Cristina è la giovane innamorata di Giuseppe meglio conosciuto come Mayno della Spinetta un brigante disposto a rapinare ai ricchi per donare ai poveri.
Cristina nasce da onesta famiglia di lavoratori, è la nipote del parroco di Spinetta Marengo, innamorata di Giuseppe un giovane ben disposto a condividere l’esistenza con lei.
L’unione è coronata dal matrimonio avvenuto in un momento un po’ difficile per il nubendo in quanto, durante il banchetto nuziale, succede una casuale sparatoria, almeno così sostiene una parte della leggenda.
L’evento è punito con la disposizione legislativa del 1802, laddove è prevista la pena capitale a chi spara in luogo pubblico.
Il nostro Giuseppe è stato colto sul fatto, per di più ha l’aggravante di aver eluso la prescrizione dell’arruolamento nell’esercito napoleonico.
Lo sposo è costretto a scappare con l’arrivo dei gendarmi, trova riparo nella macchia della Fraschetta, luoghi ben conosciuti al nostro fuggitivo.
La giovane non si allarma, attende sempre il marito con l’amore profondo, il matrimonio è allietato dalla nascita delle figlie Maria Teresa e Giuseppina, una famigliola confortata dall’altruismo del marito e/o padre, disposto a rubare ai ricchi per donare il bottino ai poveri! Su questo principio non vi sono dubbi.
Il 12 aprile 1906, un sabato, Giuseppe cade in un’imboscata, tesa da un traditore, nei pressi della loro abitazione.
Maino è colpito a morte, il suo corpo è crivellato, sfigurato da fendenti di sciabola, successivamente esposto nella piazza principale di Alessandria.
La giovane Cristina è catturata, condannata a 24 anni di carcere, in definitiva commutati in otto.
Il processo contro la Compagnia di San Giovanni, costituita dal marito probabilmente in questo giorno, era formata da circa 200 uomini a piedi, 40 a cavallo abili nei travestimenti, addestrati a creare difficoltà alla gendarmeria imperiale, appoggiati dal silenzio della popolazione locale, anch’essa ostile agli invasori d’oltralpe; del resto sono ottimi, onesti tiratori in quanto mai hanno usato l’arma da fuoco senza essere obbligati per aver salva la vita: a tal proposito si ricorda di un traditore, un certo Gabba, soprannominato Gabot, impiccato al vecchio olmo rigoglioso accanto alla Chiesa, ai cui piedi compare un biglietto del tenore: così si fa ai tiranni che non rispettano la Compagnia di San Giovanni
Franco Montaldo