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Ricostruire: proteggere le imprese con finanziamenti a fondo perduto

In questi primi inediti mesi del 2020 è un numero costantemente crescente di persone a passare tantissime ore online. Piattaforme come Skype, Zoom, Webex etc. sovraccariche e prese d’assalto per webinar, corsi, convegni e conferenze. Ed è per confrontarsi e rimanere tutti uniti pur nel dibattito che troviamo Stefano Parisi a guidare il progetto Ricostruire. Lunedì 27 aprile la registrazione del terzo seminario interattivo tenutosi su Internet.  

Tema del presente webinar, introdotto da Stefano Parisi e condotto da Giancarlo Loquenzi, il piano presentato dall’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria insieme a Pasquale Lucio Scandizzo riguardante un’idea per compensare le perdite di valore aggiunto, dovute alla pandemia, delle imprese attraverso un’erogazione di finanziamenti diretti a fondo perduto da parte dello Stato. La logica è quella di salvaguardare le aziende che a causa del Coronavirus hanno subito e stanno subendo un forte calo dei ricavi e che pur hanno dovuto e devono mantenere una loro struttura di costi per poter riaprire appena finita questa fase di lowdown. Ciò che sia alternativa al fondo di garanzia, il quale aumenta l’indebitamento delle imprese che da un lato probabilmente non saranno in grado di pagare appunto il debito generando ulteriore debito allo Stato e dall’altro falliranno, esordisce Parisi.


Questi poi lamenta, a riguardo della conferenza stampa del 26 aprile a reti unificate, che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte troppo vago nei contenuti e nelle risposte alle questioni reali. In Italia non si sarebbe fatto nulla per individuare i positivi e le persone a rischio, troppo pochi i test giornalieri e mancanza dell’obbligo di usare un’applicazione che individui dove gli affetti da Covid-19. L’impressione dichiarata da Stefano Parisi quindi quella che tutto sia scaricato sul buon o no comportamento dei cittadini. 

“Uno dei problemi non solo nel nostro Paese, bensì mondiale è cercare di mitigare il più possibile il collasso dell’economia” dichiara appena avuta la parola Giovanni Tria. Prosegue nello spiegare la necessità di interventi d’emergenza, di agire con provvedimenti immediatamente e non ritardati perché celerità adesso significa cercare di frenare la caduta del Pil mentre dopo la ripresa economica sarebbe molto più difficile e drastico il buco di bilancio di tutti gli Stati.

L’ex ministro dell’Economia sottolinea inoltre l’imprescindibilità di prendere atto che a causa della pandemia c’è stato ovvero il blocco del commercio internazionale e pure il blocco della stessa economia dovuto a provvedimenti stabiliti per il bene della collettività. Tria evidenzia come sia a seguito di questi provvedimenti tuttavia che una parte importante proprio dell’economia italiana e delle attività produttive si è bloccata e le imprese non hanno più avuti ricavi. A questo punto, egli sostiene, lo Stato dovrà intervenire subito per sostituire tali ricavi con compensazioni a fondo perduto impedendo così l’arresto dei pagamenti.

“L’impresa è come una riserva d’acqua da cui escono vari flussi da cui entra l’acqua: c’è un circuito idraulico, venoso che non può essere interrotto” dichiara. L’obiettivo è permettere alle aziende di continuare a pagare i salari ai dipendenti, gli affitti dei capannoni e le fatture ai fornitori. Quando cadono i ricavi e soprattutto c’è una prospettiva incerta tutti bloccano i pagamenti e non c’è circolo di denaro, tra cui le tasse e i contributi e questo si sta dimostrando deleterio.

Anche qualora la strada intrapresa dal Governo dei 400 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato con il Decreto liquidità a favore delle banche che finanzieranno le imprese italiano funzionasse, secondo l’ex ministro dell’Economia, ciò non servirebbe in quanto “sarebbero 400 miliardi d’indebitamento cioè significherebbe dire alle aziende di costruire un castello di nuovi debiti, poiché alcune non riusciranno a restituirli”. Certi settori ed aziende se tutto il post Coronavirus andrà bene avranno la possibilità di recuperare le perdite generando accelerata produzione, altri avranno invece una perdita secca e si troveranno di conseguenza a dover scegliere se restituire il debito o non pagare nessuno dei collaboratori, dipendenti e fornitori. Non tutti altresì sono stati danneggiati nel medesimo modo.

La suddetta la ragione per cui Tria vorrebbe un intervento non per tutte le imprese, piuttosto un aiuto per quelle oggettivamente in difficoltà e non già precedentemente la pandemia. Per fare ciò ogni azienda dovrebbe comparare la valutazione sul valore del 2019 con quello dell’anno in corso per vedere le perdite. In caso di truffa o di eccessiva generosità d’aiuto comunque si provvederà a fine anno ai conguagli. Unica condizione desiderata nell’elargizione a fondo perduto dal suddetto politico quella del pagamento delle tasse, affitti e dipendenti e detraendo solamente se impresa con dipendenti in cassa integrazione.

L’ex ministro dell’Economia ha infine chiarificato che attraverso alcune simulazioni secondo stime di shock che porterebbero 50 miliardi di buco per motivi di caduta della produzione nel bilancio dello Stato, se quest’ultimo mettesse dentro 70 miliardi a fondo perduto alla fine il costo dello Stato sarebbe intorno a 25 miliardi. Occorre sennonché intervenire repentinamente per impedire il pericolo di dispersione del capitale umano ed imprenditoriale inevitabile se non si dà sostegno alle imprese.

Infine l’invito alla cooperazione che, a parere di Giovanni Tria, dovrebbe essere cercata in Europa all’opposto di competitività a livello sovrannazionale e scontro qual compromettente situazione portante alla recessione, alla depressione globale dovuta al proibizionismo e chiusura tra grandi aree ed all’interno della medesima.    

Giulia Quaranta Provenzano

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