con Amore.
Francesca Patton