Site icon Oggi Cronaca

Al Liceo Amaldi Novi Ligure Il ritorno a casa di Odisseo: la Fase 2

ALICE LUCINA RESPONSABILE DELLA SCUOLA DI VIALE SAFFI, IL DIRIGENTE SCOLASTICO GIAMPAOLO BOVONE, IL SEGRETARIO DEL LICEO DANILO PIZZORNI


La parola scritta m’ha insegnato ad ascoltare la voce umana, pressappoco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m’hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l’andar del tempo la vita mi ha chiarito i libri.

Ho sempre amato queste parole che la Yourcenar presta all’imperatore Adriano, ma mai le ho sentite così vere come in questi giorni.


Ci si ritrova a lavorare con i ragazzi su argomenti già trattati molte volte, ma l’andare del nostro tempo ci costringere a rileggere in modo del tutto nuovo anche le vicende più note, e mai come ora si sente l’importanza di avere con sé solidi riferimenti culturali, grazie ai quali meglio si può ascoltare e interpretare la voce umana, oggi tanto spaventata e sofferente.

E’ ancora una volta un modo per confrontarsi con la perennità dei classici, per prendere atto del fatto che non hanno ancora finito di dire quello che hanno da dire, anche o soprattutto in un tempo inaudito come questo.

Ed è così che ci si ritrova a pensare al rientro a Itaca di Odisseo come alla nostra Fase 2: le analogie sembrano tante e davvero sorprendenti.

Tentare una riflessione potrebbe essere un buon viatico per il futuro prossimo.

Occorre tuttavia circoscrivere l’ambito della nostra indagine: si metterà in evidenza la permanenza di Odisseo tra i Feaci, perché è lì, nel racconto che egli fa di se stesso che c’è tutto il senso di quello che verrà dopo, per quel che riguarda lui, e anche noi.

Odisseo resta un tempo incommensurabile chiuso nell’isola di Ogigia: una sorta di quarantena la sua, una separazione da se stesso e dal mondo, dove ogni giorno scioglie e smarrisce, nelle lacrime, parti importanti del suo essere più autentico. Ma finalmente l’incantesimo si spezza, Ermes lo libera: direzione casa. Il 4 maggio arriverà anche per noi tutti: torneranno i prati, tornerà, finalmente, la nostra vita di sempre, usciremo di casa per sentirci nuovamente a casa.

Che non sarà un percorso facile, che il riappropriarci dei nostri ruoli passerà per diverse tappe intermedie e istintivi o procrastinati reciproci riconoscimenti, che troveremo intrusi nel nostro regno profondamente mutato è ormai chiaro a tutti. Ma di ritorno vero e proprio non si potrà parlare se prima di ricominciare non saremo approdati anche noi in una qualche terra di mezzo per fermarci a narrare e narrarci tutto quello che l’esilio dalla nostra Itaca è stato.

Nell’Odissea il racconto fiorisce in ogni occasione, ma il luogo per eccellenza dove il suo spirito si incarna è Scheria che, stando a Citati, dopo l’arrivo di Odisseo echeggia per due giorni di canti e di racconti, come se la vita non fosse altro che parole vere e immaginate. Prima dell’approdo a Itaca, terminato il suo lungo viaggio, Odisseo deve prenderne possesso, far confluire dentro di sé ogni avventura, collocarla in un orizzonte di significato, ripensare ai suoi gesti e alle sue azioni da una giusta distanza, deve in qualche modo comprendere, per sostanziarsi dell’alterità che ha incontrato e dell’altrove in cui ha vissuto. E può fare questo solo attraverso la parola che diventa per così dire didascalia differita dell’azione. La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda, e come la si ricorda per raccontarla ammonisce Marquez. Solo dopo aver terminato l’arte antica, luminosa e necessaria della narrazione, una volta messo ordine nel disordine variopinto delle sue peripezie, Odisseo lascia Scheria: non può rimanere più a lungo in questo spazio intermedio, perché il suo mondo è quello reale. Durante il viaggio dorme un sonno profondo come la morte, dove dimentica la stanchezza, gli affanni, la disperazione: muore per rinascere.

In questi giorni spesso sentiamo dire “presto torneremo ad abbracciarci”, “teniamo duro ancora per qualche settimana”; si fa pressione perché le attività produttive riprendano il prima possibile, le regioni si muovono in ordine sparso, in una discutibile gara a chi osa di più. In Italia come in Europa la parola d’ordine sembra diventata, o tornata, “presto”. Dov’ è la nostra corte dei Feaci? Dov’ è il nostro tempo sospeso, tra l’infuriare della mostruosa malattia e il ritorno alla normalità? Odisseo mancava da vent’anni, ma non ha avuto fretta, si è fermato, non forzatamente come a Ogigia, ma per scelta. Sembra che noi, dopo due terribili mesi di lutti e spavento, che ci hanno rimesso di fronte alla dura certezza della nostra fragilità, non abbiamo imparato a concederci alcun tempo lento per il pensiero e la parola a commento del dolore e a preparazione della ripartenza. Abbiamo capito che vivere è molto pericoloso, ma forse non abbiamo capito che è ancora più pericoloso vivere privati della prospettiva di un altro sguardo, di un’altra voce su quello che siamo stati e che vogliamo o non vogliamo tornare ad essere.

Senza narrazione non ci sarà sonno, e senza sonno non ci sarà nessuna vera rigenerazione.

Lucina Alice docente di Greco  Liceo “E. Amaldi” di Novi Ligure

Exit mobile version