a malinconia di Omero si manifesta in ogni angolo della sua pittura, è una tristezza non cupa, piuttosto è la ricerca affannosa attraverso lo spiraglio seppur piccolo della speranza nell’aldilà ove intravede qualcosa di grande se non d’immenso
Il pennello di Omero si distingue fra tanti altri: non è da tutti esprimere il personale sentimento sconsolato nel paesaggio, nel ritratto, nelle nature morte in ogni spazio emerso sulla tela.
È questo il suo modo di essere, a ben vedere trascina questo cruccio singolare in maniera serena, nell’attesa di un qualcosa rivolto al sublime, di un Essere più grande della stessa esistenza umana.
I tratti sono uniformi, nello stesso tempo diversissimi, getta il colore velato, quasi con timidezza, nel timore di far apparire la vivacità del cromatismo, delle tinte, quelle vere, consegnate dalla natura.
L’impostazione artistica nasce da quella dei Grandi, non studiata e/o preparata, piuttosto sorge spontanea nel profondo animo di uomo, per emergere in tutta la sua sobrietà nelle opere uscite dal suo spirito, per filtrare nella mente la quale guida la mano per porre i gesti, uno dopo l’altro, a terminare l’opera postata sul cavalletto.
Ogni soggetto pare distaccato, sembra una cosa a se stante, eppure in ciascuno di essi si nota lo stato d’animo dell’artista, sempre diverso, con i suoi umori, nello stesso tempo sempre uguale, nelle più disparate circostanze.
Tutta la sua opera dimostra carattere, raramente s’intravede uno scorcio di debolezza! Eppure c’è. Eccome.
È nella sua natura presentare l’essenza crepuscolare, un crepuscolo non cupo, al primo impatto rigoroso, austero, piuttosto nell’attesa d’una mattinata a ben vedere certamente serena, ricca di speranza, come si legge, fra le righe, nel complesso dei suoi tratti, anzi, in ciascun tratto.
L’opera di Omero può definirsi unica, non ha riscontri con altri pittori, neanche fra i grandi nomi, pur trovando in essi molte somiglianze, certamente non le più afflitte.
Franco Montaldo