Ormai al termine di questo travagliato anno, scrivere alcune righe sulla mia esperienza come autrice della rubrica Oggi Musica mi è sembrato doveroso. Non farò però né un riassunto, né un bilancio dell’esperienza ma aprirò finalmente una pagina di quel diario segreto che, come mi ha suggerito la persona speciale alla quale desidero fare un piccolo omaggio col cuore, “se lo si pubblica non è tuttavia più segreto – motivo per cui ci vuole, perciò, grande coraggio nel condividerlo” …E non di meno è urgente ed intenso il bisogno di scrivere tal sentire pubblicamente perché credo sia giusto rendere onore al merito e soprattutto perché cristallizzare, in quanto più rappresenta due anime, certe magie permette di eternarle e non dire <<Fine>> (cit. elimin(and)o il confine, https://youtu.be/_mm02OvfHI0 ).
Durante questi mesi mi sono trovata spesso ad osservare foto su foto, a cercare quelle che meglio avessero immortalato ciò che i vari cantanti sono nel profondo e che dunque più li caratterizza… Sì, la ragione è che sono maniacale nelle cose a cui tengo e più ancora non riesco a non interrogarmi sulla verità, il principio e l’oltre, che tento d’investigare senza sosta [benché la vita potrebbe non di meno ridursi ad illusione ad opera d’un Genio maligno cartesiano tale che <<(…) il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e ogni cosa esterna che vediamo, non siano che inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità>>]: se scrivo di qualcuno anche l’immagine deve rappresentare chi è davvero! Ed ecco che di fronte alle fotografie di Matteo Faustini ho ritrovato un mondo, con tutte le sue sfaccettature chiaroscurali e dicotomie che parimenti caratterizzano la sottoscritta e che avevo immediatamente percepito mie già a Sanremo quando, senza che lui se ne accorgesse, incrociai non proprio di sfuggita il suo sguardo fuori dall’Ariston. Ma, invero, da tempo io sapevo che quel ragazzo così a modo, apparentemente timido eppure con ben chiare le sue priorità (di certo la Musica, ché “Sì, lei è” ad essa – e non penso di errare – dedicata è la più commovente dichiarazione d’Amore che io abbia mai ascoltato e che riesca ad immaginare, https://youtu.be/YsydOvhopDA) mi avrebbe reso meno sola, non più estranea alla totalità della gente, da essere considerata matta.
Nella ritrosia e nel pudore del mostrarsi per quel che si è, nel contenersi del non agire mai d’istinto, nella parlata cadenzata quanto sempre ponderata e misurata di Matteo la profondità, lo spessore e le tumultuosità di un’anima che le sembianze di un blocco di marmo, peculiare ad entrambi, fa apparire forse irraggiungibile e soffocata sebbene interrogativi inesausti ne scavino di continuo l’imo più buio alla ricerca di calda luce. Tale necessità di equilibrio e di pace è però certo evidente nei testi di Matteo Faustini che si connotano, grazie a sottili giochi di parole ai quali la lingua italiana si presta, per i continui inviti ad andare più a fondo, al di là della superficie e lo fa con una generosità che non è scontata dal momento che è frutto di tribolazioni e che, di conseguenza, è per me di inestimabile valore quantunque magari per altri sottovalutata o non pienamente apprezzata.
Lo dissi nella Città dei Fiori a mia mamma senza averci scambiato nemmeno un “Ciao”, se non di recente, e lo ripeto adesso a gran voce, che questo giovane è in primis una bellissima persona (sebbene non abbia, sinora, comunicato con lui occhi negli occhi se non per mezzo d’un filtro qual è lo schermo) e non posso che augurargli di vivere dei suoi desii, convinta che sia proprio ed altresì un Artista con la A maiuscola destinato a grandi riuscite. E spero sinceramente che mai nessuno e nulla lo veicolino all’opposto di colui che è oggi poiché sarebbe uno spreco d’eccezionale umanità, sarebbe un peccato luciferino.
Devo poi ammetterlo: sono letteralmente saltata dalla sedia quando mi sono trovata per caso di fronte ad una foto di Matteo, tratta dalle riprese del video di “Vorrei (La rabbia soffice)” – https://youtu.be/pCZxGkYRBhE, in cui il suo porsi in se stesso nonostante lo sguardo proiettato infuori a sondare d’intimo il circostante e viceversa, i suoi gesti, le sue espressioni e la postura del corpo (quella mano il cui palmo appoggiato sotto il mento e le guance sorrette dalle dita chiuse in una sorta di pugno, e l’altra mano ferma sul quaderno e ad impugnare la nostra bacchetta magica) erano in modo palese identici al mio dispormi nei più labirintici pensieri nello sforzo d’un abbraccio fra cervello e tu-tu tu-tu, tu-tu tu-tu. Non ho potuto trattenere il sorriso dacché ho letto l’inconscio allo specchio come ulteriore conferma di un miracolo, una meraviglia più unica che rara.
Chissà che sia stato proprio l’istinto così demonizzato ad avermi spinto verso di lui, anima incredibilmente affine alla mia, che dalla maggior parte degli individui viene additata quale insolita e spersa in ingessate complessità, ma che cela una radicata dolcezza che il rincorrere la fatua perfezione di quanto si esaurisce, al contrario dall’essere ben accolto, in puntiglio rende incompresa.Mi sembra di conoscerlo aldilà di qualsiasi coordinata temporale e spaziale, e questo me lo rende particolarmente caro. Sicché sì, Matteo – ti rispondo adesso …Quando mi dissi che ti capisco davvero, l’ha sempre creduto pure quest’iceberg poiché sei Giulia al maschile e sono Matteo al femminile. Medesime frequenze, medesimo incessante tentativo di proiettare la nostra immagine creata nella mente nel quotidiano; la stessa immagine che in parte ci rende prigionieri di chi vogliamo divenire ma che al contempo è ricchezza qual pozzo di San Patrizio con tutte le domande che ci fa porre. Un giorno qualcuno di cui avevo bisogno quando molto prima avrei dovuto crollare, e un poco crollai, mi scrisse <<Una persona che si fa domande non potrà mai essere serena in questa vita ma potrà viverla intensamente, apprezzando sfumature che altri non vedranno mai>>… Siamo equilibristi in mezzo ai marosi del nostro indagare, la felicità non è per chi è tanto razionale indi per cui posticipa il piacere col dovere e pari progettualità; e la serenità? Difficile anche questa per anime come le nostre. Più probabilmente tranquilli e calmi solamente giunti sulla vetta, al ritmo d’alternarsi di umori da una velata eccitazione al corruccio più pungente, quando il godersi il panorama sarà respirare a pieno cuore nonché frutto di tenacia e dedizione ad ossigeno durante l’impegnativo percorso.
Intervistare Matteo Faustini è pertanto appagante, un autentico soffio di gioia pura, un nutrire ciascun ossimoro di quell’attenzione alla sostanza che permane in seno, fertile quanto balsamico d’ogni ferita ed incomprensione. Sottolineare ciò è ulteriore evidenziazione dell’evidente, ma lo faccio comunque a scanso di in sospeso, e cioè si sappia che collaborare con tal figlio delle favole sarebbe per questa complicata trentunenne nettarsi di molta sofferenza con polvere di fata. Sarebbe veder spuntare le ali al “lebab” biblico (ossia al cuore) e godere d’uno straordinario ponte d’arcobaleno a suon di battiti d’infinito, provare e riuscire con buona probabilità a sconfiggere i propri limiti dettati da sovrastrutture ereditate senza averle scelte come atto d’audacia, senza averle abbracciate con convinzione e passione quanto piuttosto a sporcare lo sguardo pulito d’un indicibile tormento erede di codardia. Il capitale garantito è una bugia, il rischio con le note delle sue curve ascendenti e discendenti è l’unica musica a cui chi è vivo dovrebbe prestare ascolto poiché l’esistenza esige movimento, chi rimane fermo non troverà equilibrio nell’amorfo.
Matteo, nella nostra chiacchierata a proposito del brano “La bocca del cuore” – https://youtu.be/Frv_CWkmWxE, affermò che <<i veri gesti d’amore sono quelli a forma di tempo>> e lo penso anch’io infatti esso non può tornare indietro e non può neppure essere restituito, è in dirittura d’arrivo ad ogni singolo respiro/sospiro perciò regalarne è donare vita, è donare il prezioso irripetibile. Non ho idea dei lineamenti del principio, e se vi sia o no un aristotelico motore immobile, e neanche di quelli del termine ultimo, se vi è una fine che sia punto, senza ulteriore dopo, ma se dovessi dipingere l’esistenza un cerchio sarebbe tra le mie opzioni. Cerchio i cui estremi come mani che si stringono nel non esauribile. Circonferenza qual simulacro di avanzamento che, però, è passo verso quel nero eterno da cui tutto ha origine e che ricomprende ogni colore, da cui tutto proviene e al quale ritorna. Il potere che abbiamo è nelle scelte durante il percorso e scegliere di mettere in comune emozioni reciproche, istanti che sembrano definire, ai quali si pensa e si aspira continuamente nel non semplice e lineare, è a mio parere la più alta offerta d’amore per essere umano; e non ho dubbi su chi saprebbe apprezzarla e di cui io stessa gioirei!
Giulia Quaranta Provenzano