Che Matteo Faustini sia un giovane uomo eccezionale ce ne siamo già accorti a Sanremo quando, proprio in occasione del Festival della Città dei Fiori, è stato intervistato dai colleghi di una delle tante radio e con tutti si dimostrò attento e cortese, entusiasta del confronto e portato alla comprensione profonda delle persone. Ascoltava infatti con notevole attenzione e rispetto ogni domanda a lui posta, per capirla fino in fondo, indice del voler rispondere sinceramente ai quesiti posti in quanto non interessato a veicolare con egoismo il discorso dove più gli avrebbe potuto far comodo! Ecco quindi che davvero sembrava quasi che fosse uscito dalle, e sia Figlio, delle Favole e di altri tempi. Raffinato, elegante e delicato, evidentemente si esprime al meglio in un clima accogliente e ispirato ai buoni sentimenti che lo connotano…
Ma chi è Matteo Faustini? Ventiseienne, cantautore bresciano, ha iniziato a muovere i primi passi nella musica sin da bambino – partecipando a diversi concorsi musicali. Nel 2007 entra a far parte del coro delle voci bianche della Scala di Milano, mentre negli anni seguenti si mette in gioco con il teatro, venendo a contatto con un mondo per lui nuovo e allo stesso tempo stimolante. È poi a 18 anni che Matteo sente il bisogno di iniziare ad esprimersi attraverso suoi testi, intraprendendo dunque un percorso cantautorale e sviluppando una notevole esigenza di sperimentazione e di ricerca musicale.
Parallelamente agli studi in Scienze Linguistiche e Letteratura Straniera, il talentuoso lombardo partecipa e vince vari contest come “La VOCE di Lodi – The Tunnel” (incluso il premio della critica assegnatogli dalla cantautrice, compositrice e musicista Andrea Mirò). Al “Festival della Canzone – Città di Arese” invece si classifica al secondo posto, inoltre riceve il premio come miglior inedito al “Premio Franco Reitano” e si aggiudica una borsa di studio presso la “Lizard Accademie Musicali”. Ed è nel 2017 che Matteo viene selezionato quale finalista ad Area Sanremo; voce, perfino, della tribute band “Smooth Criminals” con cui ha portato in giro per l’Europa il mito di Michael Jackson.
Negli ultimi due anni, Matteo Faustini ha dato avvio alla sua carriera di insegnante di scuola primaria e ha scritto più di 50 brani (alcuni con Marco Rettani) come “Nel bene e nel male” [https://youtu.be/SMY6VvJrUhE], in gara al 70° Festival di Sanremo nella categoria “Nuove Proposte” e vincitore del “Premio Lunezia per Sanremo” per il suo valore musicale e letterario. Noi di Oggi Cronaca abbiamo voluto e avuto l’enorme piacere di intervistarlo proprio a tal proposito e a proposito del suo ultimo singolo dal titolo “Il cuore incassa forte” [https://youtu.be/lrE9QO2u2O4], il cui video è stato girato a Sirmione e diretto da Michele Montresor.
Canzone, quella di “Il cuore incassa forte”, che racconta l’importanza di saper reagire di fronte ad un problema quale può essere la fine di una storia d’amore, e di fare tesoro di quella spiacevole esperienza per crescere perché – come ci ha confidato Matteo – secondo lui è qualcosa di nobile mettersi sempre in discussione per tentare di migliorarsi, pure a costo di apparire “pesanti” (cit. Non di rado mi hanno fatto notare che nelle mie canzoni parlo sempre del migliorarsi, del trovare il lato positivo e di non trattare all’opposto mai di stupidaggini – così mi hanno detto ad un provino – ma penso che sia piacevole perfino per gli altri interfacciarsi con qualcuno che prova a trasformarsi in un essere umano appunto più piacevole con il passare degli anni… Bisogna essere brave persone per se stessi, tanto sarai criticato ugualmente cioè impegnarsi nel curvare i propri angoli in maniera sincera e senza forzare la propria natura ). Non per niente, all’uscita del sopraddetto brano, Faustini affermò subito come essere consci di essere deboli sia il primo passo per divenire forti (cit. Non puoi aiutare gli altri se prima non aiuti te stesso) e scrivere canzoni d’amore sia uno dei pochi modi che conosce per stare meglio – sebbene, a volte, sia parecchio frustrante fare ciò mentre e quando si odia la sofferenza amorosa.
E a proposito di amore, dolore ed odio, domando a Matteo il motivo per cui l’amore nelle sue canzoni pare vada spesso a braccetto con la rabbia – come ne è esempio “Vorrei (La rabbia soffice)” [https://youtu.be/pCZxGkYRBhE] e uno dei post-it del video “Il cuore incassa forte” in cui ha scritto <<SGONFIA LA RABBIA>>. Genuino e diretto tanto da essere quasi disarmante in una realtà di avarizia diffusa, risponde: “Spesse volte nei miei testi (sono un po’ ossessionato dai testi, e cerco di metterci dentro contenuto ma di renderlo fruibile) l’amore va veramente a braccetto con tanta rabbia poiché sono riuscito a perdonare solo attraverso la bocca del cuore che, tra l’altro, è anche un brano [https://youtu.be/FE2FqroIfqI] che mi ha aiutato parecchio… C’è parecchia rabbia in diversi miei testi in quanto, nel mio caso, le mie esperienze d’amore sono state bellissime e arricchenti ma tutte molto discutibili (…). Ora tuttavia giuro che lascerò spazio a più perdono perché, come dico pure “Nel bene e nel male”, il rancore chiede soltanto di essere perdonato. Diciamo però, comunque, che la rabbia è uno dei sentimenti più comuni, specie in una relazione d’amore e soprattutto allorché finisce. Io ho cercato dunque di prendere questa rabbia e di darle un senso trasformandola in musica e poi perdonandomi – è come se parlandone ad alta voce il problema fosse più piccolo rispetto al nasconderlo”.
Matteo Faustini senza esitazione, a domanda diretta, generosamente confessa altresì come lui sia <<convinto al 100% che tutte le esperienze che si vivono nella vita servano, belle o brutte che siano, dal momento che rendono la persona che si è. Il dolore specialmente è un incredibile, un po’ più delle altre emozioni, acceleratore di esperienza visto che dalla tribolazione si vuole uscire in fretta e pertanto richiede velocità, di agire ed evolversi, per liberarsene>>. Prosegue inoltre ammettendo come, nel suo caso <<purtroppo la parte che uso di continuo per la maggiore è la testa, seguo sempre la ragione, do troppo peso alla razionalità e di conseguenza uno dei motivi per cui amo il cantautorato è che quando faccio musica c’è tanto cuore e mi piaccio; ché io sovente non mi piaccio, non riesco mai a lasciarmi andare …al contrario, quando sono sul palco e canto, o abbraccio qualcuno, o scrivo, lì c’è un pochino di cuore ed è bello! Devo sicuramente migliorare sotto il punto di vista dell’istinto…>>.
Procedendo nell’intensa chiacchierata chiedo se, a riguardo di cuore e leggerezza, sia dell’avviso che un artista debba trasmettere esclusivamente positività e subito conviene, con la sottoscritta, di no: “Certo capisco che ci possano essere scopi commerciali – dichiara il sensibile ed interiormente coltivato intervistato – e taluni facciano dei compromessi con la prima persona dettati dalla paura di non riuscire a vivere d’arte, capisco il desiderare di divenire disponibili alla comprensione altrui per cercare di guadagnare ma non rinnegando i sentimenti e lo scavo del sé in fieri. Per me la musica e il suo immenso potere è saper mettere i sottotitoli alle emozioni; per me la cosa più difficile è trattare certi temi impegnativi rendendoli accessibili alla comprensione ed è la cosa a cui sto lavorando tantissimo per il mio secondo disco, ovvero farcela a far baciare melodie piacevoli ed orecchiabili con argomenti che per essere ascoltati richiedono la connessione di testa e cuore…dal mio punto di vista difatti la gente compra la musica perché compera emozioni indipendentemente da di che tipo siano. Ovvio che ci siano emozioni più leggere ed emozioni più onerose e che le prime siano quelle maggiormente digeribili ed opzionate quantunque tutte abbiano un peso specifico che merita di essere provato”.
Infine Matteo spiega come un cuore riposto e rinchiuso in cassaforte di sicuro patirà di meno ma sia un cuore che vive, per contro, di meno a differenza di un cuore che incassa forte. Quest’ultimo è ossia, per Faustini, un cuore che deve essere conscio di avere i muscoli poiché lo stesso amore è un muscolo volontario ed in quanto tale può essere allenato mettendosi in gioco senza sosta e senza paura di soffrire, benché dopo ogni sofferenza sopraggiunga del cinismo e della titubanza in più ed aggiunge, a conferma di quanto l’amore sia pharmakon, che <<l’amore come può salvare (è medicina), può uccidere (è veleno) e pur bisogna prima morire per rinascere. L’amore ti uccide, ma è l’unico modo per risorgere e di frequente succede insieme a forti dolori (…). La paura (del duolo) da un lato può essere vista come debolezza, dall’altra è uno spronare a superarla. La maggiore debolezza è quella di non riconoscere i propri limiti oppure che li si riconosca e però li si accetti invece di adoperarsi per smussarli: da ciò si originano le fragilità; la maggiore qualità è l’umanità, quella capacità di collegarsi senza conoscersi ad un altro essere umano perché gli si parla con la logica dell’anima (…). Per ciascun gesto che facciamo, forse, l’essere umano ha esigenza di ricevere in cambio qualcosa e quando non lo si riceve sotto l’aspetto fisico, magari lo si riceve sotto quello spirituale …è una sorta di bene che torna indietro, è accorgersi che nella propria vita non si ha avuto tutto il bene desiderato e allora iniziare a darne di più per poterne ottenere di ritorno>>.
…E chissà chi sarà la fortuna a conquistare tale bene. Quello su cui non ci sono dubbi, per ora, è che il cuore di Matteo attualmente è tranquillo. Dedito, ad oggi, soltanto alla musica sta salendo sul detto ring libero da vicoli amorosi.
Giulia Quaranta Provenzano