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Per la prima volta dopo 61 anni non andrò alla messa delle Palme, non avrò l’ulivo e non andrò in chiesa giovedì santo


Perdonate se per una volta a scrivere in prima persona raccontando una storia comune a tante persone, oggi è il Direttore del giornale. Qualcuno storcerà il naso e, come sempre in questi casi, sarò sommerso di critiche: si dirà che è nulla di fonte alla morte ma non importa: ciò che questo articolo vuole mettere in evidenza è come il Coronavirus abbia stravolto la nostra vita in neanche un mese, perché è solo dall’ 8 marzo che siamo stati privati della nostra libertà individuale

Siamo uno dei pochi giornali che proprio durante questa emergenza da Coronavirus non si è limitato solo ad elogiare medici e politici, ma ha messo in piazza (e continuerà farlo) le gravi situazioni dei malati, denunciando mancanze da parte di enti pubblici e privati e ora vogliamo dedicare un piccolo spazio ad altre questioni più marginali.


Quelle di chi, tanto per intenderci, sta bene per sua fortuna, e non è toccato dalla maledizione del virus, ma è ligio alle disposizioni, sta in casa ed esce soltanto per andare a fare la spesa o al lavoro, e dopo rientra a casa. Chi accetta di buon grado la privazione della propria libertà individuale, non fa storie, perché sa che soltanto che così, con questo piccolo sacrificio, può salvare vite umane.

Nei giornali cartacei, a destra della prima pagina, è sempre esistito il cosiddetto “Articolo di fondo” dove il Direttore illustrava un aspetto sociale, un problema, un commento. Con l’avvento dei giornali online, purtroppo è sparito ma io cerco di ripristinarlo ugualmente inserendo ogni tanto, articoli come questo, per cui abbiate pazienza.

Speravo non si arrivasse a tanto, ma lo temevo: così, dopo la cancellazione (provvisoria?) del Campionato di calcio e di tanti altri aventi sportivi, dopo la chiusura di tutti i locali pubblici e di ritrovo, la cancellazione delle manifestazioni e di tanto altro, fra cui andare al cinema (che è una delle cose che adoro) domenica prossima, per la prima volta in 61 anni di vita non potrò andare a messa la domenica della Palme , non sentirò il racconto della “Passione” di Cristo e non avrò il ramoscello di ulivo benedetto da tenere in casa, attaccato ad un quadro.

Lo faccio da tempo immemorabile, fin da quando i miei ricordi fanno parte di me. Non è solo una tradizione, ma per chi ha fede la settimana Santa è il periodo più importante dell’anno, più del Natale. E’ la settimana che ricorda l’uomo che sconfigge la morte, quella morte di cui, proprio in questi giorni, siamo attorniati. E’ il momento che ci ricorda che siamo molto di più di semplici esseri umani ma che la nostra esistenza ha un valore aggiunto.

E’ anche la simbologia dell’Ulivo e della Domenica delle Palme a farci ricordare tutto questo, a farci credere che la vita, in questa nostra società, sia solo un momento, uno dei tanti passaggi della nostra esistenza, un’esperienza della quale dobbiamo fare tesoro, perché unica.

Di fronte a tutto ciò che sta accadendo, con le persone che muoiono a grappoli e decine di migliaia di decessi al giorno, nel mondo, per Coronavirus, e con la società attuale in ginocchio, la perdita forzata delle nostre tradizioni, degli usi e costumi che siamo abituati fin da bambini, rischia di minare saldamente le nostre certezze e le speranze per il futuro.

C’è la paura che niente possa ritornare come prima, che questo non sia un momento passeggero ma stravolgerà per sempre la nostra vita e il nostro modo di stare in questa società.

Voglio sperare non sia così e che tutto – magari col tempo – possa ritornare come prima. S fosse mi auguro vivamente che l’umanità possa non dimenticare, trarre esperienza e diventare migliore.

Angelo Bottiroli

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