Il più intimo amico e confidente dell’autore protagonista del quarto appuntamento del ciclo “Deus Absconditus. Rappresentazioni dell’incorporeità nella storia del cinema” negli ultimi anni fu un domenicano, padre Julian Pablo. Nel suo libro di memorie, la moglie Jeanne racconta che il sacerdote le avrebbe confidato come il marito ne sapesse di religione e di dottrina della Chiesa più di lui. Si parla del grande regista spagnolo (ma cittadino del mondo) Luis Buñuel (1900-83), uno dei maestri indiscussi della settima arte.
Curiosa tutta questa erudizione teologica per un artista che si definiva “ateo per grazia di Dio”, eppure si può dire che tutta l’imponente opera cinematografica dello spagnolo – dagli inizi surrealisti con Salvador Dalì negli anni Venti, sino agli esiti ultimi degli anni ’70 – sia intessuta di teologia.
Da buon surrealista Don Luis (educato dai gesuiti) esercita sui temi che tocca una taglientissima ironia che non risparmia i temi religiosi, come nei film ‘messicani’ (Buñuel vive e lavora in Messico per molti anni, lontano dalla Spagna franchista) in “Nazarín”(1958) e in “Simon del deserto” (1965), film dominati da religiosi che sembrano moderne versioni di Don Chisciotte, che mostrano l’inaccettabilità del compromesso della purezza evangelica con la mentalità imperante, mentre “Viridiana” (Palma d’oro a Cannes nel 1961), è l’ex-novizia costretta ad adeguarsi a un mondo corrotto, spegnendo così il suo profondo anelito di verità e di purezza.
Il cattolicesimo eterodosso di Buñuel si rivela nell’affascinante “La via lattea” (1969): qui, infatti, si percepisce la nostalgia e la polemica verso la teologia, mettendone in risalto soprattutto le contraddizioni, affilando la spada del duello teorico ed esistenziale (indimenticabile è appunto il duello a colpi di fioretto tra il gesuita e il giansenista sulla grazia e la predestinazione). Gli ultimi film – dal grande successo di critica e di pubblico di “Bella di giorno” (Leone d’oro a Venezia nel 1967), al ritorno in Spagna con “Tristana”, alla sua ‘summa’ di mozartiana leggerezza “Il fascino discreto della borghesia” (1972; Oscar per il miglior film straniero nel ’73) – sono attacchi alla borghesia decadente dell’ultimo scorcio del secolo breve.
Simone Spoladori racconterà tutto (o quasi) dell’approccio al sacro di Buñuel lunedì 8 aprile, h. 20.30 in Biblioteca Civica. Gli incontri di questo ciclo, a ingresso libero e aperti a tutti, sono validi anche come corso di formazione per insegnanti e avranno validità di credito formativo per gli studenti delle scuole superiori della città.
Simone Spoladori è, oltre che insegnante, critico cinematografico e autore per cinema, radio (suo “Destini incrociati” su Radio24), televisione e teatro. Ha pubblicato: “Tim Burton. Il gotico delle meraviglie” (2010), e “Paolo Sorrentino. Le conseguenze di un autore” (2014). Ha in preparazione un libro su Christopher Nolan.