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Ieri era la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore: alcune riflessioni di Giulia Quaranta Provenzano


Ieri, giovedì 23 aprile era la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore – nota anche come dì delle rose, evento patrocinato dall’UNESCO per promuovere la lettura, la pubblicazione di scritti e la protezione della proprietà intellettuale attraverso il copyright.

Mi domando quale il motivo per cui denominata altresì Giornata delle rose e preferisco condurre, prima di svelare la reale ragione, una supposizione. Queste sono i fiori dette regina tra essi, di un’incredibile beltà con il loro mostrarsi in velluto e hanno però pur le spine. Ecco dunque che, similmente, un interessante libro è bello, meraviglioso e il miglior regalo tuttavia può richiedere forza interiore per quell’autonomia stimolata di pensiero ed analisi a non rendere “pecore” o, peggio, schiavi. Bisogna dunque essere forti e prudenti di fronte ai testi, poiché possono cambiare l’approccio ai giorni e al vivere. Invero svelo adesso che il significato e l’occorrenza della festa dei libri e delle rose sono rintracciabili in quella catalana di Sant Jordi, patrono della Catalogna, molto prima che fosse istituita dalle dodici Nazioni Unite. La leggenda racconta infatti che, a Tarragona, un drago feroce avvelenasse l’aria e uccidesse col suo respiro. Gli abitanti della città, terrorizzati e stanchi delle sue stragi, decisero di placare la sua ira dandogli quotidianamente in pasto una persona. Ciò finché la cattiva sorte non ricadde sulla principessa.  Fu il cavaliere Sant Jordi a salvarla. Sguainata la spada, egli trafisse il drago dal cui sangue germogliò il più rosso roseto che si fosse mai visto. Da allora i catalani commemorano San Giorgio regalando rose alle proprie amate e i proprietari delle bancarelle di libri a chi ne acquista in tale data dello scorso giorno.

Penso e mi viene in mente ora Franz Kafka, che sosteneva: “Molte volte un libro è come una chiave per la camera sconosciuta dentro il castello del proprio se”. Che sia se o sé, si tratta sempre di potenziale. Quel che maggiormente mi affascina d’un libro è per l’appunto proprio la possibilità tangibile che offre di non essere o rimanere incatenati a qualcosa o a qualcuno, scegliendo invece in consapevolezza e volontà chi e come divenire ovvero di esplorare quelle molte stanze della propria mente e del proprio cuore troppo sovente impolverate per i più vari motivi. Pecunia, fragilità interiore, tempo o altri differenti alibi che siano, trovabili ad iosa, e nonostante tutto tutte comunque difficoltà apparenti riconducibili in primis ed ultimo alla negazione del volere davvero.

È straordinario poi che alcuni libri mutino l’esistenza, aprano quelle porte che non si credeva o sapeva altrimenti, come, varcare ed entrarvi per non tornare più indietro in ignoranza. Lasciandosi trasportare dalle emozioni, si possono leggere le medesime pagine più volte in momenti differenti e si avrà la sensazione di scoprire sempre qualcosa di nuovo …ché la persona stessa sarà cambiata fra gli istanti tra le dita. Ecco dunque che si può fare il profumo all’arancio e bergamotto, alla vaniglia, al sandalo etc. ma uno che sappia di libri è impossibile poiché inchiostro, biblioteche, case ospitanti distillati la quale essenza è nel battito di ciglia. Baleno nel quale s’avvera quella magia consistente nel trovare per un attimo almeno se stessi nelle parole d’uno sconosciuto, eppure che sembra abbia letto quanto sedimentato nell’anima del lettore e proprio per questi.


Importantissimo pertanto leggere, ma farlo con attenzione e rispetto di quel e quanto si ha davanti. E a questo punto, potendo conversare con i più diversi editori del mondo, chiederei <<In quanto Editore, lei è un imprenditore e pur uno studioso a dovere selezionare fra tanti e differenti testi e a curarne la pubblicazione: come conciliare i due ruoli e quali criteri la veicolano – ed in relazione a quali reti o linee di responsabilità nella scelta di uno scritto e un autore piuttosto che no? Il rischio non è non riuscire a trovare il più buon ed utile equilibrio, come uno speziale, tra caro e di valore sia oggettivamente che soggettivamente?>>. Aggiungerei dopo <<Non si sente anche un po’ un esploratore con dubbi, timori e oneri conseguenti e compresi nel tentare di scoprire universi magari del tutto inediti, quanto inizio di una rivoluzione – ed è altresì ancora essa possibile?>>.

Infine domanderei <<Cosa e come fare per promuovere la letteratura e la pubblicazione di libri, e la loro lettura specie in anni in cui la velocità e la ricerca di una distorta e fragile semplificazione hanno divorato molta ricerca, analisi e presa di coscienza in umile scavo e pur minacciano sempre più con insistenza di rimanere il solo modo per stare al mondo, al passo con quanto certo non stimola ciò per cui nascono i libri cioè la riflessione? Riflessione, spesso sfogo catartico – e liberatore capace di donare nuova linfa – di sentimenti ed esperienze o di denuncia di gravi fatti>>.

Giulia Quaranta Provenzano

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