In questo periodo di Coronavirus molti, se non quasi tutti, non fanno altro che scrivere a riguardo della presente emergenza: si è improvvisamente diventati una nazione di soli creativi, letterati, ricercatori, psicologi?
Sì, perché si passa incessantemente da vignette a post di più o meno improvvisati artisti della tragedia a millantare, talvolta soltanto, preoccupata sensibilità, umanitarismo, competenza scientifica, poetica, d’arte visiva e chi più ne ha più ne metta.
Ecco che continua proprio in tale contesto spesso di saccenteria ed opportunismo l’antitetico viaggio attraverso i pensieri, nell’interiorità e progettualità, di Giulia Quaranta Provenzano – già dall’adolescenza scrittrice, residente nel territorio dianese ma originaria d’Imperia.
Questa volta la trentenne ligure ha voluto condividere con tutti i lettori alcune riflessioni in proposito originatesi dalla decisione di mettere a disposizione una sorta di suo diario-quaderno di emozioni e ima analisi introspettiva in primis, fino ad allargarsi all’universale, sorte appunto da e in un tempo che non la improvvisa né poetessa né romanziera e che per converso “salvano” dalla diffusa bruttura.
A seguire la lettera inviata in Redazione
Diano Arentino IM, 27/03/2020
Spett.le Redazione,
in questo, che spero si risolva presto unicamente in intervallo già troppo lungo comunque, ho deciso d’indirizzarvi un’ennesima epistola benché oggi mi trovi piuttosto contrariata e perciò, forse, poco incline ad una serena e piacevole condivisione con il lettore infastidito.
Ciò nel confermare un’impressione già avuta e protrattasi, anzi acuita, negli anni e cioè che il popolo italiano, e no, sia divenuto di illustri artisti e scienziati e, tra costoro, che solo alcune “menti illuminate” possano vantare il giusto merito di venir pubblicate in quanto più interessanti e miracolosamente edotte, mai banali, di altre che non di meno (fino a prova contraria!) così si sono invece dimostrate a partire dalla gavetta. Ordunque mi domando: com’è possibile che editori scelgano e stabiliscano di non dare alle stampe circa un argomento e subito si venga a scoprire che stiano, al contrario, imbastendo un progetto riguardante il cazziato poiché, a loro dire, di inevitabile approccio sminuente la gravità dell’occorso ed occorrente ed altresì non consono tema in relazione alla delicatezza più opportuna in certun frangenti? Di sicuro il Covid- 19 è materia spinosa, non di meno con quali ragioni diverse da quelle soggettive o favoritismo si potrà argomentare differente disposizione? Probabilmente gli “eletti” editabili sono medici ad aver compiuto scoperte per il bene, oggettivo ed incontestabile, comune!? Diversamente non riesco a rintracciare altro motivo dell’aprioristico diniego se non la sopraggiunta sfiducia nei collaboratori, anche se mai si può escludere davvero l’evenienza che un autore involva in sciocchezza e piattezza sgradevole …tuttavia non dargli neppure il beneficio del dubbio e una ‘chance’ mi par azzardato e non troppo ammirevole invero. Ed ecco che, venendo a me, ammetto che vorrei pubblicare un libro testimonianza dell’oggi ricorrente ormai da settimane. L’appena confessata volontà nasce da un intento ben preciso, ovvero rivelare finalmente chi sia in verità GQP – riconquistatasi in toto nella pandemia – ed inoltre e soprattutto devolvere il ricavato delle vendite dello scritto in beneficienza, a favore della ricerca sperimentale. Faccio dunque una proposta: vi è qualche casa editrice interessata appunto a pubblicare per no profit le mie pagine alla luce ed in vista della detta intenzione?
Cordialmente,
Giulia.