Dal loro primo incontro musicale nel 2014, il trombettista piemontese Marco Vezzoso – che dal 2012 vive oltralpe e insegna presso il Conservatorio Nazionale di Nizza – e il pianista jazz ligure Alessandro Collina di strada nehanno percorsa molta. Il duo ha già all’attivo quattro album, numerosi concerti tra Francia e Italia e diverse soddisfazioni internazionali.
È del 2015 il primo tour in Giappone, il cui live ad Osaka è stato registrato e pubblicato dall’etichetta giapponese Da Vinci. Nel 2017, invece, una lunga tappa estiva porta Marco e Alessandro ad esibirsi in Cambogia, in Indonesia ed ancora in Giappone, con un concerto di chiusura nella capitale Tokyo. Nel 2018 poi un nuovo tour in Indonesia e in Malesia ed una serie di concerti in Repubblica Ceca. Nello stesso anno il duo stringe una partnership con il brandSpirit Torino, produttore di high-end headphones di altissima qualità, dei quali Vezzoso e Collina sono diventati ambasciatori nel mondo. Da questa collaborazione sono nati un tour in Cina nella primavera del 2019 e un tour in Norvegia nel 2020, e subito dopo pure uno in Turchia. Nel 2021 Marco Vezzoso e Alessandro Collina hanno in programma di ritornare in Giappone e in Cina per una serie di concerti, spaziando tra un repertorio originale scritto dal primo, grandi classici della musica italiana e standard della tradizione jazz. L’interplay e l’affiatamento fra i due musicisti crea infatti un continuum musicale intenso e di forte impatto emotivo, che come un fil rouge guida il pubblico in un ininterrotto e piacevolissimo viaggio musicale all’interno del loro universo artistico. A seguire l’intervista, per la nostra rubrica Oggi Musica.
L’intervista doppia
D. Noti come il duo jazz che ha conquistato il Sol Levante, venerdì 6 novembre è uscito il vostro nuovo album intitolato “Italian Spirit”. Ebbene, come descrivereste appunto lo spirito di noi italiani – ed anche il vostro ovviamente?
Alessandro – Fino a quando non si esce dall’Italia è difficile avere la percezione di quanto noi italiani siamo apprezzati, a livello mondiale, per la nostra patria della melodia: abbiamo una ricchezza che attraversa le epoche. La scommessa mia e di Marco è stata quella di ribadire che i cantanti contemporanei non hanno niente a che invidiare ai loro predecessori.
D. Qual è il messaggio che vorreste trasmettere con l’album “Italian Spirit” e quale l’aspettativa che riponete su di esso?
Marco – Sicuramente l’impronta strutturale di “Italian Spirit” è jazz in quanto ci sono ampi momenti di improvvisazione, ma personalmente mi piace pensare alla musica come ad un linguaggio universale e ai vari stili come ad accenti diversi della stessa lingua. La nostra scommessa, come duo, è stata ed è soprattutto di cercare di creare un nuovo filone artistico che possa avvicinare il grande pubblico alla musica strumentale in ogni parte del mondo mescolando pop, rock, world music e musica classica. Io ed Alessandro amiamo la musica fatta bene, di qualunque stile essa sia, e credo che questo si percepisca chiaramente in “Italian Spirit” che adoro definire un disco strumentale, però senza etichetta di stile.
D. Non è un segreto il vostro aver conquistato, tra gli altri Paesi, per l’appunto il Giappone: a cosa pensate sia dovuto questo largo apprezzamento delle vostre reinterpretazioni di alcune tra le più belle canzone della musica italiana in chiave jazz?
Marco – Al pubblico europeo in generale mi sembra manchi la curiosità di voler scoprire cose nuove. Il pubblico d’oriente, al contrario, è molto attento alle nuove proposte e molto rispettoso degli artisti tutti, qualsiasi genere propongano ed anche di quelli cosiddetti “di nicchia” per la loro musica strumentale.
Alessandro – Inoltre non si dimentichi che proprio ora in Cina il settore culturale è in piena espansione e una proposta culturale che mischi il jazz ad altri generi musicali, come la musica classica, è considerata cosa apprezzabilissima.
D. In base a quale criterio siete riusciti ed avete scelto gli 11 brani dell’album “Italian Spirit”, fra i più belli della musica italiana? Quale cioè, a vostro avviso, il valore principale di ciascuna canzone raccolta nella vostra raffinata versione strumentale per tromba e pianoforte?
Alessandro – Il processo di scelta è stato piuttosto lungo e laborioso, in quanto i brani presi in considerazione inizialmente erano davvero tanti. Alla fine ci siamo concentrati su quelli che, in maniera naturale, più si adattavano al nostro modo di suonare. In seguito ci siamo focalizzati sugli arrangiamenti, pensati in ogni minimo dettaglio e, a seconda del brano, abbiamo valorizzato aspetti armonici o ritmici, non perdendo mai di vista il ruolo principe della melodia. Marco – Il valore principale di ogni canzone che abbiamo reinterpretato è l’incredibile forza melodica che ognuna di esse scatena. La melodia, come del resto anche il testo, sono stati per noi elementi essenziali e preziosi per ricreare le atmosfere di contaminazione dell’album.
D. Perché rileggere sapientemente brani di grandi artisti e non focalizzarvi invece prettamente sulla composizione ed esecuzioni di soltanto vostri, del tutto inediti?
Marco – “Italian Spirit” vede quali predecessori tre album esclusivamente con brani inediti che io stesso ho composto. È stato proprio il mio primo album di inediti a farci esordire in Giappone. Con Alessandro abbiamo in programma di pubblicare un altro cd nel 2021, ma questa volta di inediti scritti a quattro mani. E comunque nella scaletta dei nostri concerti desideriamo dare e diamo in effetti sempre spazio a brani originali misti a cover poiché è per noi importante affermare non di meno la nostra identità come compositori.
Alessandro – La prima volta che siamo andati in Giappone ci siamo resi conto di come la musica italiana fosse poco conosciuta, a parte i grandi classici. Di ritorno mi sono confrontato quindi con Marco e così abbiamo deciso di aggiungere al nostro repertorio alcune canzoni per noi emblematiche proprio con l’intento di esportare quest’enorme patrimonio melodico che come italiani ci riconoscono a livello mondiale.
D. Qual è la vostra motivazione e il vostro credo ossia le ragioni, per cui pensate sia doveroso creare un ponte generazionale tra musica leggera e jazz? E qual è, a vostro avviso, l’anima o nucleo caldo ed imprescindibile di ciascuna di essa – vale a dire della musica leggera e del jazz?
Marco – Come anticipato poco fa, penso alla musica come ad un linguaggio universale e ai vari stili come ad accenti differenti della medesima lingua ed è per questa ragione che i ponti si creano non solo tra la musica leggera e quella jazz, ma anche tra la musica etnica e quella classica. Da amante della Musica e fruitore cronico ascolto vari generi …Oggi abbiamo la fortuna di poter accedere con un click a un’infinità di brani di diversi stili e, francamente, credo che sia impossibile non venirne ispirati.
Alessandro – Oltre ad essere musicisti, poi, siamo pure insegnanti… e, stando dunque a contatto con le nuove generazioni, siamo consapevoli che non tutta l’infinità di musica che si trova in commercio è di buona qualità quindi capita spesso di fare da “Cicerone” per orientare i ragazzi ad ascolti eterogenei, ma valevoli che possano dare loro un utile ventaglio musicale. Quello che abbiamo tentato di fare con “Italian Spirit” è cioè cercare di avvicinare le generazioni degli anni ’80 alla musica strumentale, passando per canzoni che hanno tutti canticchiato almeno una volta nella vita e, tramite le nostre versioni strumentali, stimolare la curiosità dei millennials all’ascolto delle versioni originali di questi 11 capolavori.
D. Musicisti ormai di casa in Giappone, Indonesia, Cina, Malesia, Cambogia cosa trovate di peculiare e cosa di diverso, come altresì cosa di simile tra Sol Levante ed Italia (e Francia dove, Marco, vivi ed insegni dal 2012 al Conservatorio Nazionale di Nizza) a livello societario – e dunque e soprattutto pure artistico?
Alessandro – I nostri viaggi in Oriente hanno consolidato e rafforzato il nostro rispetto per l’arte in ogni sua espressione. In Asia c’è una considerazione reale e intrinseca per l’attività degli artisti. In Oriente il musicista, l’artista in generale, è elemento integrato ed indispensabile della società.
Marco – Certamente il rispetto per l’Arte, ma soprattutto per gli artisti “esotici” come possiamo risultare noi ai loro occhi. Personalmente sono rimasto colpito anche dall’immensa umiltà delle persone e dalla cura di ogni dettaglio, prima, durante e dopo le nostre performance. Per quanto riguarda invece la Francia, la grande differenza con l’Italia è che la categoria dei musicisti in Francia è riconosciuta dalle autorità e sostenuta come un vero e proprio sistema (quello del lavoro ad intermittenza), che permette ai lavoratori dello spettacolo di vivere della propria arte.
D. Numerose continueranno presumibilmente, situazione emergenziale da Covid-19 permettendo, le vostre esibizioni in Cina e Giappone… e della Norvegia, dove siete stati in tour quest’anno e della Turchia cosa potete dirci per ciò che concerne la vostra esperienza in concerto, quale il riscontro di pubblico lì? Cosa maggiormente amano musicalmente in tali Nazioni e perché, secondo voi?
Marco – Prima di partire per la Norvegia pensavo che il pubblico non avrebbe aderito al nostro suonare acustico e così vicino alla musica classica, poiché è noto che i Paesi nordici amano la musica con contaminazioni di elettronica. Ho invece dovuto ricredermi perché il pubblico ha apprezzato proprio il nostro carattere acustico! Inoltre abbiamo proposto (come in tutti i concerti) anche brani originali che, insieme alle melodie italiane, hanno riscosso anch’essi un ottimo interesse …E come si mangia bene, ci sono molti piatti tipici che meritano davvero di essere scoperti, con abbinamenti parecchio interessanti.
Alessandro – In Turchia e soprattutto a Istanbul, da ligure, mi sono sentito subito a casa nel quartiere di Pera, dove alloggiavamo. [Galatea difatti è nucleo che è stato fondato dai genovesi su una collinetta prospiciente il mare, contornato da strette vie e viuzze, dove si erge la torre di Galata, sul cui ingresso vi è un’iscrizione che commemora Genova. Fulcro storico di Beyoğlu, nonché appunto colonia genovese fino a metà del 1400]. L’antica Bisanzio è una città di mescolanze culturali e artistiche di una ricchezza enorme, straordinaria e quel soggiorno ci ha veramente ispirato con Marco. Il pubblico è stato calorosissimo con noi e la nostra musica; la cultura italiana ha un peso non da poco in Turchia e il jazz viene notevolmente apprezzato. La scena jazz è molto attiva e, da alcuni anni, gli artisti turchi si stanno affermando a livello internazionale in ispècie grazie alle proposte di mescolanza fra la tradizione jazz e la musica popolare turca, cosa che in realtà facciamo similmente anche noi.
D. E a proposito di lockdown, quest’attuale situazione reputate vi abbia insegnato qualcosa a cui magari non avreste mai creduto di arrivare a fare/non fare o pensare?
Alessandro – Anche grazie al bel rapporto con Marco, ho ritenuto che fosse giusto a questo punto della mia vita iniziare a scrivere musica e non soltanto reinterpretarla. Ho sempre creduto più nelle mie abilità armoniche che in quelle di melodista, che invece Marco possiede. Così durante il lockdown, oltre a sane letture, ascolti di buona musica e studio di nuove lingue, abbiamo cominciato a scrivere a quattro mani e il nostro prossimo progetto di inediti dovrebbe riuscire a prendere forma nel 2021.
Marco – Io ho riscoperto la piacevolezza del potere intrinseco di evasione che la musica trasmette al suo ascolto. Un piacere che avevo messo un pochino da parte a causa di alcune forze maggiori. Il periodo attuale è particolare, ma rimango fiducioso perché consapevole che senza musica il mondo sarebbe troppo triste. Con Alessandro continuiamo a fare il nostro lavoro con passione e con la consapevolezza che, prima o poi, ritorneremo sul palco… Proprio alcuni giorni fa, il nostro manager in Cina ci ha dato segni di ripresa delle attività nel 2021 e ci stiamo preparando per allora.
D. Della tecnologia, di internet, dei social, dello smart working, delle trasmissioni in streeming e simili cosa ne pensate (punti di forza e debolezze, in base magari al vostro vissuto personale)?
Marco – Sono appassionato e molto attento a tutte le nuove tecnologie, e ne usufruisco in toto. Trovo che, nella maggior parte dei casi, ci semplifichino e ci rendano migliore la vita. Detto ciò, sono però sempre più convinto che niente potrà mai rimpiazzare la musica live.
Alessandro – Concordo. La musica dal vivo ha e avrà sempre un valore aggiunto dacché eleva lo spirito di tutti i partecipanti, pubblico ed artisti.
D. Come descrivereste l’Arte e cosa pensate non possa mancare a un cantante, come altresì ad uno strumentista, ad un ballerino, o a un pittore, o ad un fotografo, o ad un attore, o regista, o un poeta che sia etc. ossia ad una persona meritevole dell’appellativo di Artista con la -a maiuscola? Chi è quindi un Artista?
Marco – Questa domanda me la pongo costantemente e credo che ogni nota prodotta dal mio strumento sia in realtà un tentativo di risposta, mai completamente soddisfacente visto che ho di continuo voglia di continuare ancora ed ancora. La cosa che, a parer mio, non può e non deve mancare agli artisti è sognare. Dai sogni scaturisce la creatività e la personalità di ognuno di noi, esseri umani.
Alessandro – Definire un artista è cosa molto difficile. Se c’è qualcuno che può essere definito tale, credo che sia chi possiede una sensibilità che va oltre la critica; colui che prova rispetto e ammirazione verso qualunque frutto venga prodotta da un’emozione, un sentimento, dall’anima è un Artista. Costui si (può) confronta(re) pure sulle varie forme d’arte, ma non giudica mai.
D. Secondo voi, nella musica e nell’Arte tutta, è ancora possibile inventare qualcosa di nuovo oppure è già stato detto e fatto il possibile?
Marco – Sono profondamente convinto che esista ancora tanto da inventare e tanto da dire. Ciò sebbene, quando ci troviamo davanti ad immensi artisti, ci convinciamo che dopo di questi non si potrà più dire niente di nuovo… ma ogni volta si viene poi smentiti. Una cosa però è certa, ossia che nessun artista darà più vita a nulla di mai visto e mai udito se i contemporanei non continueranno a creare.
Alessandro – Credo che esistano ancora tanti modi di fare arte inediti e inesplorati, per cui sia giusto continuare tuttora l’opera di ricerca creativa. Rivisitare brani italiani non è cosa inedita ma rivisitarli mescolando pop, rock, musica etnica e classica sì; è un filone ad oggi ancora poco esplorato, che può pertanto condurre il grande pubblico a portare alla luce alcune preziose scoperte a livello emozionale.
D. Al di là delle impressioni soggettive che ognuno di noi può provare alla vista e/o all’ascolto di un’opera d’arte, credete esista un significato oggettivo di ogni singolo elaborato artistico (a volte sconosciuto allo stesso autore)? E se sì, eventualmente, quale lo strumento per trovare il vero ed unico significato oggettivo?
Alessandro – L’arte, in ogni sua manifestazione, è la più alta espressione umana di creatività e fantasia ed è anche l’unico momento/l’unica chance che permette all’uomo di esteriorizzare la propria interiorità. Quando ciò avviene oggettivamente, è Arte con la maiuscola.
Marco – Sono d’accordo con Alessandro e vorrei aggiungere che tutto ciò può materializzarsi solamente se il processo artistico intrapreso dall’artista è sincero, e rispecchia perfettamente la propria interiorità.
D. Infine una domanda relativa al vostro affiatamento tra musicisti: quale ne è la “ricetta” speciale?
Marco – Il rispetto per la persona, il rispetto per l’artista e l’amicizia.
Alessandro – La fiducia reciproca e l’obiettivo comune di voler far bene quel che è il nostro lavoro.
Giulia Quaranta Provenzano