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Covid a Tortona, cinque storie degli operatori sanitari: “Il primo turno”

Da un giorno all’altro l’ospedale di Tortona è stato stravolto della propria identità diventando all’improvviso Covid-hospital e le persone che lavoravano all’interno sono state catalputate in una realtà che mai più immaginavano potesse esistere.

Un mondo incredibile fatto di morti e malati gravi, della paura di essere infettati e portare a cassa la malattia ai propri cari. Una situazione al limite del reale che si spera non possa più accadere e se qui sembra stia passando, proprio mentre scriviamo queste righe , in altre parti del mondo è ancora viva ed è ancora così.


Una realtà assurda di un mondo che da fuori ha visto solo apparentemente e che, grazie alla collaborazione della Fisoterapista Michela Ressia abbiamo deciso di raccontare in cinque storie che altrettanti operatori sanitari hanno vissuto in prima persona e hanno deciso di raccontare.

Oggi Cronaca ha deciso di pubblicare queste storie in cinque diversi articoli sia come ringraziamento nei confronti di chi ha messo a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri sia per far capire a tutti i lettori quanto è stato grande il rischio, la paura, le emozioni e tutto quello che hanno vissuto gli operatori sanitari dell’ospedale di Tortona, il cui operato va portato ad esempio di tutti.

Ovviamente non vi diciamo chi ha scritto queste testimonianze, perché in certi casi non conta la persona ma il fatto, l’episodio e l’esperienza che è stata uguaoe per tutti.

Questa è la prima di cinque storie che pubblicheremo nell’arco di pochi giorni, nella speranza che possano suscitare forti emozioni in chi le leggerà.

IL PRIMO TURNO

Il primo turno è stato il più devastante, non te lo dimentichi molto facilmente perché è quello che ti ha lasciato più emozioni.

Parti da casa per andare a lavorare, ma non sai più cosa ti aspetta, non è più il tuo lavoro che conosci, nessuno ti può preparare a una battaglia contro il Covid perchè nessuno lo aveva mai conosciuto il Covid.

Arrivi e vedi i tuoi colleghi ma è solo il corpo dei tuoi colleghi, la faccia, l’espressione, gli occhi ma anche la voce non la riconosci più. Ti viene da chiedere ma cosa ne avete fatto delle persone con cui fino a ieri ho lavorato, scherzato, condiviso anche cose personali, familiari, quelli non sono loro, sono tutti spaventati come del resto lo sono anch’io.

E che dire di quello che ci aspetta nello spogliatorio pulito. E si perché adesso non basta scendere negli spogliatoi e cambiarsi d’abito indossare la nostra divisa, no dopo devi passare nel filtro pulito e indossare i dpi, quando ci sono altrimenti i tuoi colleghi non possono smontare dal turno e ti aspettano fino a quando arrivano i dpi e tu ti puoi vestire con il tutone o con il camice chirurgico, i calzari , la cuffia, la mascherina due paia di guanti e via…… si va in scena.

Ma tu non ti saresti mai aspettato il primo giorno di lavoro al covid hospital che in 12 ore  (e si perché l’orario è anche cambiato)  non saresti riuscito a bere un sorso d’acqua, ne a fare la pipi, mai più a pensare minimamente di mangiare qualcosa…. No non lo avresti mai potuto immaginare, perché nessuno a scuola o all’università ti aveva minimamente preparato ad affrontare questa guerra.

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