È possibile ricostruire il percorso esistenziale di un’artista attraverso l’interpretazione dei suoi tarocchi?

Non mi riferisco alla classica lettura delle carte, che pur Louise eseguiva con grande ironia e serietà – tutto in lei si manifestava per opposti ed estremi -, seduta in cerchio con gli amici di sempre; mi riferisco invece a tre mazzi diversi e separati di tarocchi rinvenuti fortunosamente da quegli stessi amici che, a quattro anni dalla morte prematura dell’artista anglo-lombarda per grave malattia, hanno ritenuto di celebrare in ricordo della sua sfaccettata arte insieme ai cittadini d’Oltrepò. 


Voghera, Salice Terme, Tortona: questi sono i luoghi, oltra alla natia campagna inglese, che hanno ospitato e ispirato l’artista-Louise a dipingere tele ricolme della natura selvaggia locale. Solo che a un certo punto della sua vita, a meravigliosi trittici raffiguranti campi di lavanda e papaveri selvaggi, Louise ha affiancato il disegno di donne leggiadre e stilizzate, le stesse che ha utilizzato per produrre mazzi di tarocchi diversi, ma con numerosi elementi ricorrenti.

Non essendo in grado di produrre chiavi di lettura utili a scoprire qualcosa di più circa il mondo interiore di questa straordinaria artista, i suoi amici si sono rivolti a un esperto di esoterismo, Luigi Eugenio Milani, curatore di svariati libri sulla materia, per organizzare un pomeriggio di immersione nel mondo simbolico dell’amica scomparsa; che non può più sedersi in cerchio insieme a loro ma è ancora in grado di rivelare un’anima tanto complessa, com’era quella della donna-Louise, proprio a partire dalle sue opere. Nell’esatto orario pomeridiano concordato per l’inizio dell’evento, svoltosi sabato 25 maggio presso la libreria Ubik di Voghera e di cui questo giornale diede notizia settimana scorsa, un fragoroso temporale ha annunciato l’inizio del viaggio nel mondo spirituale di Louise.

Intendiamoci, la nostra amica non è certo l’unica artista della storia ad aver disegnato a suo modo i ventidue arcani componenti ogni mazzo di tarocchi: ricordiamo quelli celeberrimi attribuiti al Mantegna e, in epoche più recenti, tra gli altri, quelli di Guttuso e Ugo Pratt.

Ma addentrandoci nella materia, il primo elemento a risaltare è la bellezza figurativa di molte carte: in quella Del Carro, per esempio, il cavallo da tiro ivi raffigurato rivela un tratto rinascimentale da alta accademia senza che l’artista ne abbia mai frequentata una; nella carta Della Papessa troviamo invece una misteriosa geisha tratteggiata dall’artista con affascinante rigore e originalità. Tutte le sue carte, insomma, tradiscono una confidenza con la tecnica pittorica che Louise aveva sviluppato da autodidatta, arrivando ad acquisire la maestria di un’artista rinascimentale che, nel suo caso, altro non può definirsi che innata o spontanea.

Ma oltre alla bellezza della raffigurazione, essendo ogni carta un’opera d’arte a sé stante, il discorso – che ha coinvolto il pubblico come ben di rado accade in occasione di presentazioni culturali – è andato concentrandosi sul simbolismo che Louise utilizza in ogni singola carta; non sappiamo in quale percentuale l’uso del simbolo sia frutto di consce convinzioni o inconsce intuizioni, e in quale percentuale sia invece frutto di letture, studi ed esperienze – anche di tipo sciamanico – che Louise ha portato avanti in parallelo con personali studi sull’estetica (in gioventù era stata anche stilista di moda), camminate a piedi nudi nella natura per inseguire un’arte pittorica che l’ha resa celebre grazie all’innovativa tecnica dell’action-painting, e una vita priva di radici in grado di ancorare l’artista a una sola terra, un solo linguaggio, una sola visione concreta e spirituale di mondo.

Sì, perché nulla può essere compreso di quest’artista se non a partire dal dato biografico: da un lato la gioventù passata tra le verdi campagne inglesi e la Pianura Padana, fino all’approdo finale sulle colline d’Oltrepò; dall’altro lato la maternità e ciò che la anticipa: l’atto generativo.

Perché come spiega l’esperto L. E. Milani, se il marchio vale a prescindere dal contesto, il simbolo va sempre contestualizzato: e di simboli, per lo più ricorrenti lungo i ventidue arcani, Louise ha disseminato con grazia i suoi tarocchi. Simboli quali la stella di David, i cui caratteristici rettangoli sono rinvenibili ovunque, il numero tre che permea l’intera opera, e poi simboli sacri, alchemici, esoterici; oltre a tre minuscoli segni grafici che l’artista ha vergato su quasi ogni carta.

La domanda principale che ci siamo posti è che cosa, nell’intenzione di Louise, stiano a significare quei tre scarabocchi, come li definirebbe un bambino; sì perché la nostra amica e artista, che di bambini ne ha avuti cinque, intendeva forse raffigurare i simboli più significativi dei suoi tarocchi come se fuoriusciti per caso dalla matita di un bambino.

Che cosa sono dunque quei tre piccoli elementi, ci chiedevamo? Ben due indizi ci vengono in soccorso: sciami di farfalle colorate, presenti nei suoi arcani come segni tangibili dalla Louise-madre e maestra – latte di pittura e raffinati pennelli non sono mai mancati né ai figli né ai piccoli apprendisti che teneva a bottega come un’artigiana d’altri tempi -, e la dicitura che Louise era solita utilizzare per alcuni dei suoi progetti: “trinity fanny”, nome inglese che sta a indicare, nella sua versione gergale, l’organo riproduttivo femminile, qui preceduto dalla parola trinitaria. E come si chiama, in gergo infantile italiano, quell’organo? “Farfallina” lo chiamano i bambini, e infatti di sontuose farfalle sono tempestate tante carte, come a significare l’importanza e sacralità che per l’artista-Louise ricopre la pro-creazione. In un’unione inscindibile tra vita e arte, letteralmente intrecciate lungo l’esistenza terrena di questa meravigliosa donna, madre, artista e amica.

E che pur nelle difficoltà incontrate dai veri artisti di ogni tempo, non ha mai smesso di creare e ricreare, anche e soprattutto sé stessa; come una farfalla libera e ontologicamente incapace di accettare vecchi mondi che le stavano stretti, ma inesorabilmente attratta da antichi e sconosciuti mondi che solo un’autentica speleologa del mistero si rende devota a decifrare; anche senza l’ausilio della vista.

Pare un paradosso, se riferito alla Louise-pittrice; e invece i rumori della natura che dipingeva dal vivo con tanta maestria, erano sufficienti a sospingere l’essere umano-Louise verso l’amore per universi inconoscibili che hanno trovato in lei una delle sue più coraggiose viaggiatrici.

L’amica-Louise invece, sarà per gli amici che l’hanno amata in vita, espressione massima del ciclo vitale che compie il bruco onde disfarsi della vecchia pelle per assaggiare il nettare migliore: quello segreto ai più. E che la nostra colorata amica-farfalla torna per sempre a donarci.   

Magda Guia Cervesato