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Oggi Musica: Dolche e il potere liberatorio delle proprie scelte. Di Giulia Quaranta Provenzano

Christine Herin, che da anni risiede e lavoratra Roma e New York, è un’artista che ha già all’attivo 5 album e si è esibita in centinaia di concerti in tutta Europa sotto lo pseudonimo di Naif Herin. Il suo nuovo progetto DOLCHE è un omaggio alle atmosfere retrò e nostalgiche raffigurate nel capolavoro cinematografico di Federico Fellini “La Dolce Vita”, con l’aggiunta della personale iniziale del cognome (H). La poliedrica donna, inoltre, si presenta qui con un particolare ed accattivante look impreziosito da una corona di fiori e corna di vacca come tributo alle proprie origini valdostane.  

L’Herin spicca per uno stile musicale eclettico in grado di toccare diversi generi – folk, chanson francaise, world music, classical music, funk, electronic music, talentuosa pure nello scrivere canzoni e capace di suonare vari strumenti come il pianoforte, la chitarra, il basso e le tastiere elettroniche. Negli anni Christine ha collaborato con importanti musicisti, produttori ed artisti internazionali quali il sassofonista Marc Ribot, il celebre dottore-musicista statunitense Neal D. Barnard, Arisa e Paola Turci mentre nel 2007 ha aperto il concerto di Lauryn Hill durante il Lucca Summer Festival.  


All’attività musicale Dolche affianca da sempre l’impegno nel sociale, sostenendo numerose cause che difendono la libertà e i diritti degli esseri umani e degli animali, e da anni – insieme alla moglie – è ambasciatrice della comunità LGBT. È dunque un sincero e grande piacere per noi di Oggi Cronaca intervistarla per la nostra rubrica Oggi Musica. A seguire l’intervista.   

Dolche, come nasce questo tuo nome d’arte e cosa rappresenta per te? Nasce dall’amore profondo che nutro verso il nostro Paese e per l’arte che ha sempre prodotto. “La Dolce Vita” di Federico Fellini ha ispirato la scelta del mio nome. Io ho sempre visto e vissuto l’Italia con occhi lontani, come se la scoprissi e la amassi attraverso il filtro di un vecchio film o di un ricordo. È un amore nostalgico di una poesia passata nella quale mi riconosco. Ho aggiunto la lettera H perché mi diverte come in questo modo Dolche sia pronunciato correttamente in tutte le lingue tranne che in italiano. Inoltre così le iniziali del mio nome (C e H) sono incastonate lì in mezzo.

Cosa ti colpì particolarmente di “La Dolce Vita” di Fellini tanto da omaggiarlo appunto con il tuo nome d’arte? E quali gli artisti che hanno inciso nella tua formazione umana, ancora più che artistica forse? Di “La Dolce Vita” amo la visione malinconica e insieme dissacrante di Fellini. Lo sguardo su quello che conosce, visto come se guardasse da fuori mi affascina molto. Tra gli artisti che mi hanno ispirata nella vita, sicuramente c’è David Bowie che ha sempre sfidato qualunque convenzione di genere sia nella sua musica che nella sua esistenza privata. Egli ha avuto sempre l’onestà artistica quale primo obbiettivo, andando persino contro il suo pubblico e la critica. Ammiro molto l’integralità della sua visione dell’esistenza.

Uno dei tuoi ultimi singoli s’intitola “Sunday Mood”: come ha origine e perché questo titolo? La vita, a volte, può sferrarci calci e io ne ho presi alcuni più forti e dolorosi di altri. Tra questi una relazione piuttosto “abusiva” dalla quale mi sono liberata con enorme difficoltà, dopo anni di sofferenza. La domenica è il giorno in cui ci si riposa, in cui si può respirare la pace di una sosta, di un raggio di sole che filtra da una persiana ancora socchiusa nell’intimità di una stanza. Il Sunday Mood di cui canto rappresenta questo, un attimo di quiete alla fine della tempesta, per ritrovare se stessi e le proprie forze e per perdonarsi per gli errori passati così da mettere da parte la violenza e rinascere.

Quale messaggio vorresti trasmettere con “Sunday Mood”? Che noi siamo il frutto delle nostre scelte. Che possiamo scegliere di continuare a subire o perpetrare la violenza, oppure prendere una strada diversa. Nel video [https://youtu.be/0aEuewqRaa8] ci sono amore e bellezza all’inizio della relazione, ma poi no. Il protagonista maschile prende a seguire i propri demoni e comincia a gridare e umiliare. Dopo ancora sceglie di passare alle mani. La protagonista invece si vota alla paura, antepone l’incassare ma in ultimo qualcosa in lei cambia e si presenta una volontà differente. Anch’ella avrebbe potuto commettere scempio ed entrare nella spirale di violenza, una volta andata via. Usare quella pistola, vendicarsi eppure decide per altro …il sapore fresco dell’alba e la libertà dal passato.

Hai affermato che “Sunday Mood” è un canto liberatore, un viaggio alla scoperta di se stessi, una presa di potere e una liberazione dai vincoli della violenza passata: è quindi questo, del tuo nuovo singolo, un testo autobiografico riferito ad un’esperienza da te vissuta in prima persona… Sì, come ti dicevo, ho scritto la canzone pensando a quello che sentivo dopo essere uscita da quella relazione. Può capitare a chiunque di trovarsi in una situazione simile. Ci si arriva pian piano, con un logorio costante da parte dell’altro, sino a credere di non valere più nulla. Si persiste nell’erronea illusione di poter cambiare e salvare l’altra persona con il proprio amore. La verità è tuttavia che quella strada è senza uscita e che siamo noi stessi a scegliere di percorrerla. Quando si accetta la propria responsabilità nel permanere in una situazione malata e opprimente, si inizia a capire quali sono i motivi reali che fanno sopportare l’insopportabile in una spirale discendente. Io ne sono uscita perché alla fine mi sono aperta e sono stata aiutata nel vedere le cose sotto un’altra prospettiva. Certo non è semplice aprirsi, in quanto ci si vergogna di quello che si sta vivendo e si tende a giustificarlo per timore che finisca ma quando si riesce a guardarsi dentro, a ritrovarsi e a ritrovare quella spinta di amor proprio che fa essere vivi, allora il passo che sembrava gigantesco e impossibile diventa soltanto un passo. Basta farlo. È il primo, è quello nella giusta direzione.

Altresì “Universal Gloria[https://youtu.be/iRtp9uTcAPM] tratta di libertà; è un testo – che hai affermato – voler porre un focus su tutte quelle problematiche che in questo complesso periodo il mondo intero sta vivendo e sta tentando di risolvere come ad esempio la lotta contro il razzismo, l’omofobia, la discriminazione, la violenza contro esseri umani e animali, il rispetto per la natura… Canto di denuncia, un gospel potente e riflessivo accompagnato da un video parimente forte per un’attualità, la nostra, che si ritrova ad attraversare un periodo di guerre per reclamare diritti. A tuo parere, cosa potremmo fare per aiutare questo Pianeta e per aiutare noi stessi? Esattamente questo: continuare a lottare. I diritti umani, delle donne, degli animali, delle minoranze, dei gay ovvero i diritti di chiunque sono i nostri diritti. Il mondo in questo anno così impegnativo e difficile ha tirato fuori, secondo me, il meglio dell’umanità. Le persone si sono riconosciute. Le differenze difatti scompaiono di fronte a qualcosa di più grande (in questo caso la pandemia, ma non scordiamo che ci sono guerre e atroci stermini in giro), che ci accomuna tutti. L’altro non è più l’altro, bensì solo un altro “me stesso” nel palazzo di fronte o in un appartamento oltreoceano. Ingiustizie enormi come quelle avvenute la scorsa primavere negli USA hanno scatenato il movimento mondiale Black Lives Matter, e non si dimentichino neppure le ingiustizie avvenute a Hong Kong, in Iran, in Libano che hanno avuto una risposta mondiale fortissima. I Fridays for Future poi avevano portato milioni di ragazzini nelle piazze dell’intera Terra appena prima che il Covid-19 si diffondesse tanto drammaticamente. Mi sembra che l’umanità, le nuove generazioni siano pronte a reclamare e schierarsi per un mondo più giusto, equo, gentile. Aiutare il mondo o perfino un perfetto sconosciuto è aiutare noi stessi. 

E a proposito di libertà, come la definiresti e soprattutto credi che sia possibile essere veramente liberi da tutto e tutti? No; libertà non è essere liberi dagli altri, ciò lo chiamerei essere soli. Libertà è essere pienamente se stessi all’interno del propio tessuto familiare e sociale.

Tu ti senti libera – e senti di essere più cuore o ragione? Sì, io mi sento pienamente libera. La gravidanza e dare alla luce Arturo mi ha anche resa più coraggiosa nell’esprimere le mie opinioni e nel sostenere le cause in cui credo. Sicuramente sono più cuore. Tutto mi attraversa, nulla mi lascia indifferente. Proprio per questo ho costruito una bella impalcatura di ragione per sostenere il tutto, altrimenti sarei sempre in preda alle tempeste silenziose che mi si agitano dentro. La musica invece non la freno mai, è il mio modo grezzo e crudo di esprimere quello che sento, senza filtri.

Sempre a riguardo della libertà, cosa ne pensi di molti dei tabù che ancora ci sono nella nostra società? E cosa ne pensi ovvero, per esempio, di certe categorizzazioni aprioristiche (soprattutto legate al sesso e al genere per cui, per dirne una, le femmine in quanto tali dovrebbero essere tutte amorevoli come se l’amorevolezza fosse un connotato di genere ad identificare il sesso)? Io farei un bel falò di tutti i tabù e i preconcetti che ci sono. Si insinuano dentro di noi più di quanto non percepiamo e scolpiscono il nostro agire e pure il nostro pensare, limitando appunto la libertà di cui parlavamo prima. Libertà talvolta è ricerca, un percorso continuo di destrutturazione su e di se stessi. Io lo faccio tramite il confronto con l’altro. Durante i miei viaggi e le mie permanenze all’estero ho potuto conoscere culture completamente diverse e questo mi ha aperto la mente e mi ha restituito un riflesso spesso crudele dei miei limiti culturali, e di quelli del mio Paese d’origine. Spesso facciamo battute sessiste o razziste senza neanche rendercene conto, dando per scontato un modo di essere che però non è affatto l’unico che può esistere. Quando ci si libera di certi preconcetti, di errate abitudini mentali poi il processo accelera e si diventa ingordi di novità, di confronti e di accrescimento. Almeno per me è così. Oggi, per esempio, mi è molto difficile guardare la nostra televisione. Sia i programmi che le pubblicità veicolano un’immagine della donna, della famiglia, della sessualità che sono spesso offensive per quanto sono grottesche e lontane dalla realtà – infatti spengo la tv, sennò io e Chiara stiamo tutto il tempo a indignarci e arrabbiarci!

Hai spiegato inoltre che hai passato un periodo difficile, un momento oscuro della tua vita e hai composto “Sunday Mood” pensando a quanto fosse stato complicato e lungo il processo per uscirne e quanto fosse facile e veloce alla fine fare quel primo passo decisivo. È una liberazione dalla violenza, dall’insicurezza e dagli abusi che dedichi a tutte le nostre sorelle donne: secondo te cosa può portare al “passo decisivo” e da cosa nasce l’insicurezza, mentre cosa incatena invece a tale irresolutezza? Che domandone! Dunque, premesso che ogni situazione è specifica e che questi sono territori molto impegnativi da affrontare che non devono permettere categorizzazioni o semplificazioni, io posso narrare la mia esperienza. E in base a quella, come ti dicevo, quello che mi incatenava e faceva incatenare con le mie stesse mani era la perdita di fiducia in me e l’incapacità di ritenermi meritevole di amore. Un amore che aspettavo da chi non era in grado di darne. Le cose sono cambiate quando ho iniziato a dare amore alla prima persona cioè proprio a Christine. La musica e l’incontro con Chiara mi hanno poi salvata. È stato un percorso lungo, solitario e faticoso ma infine finalmente ce l’ho fatta – e subito dopo tramite la musica, quindi tramite quello che amo e che mi definisce più di ogni altra cosa, ho potuto davvero aprirmi alla felicità tanto che tutto è stato talmente rapido che mi ritrovo ora ad aver vissuto i più bei quattro anni e mezzo della mia vita

A proposito del nuovo album di tuoi inediti “Exotic Diorama” qual è il significato che vorresti fosse captato di tale titolo? Con “Diorama” ti riferisci a qualche prospettiva, gioco di luce e illusione in particolare? Io adoro i diorami, li trovo molto affascinanti. Un mondo intero, tridimensionale, con le sue atmosfere e con una propria storia, viene riprodotto in piccolo all’interno di una vetrina e ci permette di osservarlo …È come spiare, come essere invisibili e guardare quello che succede in una stanza. Ogni volta che vado a New York mi perdo nel Museo di Storia Naturale dove i diorami sono enormi e riproducono gli habitat naturali di tutto il mondo – sembra di nuotare negli oceani o di addentrarsi nelle foreste innevate, accanto ai lupi. Il mio disco è così. Ciascuna canzone è talmente diversa dalle altre che è come entrare in un mondo differente ogni volta. Amo sperimentare con lingue, stili, sound, strumenti musicali differenti quindi i risultati sono parecchio eterogenei fra loro. Tutti insieme i 14 brani creano un universo sicuramente un po’ esotico.

A tuo avviso cosa caratterizza o per lo meno sarebbe auspicabile caratterizzasse l’Arte e gli artisti, e le creature viventi tutte? L’Arte, per quel che mi riguarda, deve avere un carattere sempre visionario e dirompente; deve scuotere gli animi e lo status quo. Deve ispirare e trascendere, altrimenti non fa che ripetersi – la vera Arte è viva e pulsa! Non per niente, allo stesso modo, le creature (piante o pesci non cambia) si rigenerano continuamente dacché quando smettono di farlo muoiono, ma per dar spazio ad altra vita. È un processo che non si può e non si deve fermare.

Cosa rappresenta per te la Musica e come definiresti la tua di musica? La Musica è per me è catartica. Ancora non abbiamo capito chi l’ha inventata… deriva dai suoni della natura o è un’invenzione tutta nostra?!? Quello che è innegabile è che il suo linguaggio è talmente universale da sembrare quasi che arrivi da un altro pianeta. La mia musica è libera, eclettica e diagonale. Si muove tra i generi, se ne appropria e li smonta per poi ricostruirli. Mi diverto tantissimo a fare ciò e quando ci sono dentro non c’è nulla che ne eguagli la sensazione.

Quando hai compreso che la musica poteva diventare e poi è diventato il tuo lavoro? Da bambina sapevo già che volevo diventare una musicista e poi lo sono diventata a tempo pieno quando ho preso coraggio e ho lasciato il lavoro che avevo allora. Non è stato facile perché nella mia famiglia nessuno è musicista e non c’erano molti mezzi per coltivare le passioni. Ho sempre lavorato e suonato, sin dalla mia prima adolescenza, per pagarmi gli strumenti così come per pagarmi le trasferte quando andavo a suonare in giro. Alla fine, verso i miei 25 anni (già facevo concerti in Europa) benché avessi un ottimo lavoro per il quale ero molto stimata, capii che dovevo tentare il tutto e per tutto o sarei sempre stata una musicista a metà. Non mi sono mai pentita della mia scelta.

Quali i tuoi prossimi progetti artistici e personali? Sto già lavorando al mio secondo disco. La scrittura è la parte che mi appassiona maggiormente, insieme alla registrazione. C’è terreno libero per la creatività e l’avventura. La chiusura di tutti i teatri e dei luoghi per i concerti ha slittato in toto il tour che era in programma per il lancio di “Exotic Diorama” ma non mi sono voluta fermare e questo non solo per un discorso economico. La musica, l’arte, devono andare avanti e quindi ho comunque pubblicato il mio disco. Ho affrontato tanti altri momenti difficili nella mia carriera, ho stretto la cinghia su tutto ma non ho mai tagliato corto sulla produzione artistica. Noi artisti abbiamo il dovere di continuare a credere (nel bello e nel buono) e creare nonostante tutto. Il mondo ha bisogno di musica e anche noi. A livello personale ho in progetto di godermi ogni minuto di questa splendida famiglia che ho e che si è appena allargata con l’arrivo di Arturo. Chiara, Arturo ed io siamo il mio progetto full time …musica a parte!

Giulia Quaranta Provenzano

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