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Lettere ai tempi del Coronavirus: la dianese Giulia Quaranta Provenzano scrive a Rudolf Nureyev


Diano Arentino IM, 24/03/2020

Rudolf, Straordinario Rudolf… 


con te desidero chiacchierare un po’ oggi.

I Grandi ispirano sempre; da loro si riceve insegnamento e più ancor impulso, rivalutazioni e rivelazioni.  

Lo capisco in fondo se ciò sembrerà ad alcuni, a molti e per certi versi sciocco o folle ma ne sento il bisogno. Questa notte ho iniziato a guardare il prezioso, toccante ed intenso documentario “Nureyev”, di Jacqui e David Morris e non ho potuto far altro che commuovermi, profondamente.

Sì, Magnifico Artista! Tu hai scelto la danza ogni giorno ed il dolore che hai provato è il prezzo che hai pagato – presa a prestito un’espressione della Regina Elisabetta II – per l’Amore che incessantemente hai coltivato, ininterrottamente nutrito e senza posa esperito per la tua arte. Nel mio piccolo, io, in questo ti sento particolarmente vicino: la scrittura, la fotografia hanno individuato me e la sottoscritta ha scelto loro, di continuo, mai rinunciandovi in ultimo e con ardore già da bambina seppure spesso per queste il mio petto è stato trafitto da delusioni, frustrazioni, paura di non esserne degna, di non essere capace, di non essere all’altezza delle mie aspettative, di quanto in corpo sentivo e sento forte, potente ma nell’esprimerlo qualcosa ogni volta mi pare vada perduto. Forse è soltanto l’evidenza per cui l’a lungo taciuto amplifica la percezione interiore, come uno sfogo che sino a che non avviene genera la sensazione d’implosione imminente.

Taluni, talune mi appuntano sovente per il rivolgermi a colei che scrive, a colei che scatta in terza persona. Mi fa sor/ridere ed infuriare tal saccenteria vestita a buonismo in favore del miglioramento del prossimo, da pulpito – se tutti ci esprimessimo secondo un format standard, si appiattirebbe il genio che non ha bisogno al contrario di difesa o scusa per il soggettivo, a racchiudere ed altresì gemmare l’universale, il generale, il popolare, il collettivo. Non è questa la misura dell’intimo, di vicinanza o presa di distanza da quel che, chi sia. Io nel volermi ricordare, raccontare, ravvivare con la penna, davanti al computer, dietro l’obiettivo della mia macchina fotografica utilizzo la terza voce verbale perché in quella voce, in quegli attimi, là si attua la mia metamorfosi. Nell’istante in cui inizio a mettere nero su bianco i pensieri esprimo il represso, il più autentico, l’emozionale e così divengo di nuovo altra nel dar fiato a chi invece prima avevo solo travestito grossolanamente e male.

Sai caro Nureyev?! – non c’è un’occasione in cui non venga detto della tua impulsività, del tuo aver avuto poca tolleranza verso le regole, le limitazioni e l’ordine gerarchico. Mi regali quindi un’ennesima soddisfazione in quanto non so se pur a GQP verranno “giustificati” alcuni comportamenti e parole (e nemmeno, in tutta onestà, troppo mi importa) in nome di un’eccezionale bravura fuori dal comune che non capisco se scorra in me, tuttavia non desidero cambiare il mio temperamento perché anche e soprattutto mi caratterizza.

Oh Rudi, dedizione, autodeterminazione rendono significativo l’esistere per chi come noi non si farà mai ingabbiare invero poiché è acqua, è aria, è della stessa materia di cui sono fatti i sogni cioè polvere di cuore, sudore a riportarci al terreno pur mantenendo sempre non di meno ali per tornare all’eterno che non si può spiegare, è un credo incarnato in lacrime che hanno piedi, mani, lingua il nostro. Noi, mio eccezionale amico siamo come bambini che adorano un unico dio, dalle molte facce e sfumature però e questo dio è l’Arte, che omaggiamo con Passione vera, senza risparmiarci in nulla perché è allora che si inizierebbe a morire …E tu, non a caso, ammettesti che <<Si vive finché si può danzare>>.  

Mi viene in mente allora Bob Dylan, il quale affermò che <<Nessuno è libero, persino gli uccelli sono incatenati al cielo>>. Beh, non è che io pensi che non esista una costituzione delle cose, delle persone ma vorrei riuscire a dimostrare anche che la ferma convinzione per cui si è più di carne ed ossa, roccia e pioggia non si riduce a pazzia, a megalomania. Si è pensiero, si è emozione, si è sentimento, si può essere coreografi ed interpreti del dato per volteggiare su ponti d’arcobaleno e dipingere così, far palpare perfino ai più scettici e sconsiderati, l’invisibile a fare davvero la differenza.    

Ciò che inoltre mi ha colpito moltissimo in te, Rudi è quel brillare degli occhi, negli occhi, dagli occhi. Quel scintillio che alcuni notaro similmente nelle mie finestre sul mondo a tutte le Collettive e Personali di fotografia e Concorsi Letterari ai quali partecipai negli anni. Ecco, noi, amico mio non andiamo in scena su un palco. Noi, Rudolf ci manifestiamo sul palco! sopravviviamo invece nello scendervi per quel poco necessario, tanto da far però esperienza comune del sofferto da sublimare poi e restituire in beltà nell’arte

Ecco dunque che son grata alle fonti di rabbia, del dolore provato e che ancora di sicuro proverò per aver impastato una Giulia che continua a divenire altra da quell’ammasso informe e mescolato di “no”, “chissà”, “forse”, “può essere”, “si vedrà”, “non ancora”. Grazie a tutti coloro che nel ferirmi, più o meno consapevolmente, mi hanno restituita all’oggi migliore e più matura, più ricca e consapevole, più impegnata, più disinibita, più artistica di certo. Grazie perché la vostra cecità, la vostra insofferenza, la vostra indifferenza, il vostro disprezzo, la vostra invidia e gelosia ingiustificata son stati carica, hanno funto da ulterior moto propulsore e materia del più bel ponte che un artista possa desiderare, Ispirazione… 

Ciao Magico, a rivederci

Giulia

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