“Di fatto entrare in una fase 2 significa riaprire le attivita’ produttive e sociali. In Italia c’e’ stato quello che tutti ormai conoscono come ‘lockdown’, come si dice in inglese, cioe’ un blocco totale del Paese, che ha chiuso tantissimi ‘rubinetti’. Adesso una riorganizzazione sara’ molto difficile, perche’ questi rubinetti sono tanti e sara’ importante una loro riapertura ragionata. Non si potra’ riaprirli tutti e nello stesso momento nei vari ambiti e contesti, anche geografici, ma si dovra’ tener conto della diffusione della malattia e dell’interesse strategico di alcune attivita’, che dovranno essere riaperte per prime”.

Risponde cosi’ Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Universita’ degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi, intervistato dall’agenzia Dire in merito alle prospettive che a breve potranno riaprirsi per il nostro Paese nella seconda fase di emergenza legata al Coronavirus.


Ma che ripercussioni avra’, nel quotidiano, una fase 2 sulla vita dei cittadini? “Con il Coronavirus dovremo conviverci per lungo tempo, finche’ non ci sara’ un vaccino, che sara’ oggettivamente disponibile non prima di un anno o di un anno e mezzo- risponde Pregliasco- Questo virus, almeno come sappiamo da ipotesi fatte per pandemie per passato, potra’ ripresentarsi. Con l’opera di mitigazione che abbiamo correttamente realizzato siamo riusciti a ridurre la quota di soggetti che si sono infettati, ma esisteranno in Italia ancora un gran numero di persone suscettibili, quindi noi dovremo continuare nelle nostre attivita’ quotidiane a rispettare le misure di distanziamento sociale e di igiene degli ambienti, perche’ i focolai possono ripresentarsi”.

Le epidemie, dice il virologo, sono come gli incendi, per cui “possono esserci delle braci che rimangono ancora attive e che, se trovano un’occasione favorevole, possono rilanciare un fuoco violento. Allora dobbiamo pensare soprattutto alle persone piu’ suscettibili o a quei contesti piu’ delicati, come per esempio le case di riposo. In questa fase di tsunami, soprattutto nel nord Italia, non si e’ riusciti a monitorare ogni caso. Quello che allora dovra’ essere fatto nel futuro, proprio perche’ i casi saranno oggettivamente pochi, sara’ monitorare le situazioni a rischio, individuare i casi sospetti e i contatti stretti, andando ad isolare quei ‘fuocherelli’ che possono riaprirsi”.

Sara’ ovviamente la politica a doversene occupare, ma a quali nuove regole potrebbero essere sottoposti gli italiani? Per fare alcuni esempi: le persone che torneranno al lavoro, dovranno indossare tutte le mascherine? Prima di fare ingresso al lavoro, si potrebbe ipotizzare qualche addetto che misuri loro la temperatura?

“Sicuramente, queste cose le abbiamo gia’ sperimentate – risponde Pregliasco alla Dire – In ogni azienda,
piccola o grande che sia, e’ previsto un responsabile della sicurezza e sara’ necessario fare una revisione del cosiddetto ‘documento di valutazione dei rischi’ per adottare alcune nuove misure, come per esempio ingressi o turni scaglionati per ridurre l’affollamento in un determinato ufficio oppure in un’azienda. Dove possibile potrebbe essere prolungato lo smart working”.

Per quanto riguarda le attivita’ quotidiane di ciascuno di noi, aggiunge il virologo, “purtroppo credo che dovremo continuare in quello che gia’ abbiamo dovuto attuare, per esempio con le code davanti al supermercato o ai negozi, cosi’ come bisognera’ ripristinare in modo sistematico gli appuntamenti dal parrucchiere o dall’estetista, perche’ in alcuni contesti di vicinanza tra cliente e artigiano c’e’ per forza di cose un rischio elevato. Ogni situazione dovra’ davvero essere esaminata in modo da minimizzare il rischio.

Purtroppo una quota di rischio ci sara’ e noi per la riapertura delle attivita’ non possiamo aspettare l’azzeramento dei casi, perche’ altrimenti dovremmo aspettare veramente a lungo”.

E quando riaprira’ il primo bar, dovremo entrare uno alla volta per bere un caffe’?

“Dovra’ essere fatta una valutazione a seconda delle caratteristiche di ciascun bar o ristorante- dice Pregliasco- Potrebbe essercene qualcuno che magari non ha quei requisiti sufficienti di spazio, ma in linea generale si dovra’ optare per un distanziamento di almeno due metri tra un tavolino e l’altro per permettere ai camerieri, che dovranno avere i dispositivi di protezione individuale e i guanti, di servire al tavolo. In questo modo si potra’ massimizzare la protezione e minimizzare il rischio di contatto. Ovviamente non ci saranno piu’ quelle ‘tavolate’ a cui eravamo abituati, almeno per un po’ di tempo, ma dei tavoli con clienti distanziati l’uno dall’altro”.

Qualora questa estate fosse possibile andare al mare, secondo lei, a quale distanza di sicurezza gli stabilimenti dovranno posizionare i lettini?

“Sara’ una scommessa. A mio avviso dipendera’ dall’andamento epidemiologico, ma potrebbero esserci situazioni dove non sara’ possibile andare al mare- risponde alla Dire il virologo- o comunque lo si potra’ fare con particolari attenzioni. Quindi con lettini distanziati a piu’ di due metri l’uno dall’altro e con un contingentamento delle persone che potranno usufruirne. Oggettivamente sara’ un lungo periodo di riadattamento ad una vita comune ma con delle limitazioni, magari ci saranno un po’ di arrabbiature e insoddisfazioni, che pero’ dovremo in qualche modo digerire nell’interesse della salute pubblica e anche in quello di ognuno di noi rispetto al rischio di ammalarsi”.


Ma saranno in grado gli italiani di rispettare queste limitazioni ancora a lungo? Da’ fiducia la’ nostro popolo?

“Da quello che finora si e’ visto, rispetto a queste misure per alcuni aspetti ‘spaventose’, c’e’ stata da parte degli italiani una generalizzata adesione- dice a Pregliasco- È chiaro che oggi abbiamo ancora davanti a noi l’immagine micidiale dei camion militari che hanno dovuto trasportare le salme per le attivita’ di cremazione. Ma poi ci si abitua a tutto e il rischio e’ di abbassare la guardia. Allora e’ questo l’elemento che invece va rilanciato, perche’ il virus rimarra’ e potra’ ritornare per alcuni anni. Forse diventera’ un virus stagionale e dovremo continuare a farci i conti per il resto dei nostri anni, magari nei periodi invernali, quando i virus respiratori hanno una maggiore facilitazione nella diffusione. Forse lo dovremo annoverare tra i tanti virus respiratori, come il virus influenzale e tutti i suoi virus simil influenzali- conclude il virologo- che gia’ ogni anno ci attanagliano”.